Wim Mertens, Cavea dell’Auditorium Parco della Musica, Roma, 22 settembre 2020

Le due vite di J. K. W. M.
 

Il Passato 
22 Settembre 1320 
Il chierico vagante Johann Kasper Werner Mertzenz, versato nell’arte del canto e della pratica della ghironda, ottiene finalmente il tanto ambito incarico di musico di corte presso Luigi I di Fiandra. Questa sera darà il suo primo concerto nella sala dei banchetti. 

Il Presente 
22 Settembre 2020 
Ore 21,00: Roma, sotto un cielo gonfio di nubi, attende rassegnata che un temporale si scateni inclemente sulle sue cupole e sulle sue strade; al Parco della Musica siamo in tanti ad attendere l’ingresso sul palcoscenico di Wim Mertens, l’artista belga molto amato in Italia, che torna ad esibirsi nella capitale per l’unica tappa del suo “Inescapable tour”, celebrando così quarant’anni di attività, suggellati dalla pubblicazione di un box a tiratura limitata con più di cinque ore di musica. Ho conosciuto musicalmente Mertens con “Close Cover” (1983). 
Mi ha colpito subito la compostezza, ma anche l’epicità delle sue trame sonore. La frequentazione artistica è divenuta poi personale negli anni Novanta, quando sono entrato a far parte della scuderia della etichetta discografica Materiali Sonori di San Giovanni Valdarno, che pubblicava in Italia le sue opere. Personaggio estremamente ironico ed affabile, dalla rigogliosa e multiforme creatività (alcune delle sue pagine pianistiche sono tuttora nel mio repertorio concertistico), l’artista ha ancora una volta conquistato il pubblico presente all’Auditorium, complice una fremente e nello stesso tempo austera performance, coadiuvato nell’impresa dalla giovane e talentuosa violinista Liesbeth Aules. Qualcosa di realmente inaspettato è accaduto all’inizio dell’esibizione, quando il pianista ha parlato (credo non sia mai accaduto durante un suo concerto!). Wim Mertens ha voluto, infatti, dedicare il primo brano in scaletta, “Wegzuwünschen” (tratto da “Charaktersketch”), al Maestro Ennio Morricone, recentemente scomparso. Con “Its Alien Status” e “Bassin d’Attraction”, da “That Which is not”, veri distillati del “Mertens pensiero”, il compositore ha colpito direttamente al cuore: già, perché il suo è un post minimalismo
levigato e profondamente melodico, capace di slanci epici e ritmicamente imprevedibili; la capacità di dare emozioni e colori a uno stile nato per “economizzare mezzi e sentimenti” gli ha permesso di gettare un ponte tra passato e presente. Il musicista di Lovanio esibisce spudoratamente un amore mai sopito per il repertorio antico, ci impone una voce da controtenore non ortodosso, un pianoforte trattato da clavicembalo, e numerose e vertiginose giravolte sonore. E continua a piacerci e ad ammaliarci. Il concerto prosegue con “Earmarked”, uno dei pezzi che amo di più, in cui la Aules si rivela protagonista assoluta: e lentamente cominciamo a renderci conto che stiamo assistendo a un vero proprio recital per violino e pianoforte, in cui la “star” (o presunta tale) accetta spesso di mettersi in disparte per far sì che qualcun altro conduca il gioco… e quel gioco va avanti, attraversando i più disparati momenti musicali tratti da una sterminata e variegata produzione: “La fin de la visite”, “The Place of a Gap”, “Not at Home” (quest’ultima eseguita magistralmente), “European Grasses” (dal recente “The Gaze of the West”), 
“Often a Bird”, “Holes in Habit”, “No Testament”. Uno scroscio di pioggia non distrae più di tanto e Mertens, dopo una brevissima pausa, torna al microfono per presentare “Un sospiro”, scritto su commissione del festival Angeli Sopra Roma, e proposto per la prima volta proprio all’Auditorium Parco della Musica nel 2003. E’ l’unica occasione in cui il pianista è solo sul palco. Ed è giunto il momento dei grandi successi: dopo aver invitato di nuovo la sua partner a raggiungerlo “on stage”, attacca il tema de “Il Ventre dell’Architetto”, unica colonna sonora scritta per il regista inglese Peter Greenaway (ovazioni). La soundtrack della fortunata pellicola costituirà l’ultima parte della serata: a “Birds for the Mind” seguono infatti “4 Mains”, “Close Cover” e “Struggle for Pleasure”. Da citare il fatto che queste due ultime composizioni erano state pubblicate precedentemente al loro inserimento nel film, e che “Struggle” era già nota per essere stata utilizzata in un celebre spot pubblicitario. Ore 23,00, fine dell’azione musicale: molti applausi (tra cui i miei) e grida di entusiasmo. 

Epilogo 
Diceva Albert Schweitzer: “Ci sono due modi di sfuggire alle miserie della vita: la musica e i gatti.” Condivido in pieno. 

Arturo Stàlteri
Foto di Piero Tauro ©

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