Maria Kalaniemi & Eero Grundström – Mielo (Åkerö Records, 2020)

Da decenni la fisarmonica e la voce di Maria Kalaniemi illuminano e connettono i diversi sentieri delle musiche finlandesi e nordiche in generale. Ciclicamente sa unire la propria, straordinaria, sensibilità musicale a quella di altri compagni di viaggio. Qualche anno fa è stata la volta di Eero Grundström che contribuisce al dialogo sonoro con l’harmonium e il modular synthesizer. Ad aprile 2017, dalla Karelia settentrionale avevano tratto la linfa per “Svalan”, il loro primo album come duo, un disco fortunato, per cinque mesi fra i primi dieci della World Music Charts Europe. Tre anni dopo sfornano un disco che ci offre un altro lato della loro sensibilità musicale. È ancora presente la grammatica delle musiche di tradizione orale, ma qui, con un lavoro più breve, sotto i quaranta minuti, con sette brani ci guidano attraverso un viaggio che abbraccia un orizzonte trascendentale, lirico e ipnotico allo stesso tempo, senza mai perdere carica propulsiva, dovuta in particolare alla penna di Maria Kalaniemi e agli ispirati arrangiamenti condivisi con Eero Grundström. Così riassume l’urgenza compositiva Maria Kalaniemi: «”Mielo” è per me una storia musicale sfaccettata, potente e incoraggiante che mi ha permesso di far crescere le mie ali. Raccoglie composizioni originali che, prese nel loro insieme, rappresentano una sorta di migrazione musicale. E’ musica sorta nei due anni appena trascorsi, un periodo della mia vita davvero intenso. Questa musica premeva e gridava per uscire, per essere suonata, cantata e condivisa». Per ciascun brano e anche all’interno di singoli brani il duo sa reinventarsi orchestra, ogni volta con un abito nuovo e con la capacità di veicolare trame affettive diverse una dall’altra e tutte profondamente legate agli animali e ai paesaggi naturali nordici. Kalaniemi apre l’album a passo di danza con “Erämorsian” (La sposa della foresta) e fa in modo di inserire sviluppi armonico-ritmici e pause che inducono fin da subito ad un ascolto profondo. “Suden tuutu” (La ninna nanna del lupo) rallenta il tempo e sollecita proprio la dimensione anche riflessiva dell’ascolto. E qui arriva l’unico brano composto a quattro mani con Eero Grundström. “Tulten Poiga” (Il ragazzo fiamma), con un cambio di passo anche a livello ritmico e di profondità dello spettro acustico, percepibile fin dall’inizio. Sottolinea Maria Kalaniemi: «È inestimabile il contributo di Eero agli ambienti di ‘Mielo’. All’inizio ero convinta che melodie, frasi e ritmi dovessero ripetersi in modo ipnotico perché sentivo come trasudassero una potente energia e una forza benefica. Con Eero sono arrivate nuove prospettive, idee ed energia che hanno fatto sì che la musica crescesse e raggiungesse un livello di maggiore ispirazione. È musica che porta conforto e speranza in un’epoca in cui tutto intorno a noi sta cambiando tanto rapidamente». E così ascoltiamo la fisarmonica impennarsi e modulare sulla base di ostinati percussivi che aprono transizioni fra nuovi paesaggi segnate dalle discontinuità timbriche. E qui, nella realizzazione dei video legati all’album intervengono anche gli efficaci video realizzati da Tiina Louneva. A metà album, “Lohtulaulu” (La canzone del sollievo) riparte, senza tempo, dalla sola fisarmonica e dall’invito all’introspezione e all’ascolto delle vibrazioni più sommesse. La voce di Maria Kalaniemi è in evidenza in “Metsähanhet” (Oca dei boschi), in dialogo con la fisarmonica utilizzata in chiave minimalista, lasciando spazi e volumi sufficienti per intersecare al canto rumori d’acqua e di bosco, prima che le tastiere e la voce diano ali e crescendo musicale al brano per poi chiudere nuovamente nel silenzio: un silenzio solcato da “pennellate” prodotte dalla fisarmonica, quasi l’emergere di un ritmo cardiaco sottostante. Con “Vaellus” (Passeggiata) ritorna l’incedere introspettivo della fisarmonica con cui si amalgamano la voce di Maria Kalaniemi e l’harmonium di Eero Grundström in un bel crescendo solare, giusto prima di lasciar spazio ai frammenti sognanti di “Pilvet” (Nuvole), in bilico fra echi di melodie tradizionali e nuove invenzioni con le linee della fisarmonica in primo piano e il canto, a tratti, a fare da seconda voce, a dare profondità a questa seconda riuscita pagina di un duo che rinnova felicemente ispirazione narrativa e modalità esecutive. 


Alessio Surian

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