Vangasay – Gwendoline Absalon (TingBang, 2020)

Gwendoline Absalon è nata nell’isola de La Réunion. Di discendenza Malbar (comunità indiana arrivata nell’ isola nel XIX secolo, dopo l’abolizione della schiavitù), ha intrapreso la carriera musicale in reazione a un’educazione familiare severa. Grazie a uno zio musicista, ha iniziato a 10 anni a cantare come corista e poi ha affrontato gli studi musicali, vincendo anche diversi contest che l’hanno fatta conoscere. Ha collaborato con artisti internazionali, cantando nei concerti di Manu Katchè e Hugh Coltman al Téat Plein Air a La Réunion. Successivamente si è trasferita a Bordeaux dove, accolta da una grande comunità isolana, si è specializzata in musicoterapia cominciando a lavorare a supporto di persone disabili. In una notte di dicembre-raccontano le note per la stampa-, nel corso di una celebrazione dell’abolizione della schiavitù a La Réunion, nella quale un gruppo di giovani suonava musica maloya (la musica tramandata dagli schiavi nelle coltivazioni di canna da zucchero), la Absalon capì qual era il suo percorso e così prese la decisione di incidere il primo lavoro. La pubblicazione nel 2018 di “Dig dig”, portò la cantante al successo, facendola ritornare con una rinnovata motivazione. Nel suo secondo album “Vangasay”, il nome di un agrume originario del Vietnam e Madagascar, dalle importanti proprietà terapeutiche, la melodiosa, dolce voce soul della Absalon guida l’ascoltatore tra ritmi intriganti e cullanti. L’album vuole valorizzare la grande vitalità della musica creola anche con la sua rivisitazione attraverso i filtri del jazz e del pop. Dodici brani , i cui testi sono interamente scritti nella lingua creola da Gwendoline che compone anche le parti musicali di otto, sprigionano il profumo speziato dell’identità creola e di diverse parti del mondo. Con popolazioni provenienti da Madagascar, Europa, India ed Africa, La Réunion rappresenta un crogiuolo di culture. Così nelle composizioni di Gwendoline si avvertono forti influenze. In “La Diva de la Morna” Capo Verde chiama, in “Vangasay” e “Paliaka” si avverte forte, invece, l’influsso delle Indie. L’ascolto è molto gradevole, tra musica che omaggia la tradizione, atmosfere jazz e pop, e il fascino scuro e profondo delle percussioni del Maloya. “Sono una donna radicata senza radici!”, così si definisce Gwendoline che con la sua band conduce l’ascoltatore attraverso interessanti arrangiamenti acustici. A Hervè Celcal, pianista, compositore e arrangiatore, riferimento nella musica jazz e creola, la Absalon ha affidato la direzione dell’album. Oltre alla Absalon alla voce e Celcal al pianoforte, tastiere e cori, l’album si arricchisce della profonda conoscenza del patrimonio musicale di quella parte del mondo, di Rija Randrianivosoa, chitarrista malgascio che ha curato gli arrangiamenti del primo album della Absalon, e Fabrice Thompson - dalla Guyana francese- alle percussioni. Con Vincent Philéas, percussionista originario de La Réunion, che suona anche con Danièl Waro, caposaldo della musica Maloya -che nel 2009 ha avuto il riconoscimento dell’Unesco come patrimonio immateriale della nazione francese di cui La Réunion costituisce una regione d’oltremare- la Absalon ha un rapporto di stretta collaborazione avendo realizzato insieme anche il primo CD. Fabrice Legros alla chitarra e Caroline Faber ai cori e alle percussioni completano questa eclettica band. Nei suoi testi Gwendoline crea anche un personale linguaggio utilizzando i nomi delle piante tradizionali, simboliche del rapporto tra l’uomo e la natura. L’album si apre con “Binda”, dolce e malinconica ninna nanna maloya, che mette al centro il legame tra corpo e anima. Subito dopo “Filao” - pianta rampicante che nelle isole della Martinica simboleggia il raggiungimento delle porte del paradiso – affronta il tema della libertà di ognuno di esprimere se stesso senza giudizio. “Modernité”, scritta da Legros, ripensa alla società tecnologica sottolineando che c’è un limite sottile tra virtuale e reale e che occorre amore sano e realtà terrestre. Nella title-track c’è una mescolanza di suoni dall’Africa, India e La Réunion mentre “La Diva de la morna”, scritta dalla Absalon a quattro mani con Celcal, è un tributo a Cesaria Evora: è aperto dalla voce sola della Absalon che poi si amalgama con i cori e i ritmi della Morna di Capo Verde. “Béliya”, anche questa scritta dalla Absalon con Celca, rende onore ai maestri Belé della cultura ancestrale della Martinica e alle tradizioni maloya de La Rèunion attraverso una rutilante ritmica. Insieme a “Paliaka” -un termine indo-portoghese che indica il turbante- con sonorità indiane e pop, rappresenta il cuore dell’album. I brani successivi scivolano nella liquidità dei suoni e di atmosfere solari e gentili. “Fo pa krwar” è un groove soul, “Ti manmzel” conclude l’album con la samba e il senso di accettazione. “Vangasay”, di gradevole ascolto, ci fa immergere nella poesia del mondo creolo irradiandosi nella solarità e nella ricerca del benessere e dell’equilibrio tra l’uomo e la natura tropicale. 


Carla Visca

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