Muireann Nic Amhalaoibh – Thar Toinn/Seaborne (Ealain, 2020)

Cantante, flautista, programmista radio-televisiva, già lead vocalist dei Danù, la quarantaduenne Muireann Nic Amhalaoibh (si pronuncia all’incirca Moren Nic Alof) è nativa della contea di Kerry ed è cresciuta a Dún Chaoin, proprio di rimpetto alle Blasket islands. Padre violinista, genitori entrambi attivisti nella promozione della lingua irlandese, Muireann ha vissuto già dalla tenera età l’atmosfera delle session nei pub e l’immersione totale nella cultura gaelica. Dopo la significativa esperienza ultradecennale nei Danù, ha intrapreso una carriera solista, aprendosi anche a collaborazioni come quella nel duo electro-irish Aeons. L’irlandese è lingua viva per Moren - il cui timbro scuro ricorda, a tratti, quello di Maura O’Connell - che in “Daybreak”, suo primo album solista, si era cimentata con un canzoniere che andava anche oltre la tradizione gaelica, interpretando una canzone di Richard Thompson. La sua predilezione per la contemporaneità dell’irlandese e per la musicalità dell’idioma nazionale, l’ha condotta, adesso, a produrre un album di breve durata: solo 26 minuti, intitolato ”Thar Toinn” (in inglese “Seaborne”), imperniato su materiali musicati o arrangiati dal chitarrista Gerry O’Beirne (ricordate i Midnight Well?). “Thar Toinn/Seaborne” è un disco dal profumo salmastro, incentrato sulla profonda relazione, vitale e drammatica, tra uomo e mare, a cominciare dalla gemma acustica iniziale, “Faoiseamh Faoistine”, in cui il testo del poeta Danny Sheehy (o, se preferite, Domhnall Mac Sithigh) chiede di connettersi con la terra e il mare, luoghi in cui trovare conforto. Segue “Air Failirinn Iù”, un tradizionale raccolto in Canada, a Cape Breton, ma di origine gaelico scozzese: propone la sguardo di una donna che assiste all’annegamento del suo amato. Qui la viola di Niamh Varian-Barry e la violoncello di Maria O’Connor sottolineano il lirismo tragico dell’azione, accompagnando il canto di Muireann, la quale duetta con la nobile voce della scozzese Julie Fowlis. Per contro, l’upbeat melodico di “Tá Ná Báid Go Doimhin Sa bhFarraige, Sios Cois Na Trá Agus Amach Chun Na Farraige” porta un canto augurale per i pescatori del Kerry, in cui la chitarra è suonata da Donogh Hennessy, mentre Nic Amhlaoibh si accompagna al flauto e al whistle nella parte finale dall’andamento danzante, in cui entra anche la fisarmonica di Seamus Begley. La prima delle due canzoni in lingua inglese è “Sweet Kingwilliamstown”, un tradizionale attribuito a Daniel Buckley, un irlandese che si salvò dal naufragio del Titanic per poi perire (pare sia stato l’ultimo soldato a cadere) nel primo conflitto mondiale. Il piano (Cormac McCarthy) e la tastiera (Donal O’Connor) esaltano il canto vellutato di Muireann, che dà il meglio di sé anche nella seconda song inglese, la celebre “Backwaterside”. Nell’ultimo numero del disco “Port Na bPúcaí”, si racconta che un pescatore delle Blasket abbia ascoltato questa melodia provenire dal mare in una notte ventosa e l’abbia suonata sul suo violino. Qualcuno sostiene fosse il canto delle balene, altri che il tema avesse origine soprannaturale. Il testo, che Muireann ha appreso da suo padre, parla di una donna rapita dalla fate. Billy Mac Fhoinn, il marito della Nic Amhlaoibh, imbraccia lo yaybahar, sorta di sintetizzatore acustico concepito dal musicista turco Gorken Sen e costruito dallo stesso Billy, che, efficacemente, contribuisce a rafforzare l’avvolgente atmosfera magnetica del brano. C’è poesia in questi ventisei minuti. www.muireann.ie 


Ciro De Rosa

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