Artisti Vari – Jola. Hidden Gnawa Music in Brussels (Muziekpublique, 2020)

La vertigine sonora generata dal canto responsoriale, dalla reiterazione di cellule melodico-ritmiche prodotte dallo slappare inesorabile del liuto guimbri del maâlem (il maestro), dall’inesorabile ritmo dei crotali di ferro qraqèb e del grosso tamburo a doppia membrana t’bol non provengono dalla Medina della città atlantica di Essauoira e neppure dagli intrattenimenti serali che si concentrano nella coloratissima e sfavillante di sapori Jemaa el-Fna a Marrakech, ma dalle architetture austere di Bruxelles. A Molenbeek, il grosso quartiere della capitale belga (a venti minuti dalla Grand Place, per intenderci, non in periferia), che ospita in larga parte la diaspora marocchina, i cosiddetti Maroxelloise (fusione di Marocaine–Bruxellois), sono attivi all’incirca quaranta musicisti gnawa, la confraternita di discendenti degli schiavi sub-sahariani. Se i primi marocchini sono arrivati a Bruxelles intorno alla metà degli anni Sessanta del Novecento (la convenzione intergovernativa belgo-marocchina del 1964 consentiva l’emigrazione dal paese maghrebino verso il Belgio per motivi di lavoro), è solo nel 1998 che il primo maâlem si è trasferito nella capitale belga, seguito da altri musicisti gnawa. Jola (viaggio), il termine che designa un passaggio centrale nel percorso di iniziazione di un musicista al tagnawit, l’appartenenza alla comunità gnawa, è stato scelto come titolo per questo primo album di musica gnawa in Europa, prodotto dalla factory culturale Muziekpublique (muziekpublique.com). A farci orientare nella musica gnawa praticata a Bruxelles sono le accurate note del booklet redatte dall’etnomusicologa Hélène Séchehaye. Quella gnawa è una collettività artistico-culturale molto attiva a Bruxelles, perché al numero tutto sommato esiguo di musicisti corrisponde una consistente domanda di occasioni rituali e festive. Ciò favorisce forme di collaborazione tra musicisti, spesso originari di aree differenti del Marocco, portatori, dunque, di stili e di repertori diversi. Va detto che non intendiamo qui promuovere il rimpianto per una presunta mancanza di presunta “autenticità”, per contro, avvertiamo l’urgenza di mettere l’accento sulle forme di rimodellamento delle pratiche musicali nel contesto europeo e della continua negoziazione culturale che si produce attraverso le relazioni umane e musicali intessute tra i musicisti. “Jola. Hidden Gnawa Music in Brussels” è un florilegio della musicalità gnawa locale, un ritratto della vibrante scena di questa “tariqua” diasporica. Troviamo all’opera una compagine di diciassette musicisti, i quali si alternano nelle tredici tracce del disco. Tra i presenti, svetta i il decano Abdelwahid Stitou, carismatico cantante e suonatore di guimbri, maestro di Tetouan ma cresciuto a Tangeri, esperto dello stile del nord (šamāli) come di quello cosiddetto portuale (marşāwi). Anche il suo figlio maggiore Rida è un provetto suonatore del liuto-tamburo a tre corde ed è già stato investito dell’eredità sia artistica che spirituale del padre. Nell’ensemble suona anche Bachir, il più giovane virgulto di famiglia. Quanto a Driss Filali (voce e guimbri), anche lui è figlio d’arte, il suo papà era un maālem originario di Meknes, mentre Bader Hernat (guimbri), di mestiere macellaio, da pochi anni a Bruxelles, è portatore delle forme stilistiche coltivate a Marrakech. Altro nome degno di nota è quello di Mohamed Zafzaf, figlio di un sapiente musicista di Tangeri detentore delle antiche liriche eseguite nella lingua degli antenati africani. Yassine Ghaïlani, invece, è nato a Bruxelles ed è stato iniziato alla “via dei Gnawa”, pur non provenendo da una famiglia musicale. Originaria della capitale è anche Hanane Abdallah, cantante dalla vocalità molto apprezzata, un altro indice delle trasformazioni delle prassi musicali gnawa, visto il crescente numero di musiciste e danzatrici. Tra l’altro, Hanane ha il proprio gruppo che suona ai matrimoni e collabora con la band all-women Asma Hamzoui & Bnat Timbouktou. Tra gli aspetti più significativi del lavoro è proprio la compresenza di stili e il fatto che le espressioni musicali diffuse nel settentrione marocchino - caratterizzate da particolari inflessioni vocali, dai dettagli ritmici, dai profili melodici del liuto costruiti a imitazione della voce e dall’uso di particolari accordature - si stanno imponendo nella diaspora europea, assumendo una centralità del tutto sconosciuta in Marocco. Sotto il profilo musicale il disco presenta gli stadi del dispositivo rituale notturno della Līla, la pratica coreutico-musicale collettiva che assolve a funzioni religiose, sociali e terapeutiche. Nel suo sviluppo in forma di suite (introduzione strumentale, sequenze vocali e parte strumentale che chiama alla danza e alla brezza estatica), ascoltiamo la sezione, per così dire, profana, in cui è eseguito “Figli dei Bambara” (“Ulād Bambara”), il canto per gli antenati sub-sahariani che racconta delle loro sofferenze: il brano si regge su voce e guimbri di Hicham Bilali, coro responsoriale e ritmico battito di mani. Seguono l’invito che precede la processione (“Arāda”), affidato alla coppia di tamburi t’bal suonati dai fratelli Jalal e Marwan Abantor, anche loro figli di un patriarca della musica di Tangeri. Si arriva alla fase di apertura processionale, “Ftah ar Rahba”, e di danza celebrativa, “Baniya”, quest’ultima è una composizione per solo guimbri e battito di piedi. Si apprezza molto anche “Ǧangarma”, un tema per voce solista, cantato da Marwan Avbantor accompagnato dal coro e dalle nacchere metalliche. Si passa alla fase successiva del rituale, contraddistinta dalle invocazioni delle entità sovrannaturali (“L Kūhal”, “As Samāwiyīn, “L Hūmar”, “L Mūsāwiyīn”), con cui si entra nella componente edorcistica, che comporta la discesa degli spiriti, ciascuno caratterizzato da un particolare tema melodico oltre che da un colore e la trance di possessione (mlūk). Dopodiché, si celebrano i santi sufi “Mūlāy Brāhim” e “Mūlāy Ahmad” ed è ripreso il tema degli antenati in “Figli della Foresta” (“Ulād L Ghāba”), dove il primattore è Driss Benjaafar, altro musicista molto richiesto per officiare le cerimonie casalinghe. Tutto ha termine con la suite che invoca le donne (“L Bnāt”), in cui il fratello Abderrahman Benjaafar, non sfigura nel produrre energia sonora, malgrado abbia ripreso in mano il guimbri dopo una lunga inattività. “Jola” fotografa un’esperienza musicale in divenire, prova tangibile della presenza culturale del mondo migrante nella poliglotta Bruxelles.  


Ciro De Rosa

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