Notturno Concertante – Let Them Say (Luminol Records, 2020)

Notturno Concertante nasce a metà degli anni Ottanta a Grottaminarda, in provincia di Avellino, dall’incontro tra Lucio Lazzaruolo (chitarre e tastiere) e Raffaele Villanova (chitarre, basso e sempling), due musicisti accomunati dalla passione per i Genesis e la musica classica e desiderosi di dare vita ad una band prog-rock. Nel corso di quarant’anni di attività, il gruppo ha via via cristallizzato una propria cifra stilistica nella quale l’attenzione verso architetture musicali eleganti e sofisticate è andata di pari passo all’utilizzo di strumenti acustici ed alla ricerca di connessioni tra generi musicali differenti. A caratterizzate il loro cammino artistico sono state numerose collaborazioni sia in ambito musicale con artisti come Steve Hackett e Ray Wilson, sia in quello teatrale con il regista Giorgio Diritti, e le attrici Lina Sastri, Pamela Villoresi, Daniela Poggi, Barbara Alberti. Dal punto di vista discografico, hanno preso parte con il brano “Nocturne” alla famosa compilation “Double Exposure”, curata da Steven Wilson, e pubblicata nel 1987, ma soprattutto ha messo in fila sei album tra cui meritano una citazione i più recenti “Riscrivere il passato” e “Canzoni allo specchio”. A otto anni dalla pubblicazione di quest’ultimo li ritroviamo con “Let Them Say”, il loro primo disco interamente strumentale, e che li vede tornare all’antica formazione a geometrie variabili con il duo storico come line-up base, arricchita dal batterista Francesco Margherita, aperta ai contributi di altri strumentisti come Nadia Khomutova (violino), Kaitlyn Raitz (violoncello), Seto Nobuyuki (clarinetto), Jessica Meyer (viola), Francesco Brusco (bouzouki) Simone Pizza (batteria), Luciano Aliperta e Giuseppe D’Alessio (basso) a cui si è aggiunto il gruppo vocale Gesualdo Consort diretto da Marco Berrini. Rispetto ai precedenti di matrice più marcatamente prog, questo nuovo lavoro vede Lucio Lazzaruolo e Raffaele Villanova ampliare il raggio delle ricerche sonore verso i territori del jazz, dell’elettronica e della world music. A riguardo affermano: “Se per progressive si intende un continuo sguardo all’indietro rivolto a un periodo ormai finito da tempo, con i riferimenti obbligati e quello che molti si aspettano (mellotron, chitarre sognanti, flauti sussurranti…) ormai non siamo più progressive, e da un bel pezzo. Se invece intendiamo il prog in un’accezione più ampia, come tentativo di tenere presente l’evoluzione della musica, di essere maggiormente personali, di incrociare vari generi musicali, rendendoli in modo equilibrato, allora siamo più prog che mai”. Composto da undici brani, il disco regala quarantaquattro minuti di grande suggestione in cui si attraversano atmosfere sonore differenti. Aperto dagli echi di world della title-track, il disco entra nel vivo con la fusion di “Delicate Sabbath” e la musica del Cinquecento evocata in “Dei miei sospiri”, nel quale fa capolino un madrigale di Carlo Gesualdo con le voci del coro Gesualdo Consort. Si prosegue con lo sguardo verso il passato prog della sognante “Darkness I Became” e l’incursione nella musica elettronica di “Fellow Travellers”, concepita per sonorizzare un programma radio, per toccare lo spaccato jazz di “Le magnifiche sorti (e progressive)” e il rock della percussiva “So Far Out”. Il vertice del disco arriva con “Lovers Second Leap” e “Finis Terrae” nelle quali si avverte più marcatamente il nuovo corso stilistico di Notturno Concertante. La sperimentale “Handful of Hopes” e l’elettronica minimale di “Evidence Of Invisible” chiudono un disco di grande spessore che rappresenta certamente un nuovo inizio per Notturno Concertante. Una ripartenza che si preannuncia già ricca di sorprese. 


Salvatore Esposito

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