Nel 1947 Augusto Fraga decise di immortalare in una dozzina di cortometraggi i brani che riteneva emblematici del fado. Fra questi, spicca “Fado Malhoa”, con Amália Rodrigues che canta con Jaime Santos il brano, composto da José Galhardo e Frederico Valério, ispirato dal quadro “O Fado” di José Malhoa. Nel film, Augusto Fraga chiese ad una ventisettenne Amália Rodrigues e Jaime Santos di riprodurre i ruoli e la narrazione del quadro mentre la voce di Amália Rodrigues rende l’intensità dello spirito del fado e del dipinto («Vi fa sorridere, l’idea di sentire / con gli occhi, Signori? Sarà, ma non chi / ha già sentito, ma a colori. Ci sono le voci di Alfama / in quel quadro / e la chitarra diffonde / l’amarezza delle canzoni»). L’intenzione era che i cortometraggi musicali di Augusto Fraga venissero proiettati nelle sale cinematografiche in apertura, di spalla a film più importanti, ma Amália Rodrigues e “Fado Malhoa” rubarono letteralmente la scena ed il pubblico non parlava d’altro, tornava al cinema per quei cinque minuti di fado. Di fatto, il brano venne inciso come 78 giri da Amália Rodrigues solo quattro anni più tardi, divenendo un classico. Questa è sola una delle dodici, superlative narrazioni musicali che Custódio Castelo ha selezionato per questo album in cui interpreta le composizioni con la sua guitarra portuguesa insieme alle chitarre acustiche di Carlos Garcia e Maximo Ciúro. I tre hanno registrato a febbraio 2019 negli Estúdios Pé de Vento (a Salvaterra de Magos), in compagnia di Fernando Nunes che ha brillantemente catturato e mixato i suoni. Chi segue il fado, forse ha sentito negli ultimi anni Custódio Castelo accompagnare Cristina Branco, Ana Moura, Mísia (“Garras dos Sentidos”), Mafalda Arnauth, Mariza (“Fado em Mim”). O forse l’avete ascoltato in altri contesti, magari con Olga Prats, Maria Bethânia o Carmen Linares. Nato ad Almeirim nel 1966, ha avuto modo di suonare con cantanti di primo piano quali Fernando Maurício, Vicente da Câmara, Fernando Farinha, Manuel de Almeida, Camané (“Na Linha da Vida”). Ma in primo luogo è conosciuto per la collaborazione con Amália Rodrigues nell’ultimo tour della cantante negli Stati Uniti e cui ha dedicato quest’anno anche l’album “Amália Classics on Portuguese Guitar”.
Custódio Castelo ha rimediato una sonora sgridata dal padre quando aveva sette anni per avergli sottratto bava da pesca da cui ottenere le corde per la sua prima chitarra, ricavata da una tanica metallica da cinque litri. Dai tredici anni suona e studia con costanza e si avvicina al fado ascoltando dal vivo la chitarra di José Luís Nobre Costa e la voce di Manuel de Almeida. Accostato per l’originalità del suo lavoro a Carlos Paredes, Custódio Castelo sa proporre il proprio strumento sia in contesti di accompagnamento, sia come solista, mettendo in risalto sonorità e dinamiche della chitarra in radice di quercia costruita per lui da Oscar Cardoso, ricca di sfumature e registri espressivi. La sua duttilità gli permette di porsi al crocevia fra linguaggio classico ed innovazione, di accostarsi con rispetto, ma anche con un proprio sguardo a pietre miliari scritte compositori di culto: Alberto Janes (“É ou não È”, “Vou dar de beber à dor”), David Mourão Ferreira (“Maria Lisboa”, “Barco Negro”), così come a testi e musiche legati ad Amália Rodrigues (“Gostava de ser quem era”, “Lavava no rio lavava”, “Lágrima”), spesso con storie che attraversano molti decenni. “Uma Casa portuguesa”, scritta da Artur Fonseca, rimanda all’arte di João Maria Tudela: per primo la fece conoscere ad Amália Rodrigues ed entrambi la registreranno negli anni ’50 - la versione della cantante del 1953 sarà quella che la renderà famosa nel mondo. L’andamento sostenuto sa opportunamente lasciare spazio anche alla dimensione intima, evocata dal testo originale, rallentando e rarefacendo la tessitura. E’ questo tipo di attenzione per la dimensione affettiva dei testi che distingue il lavoro e gli arrangiamenti di Custódio Castelo, facendo di questi brani delle interpretazioni “classiche”, acutamente evocative delle parti vocali originali.
Alessio Surian
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