Yilian Cañizares – Erzulie (Planeta Y, 2019)

Non è mai troppo tardi per parlare dell’ultimo album della violinista, cantante e compositrice cubana, personalità straripante sul palco, che mette nel curriculum significative collaborazioni, da Chucho Valdés a Roberto Fonseca, da Diego el Cigala a Omar Sosa. Cresciuta nel residenziale quartiere habanero di El Vedado, Cañizares racconta di essere stata attratta per la prima volta dalle corde e dall’archetto quando si accingeva ad intraprendere studi di pianoforte. Formazione classica, dunque, poi una borsa di studio la porta a suonare in un’orchestra di Caracas (Venezuela) all’interno del programma El Sistema. A 19 anni parte per Losanna (dove vive tuttora, è naturalizzata svizzera) per studiare al Conservatorio, ma senza mettere in soffitta ritmi palpitanti, modi, danze e repertori della grande famiglia musicale della sua Cuba. Quando si parla di archetti, nelle interviste Yilian nomina Regina Carter, Stephan Grappelli, Jean-Luc Ponty e Itzhak Perlman come suoi numi tutelari, mentre quando è la volta dei cantanti, non può fare a meno di menzionare Pablo Milanés, Nina Simone, Omara Portuondo e Xiomara Laugart. Insomma, modelli supremi: nulla da eccepire! Dopo i due lavori autoprodotti (“Ochumare” del 2013 e “Invocacion” del 2015) e il progetto “Aguas” (2018) a fianco di Omar Sosa. la trentasettenne Yilian ha pubblicato “Erzulie”, titolo che omaggia una divinità del pantheon vudu che personifica l’essenza della femminilità e la sensualità, va detto, non molto diversa da Ochún, la dea della femminilità, dell’amore e dei fiumi della santerìa cubana, di cui Yilian, nel suo cammino spirituale, è diventata “figlia”. Il disco, composto da dodici brani, è stato registrato a New Orleans ma scaturisce soprattutto da un viaggio ad Haiti nel 2017, dove Cañizares si è confrontata per comprenderne vita e musica - e non poteva essere altrimenti -, con una band fantastica come i Boukman Eksperyans. 
Un album che racconta la storia dell’Africa attraverso i suoi figli creoli: Haiti, Cuba e New Orleans […] musica che deriva da un legame che non è morto malgrado tutto ciò che è successo storicamente”, dice Yilian in un’intervista rilasciata a worldmusiccentral.org. Tra i temi di “Erzulie” ci sono l’essere donna, la libertà, l’immigrazione e l’amore; ad accompagnare la violinista e cantante è un quartetto di musicisti di nazionalità e culture musicali diverse, da Mozambico ad Haiti, da Cuba agli USA: The Maroons, altro riferimento alla storia libertaria caraibica, che allineano Paul Beaubrun (chitarre e cori), Childo Tomas (basso, cori e kalimba), Charlie “BKVK” Burchell (batteria e tastiere) e Inor Sotolongo (percussioni). In più, ci sono una bella combriccola di ospiti a tromba, contrabbasso, organo, tastiere, percussioni, violoncello e flauto. Oltre all’indiscutibile talento, emerge una capacità di scrittura di primo livello che si traduce in una scaletta che tiene assieme le molteplici influenze che caratterizzano la cifra estetica della Cañizares. Cosicché ci troviamo subito di fronte all’apparente contrasto tra l’essenza romantica nell’iniziale “Habanera” e la potenza melodica e ritmica nelle ibridazioni (rock, rumba, umori est europei e altro ancora) della successiva, splendida “Contradicciones”. Sia le movenze funky afro-cubane di “Yemayá” che la conclusiva, contagiosa “Yeyé” sono cantati in dialetto yoruba (o lucumi), mentre nella title track e nella elegante “Noyé” è di scena il creolo haitiano. Si impongono levigatezze jazzate nella smaltata “Lo que no digo ahora” e perfino nuance psichedeliche in “Manos abiertas”; hanno, invece, un cuore vocale intimista e morbido “Gloria mía” e “Cuando te digo adiós”, che si avvalgono di un calibrato ed impeccabile contorno strumentale. Si ricordano le nefandezze della schiavitù omaggiando lo spirito del “Cimarrón” (ritorna ancora lo schiavo fuggiasco) in un altro episodio che è tra i più acuti dell’album. Nella tinte prog rock di “Libertad” l’artista cubana sceglie di inserire le voci campionate di tre donne di epoche diverse che l’hanno profondamente ispirata: Simone de Beauvoir, Malala e Nina Simone. “Erzulie” è una produzione raffinata, che sprigiona vigore e che difficilmente si incasella: proprio come l’entusiasmante spirito creolizzato di Yilian Cañizares. 


Ciro De Rosa

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