Italian Sounds Good: Cristina Renzetti, Chep Wine, The Crowsroads, Beppe Dettori & Raoul Moretti, Mattia Previdi, Luca Marino, Christian Frosio, Newdress

Cristina Renzetti – Dieci Lune (Brutture Moderne, 2019)
Ben nota per la sua attività in ambito jazz in trio con Gabriele Mirabassi e Roberto Taufic, Cristina Renzetti giunge al debutto come cantautrice con “Dieci Lune”, album che raccoglie dodici brani nati dalla collaborazione con il contrabbassista Enzo Pietropaoli che ne ha curato la direzione musicale e con la partecipazione di Federico Casagrande e Giancarlo Bianchetti (chitarre), Francesco Ponticelli (basso), Alessandro Paternesi (batteria), Fulvio Sigurtà (tromba). Come evoca bene il titolo, l’album ruota intorno al tema dell’attesa come momento per riflettere sull’importanza dei legami familiari e le ombre del passato, ma nel contempo guardare al presente con placida serenità. L’ascolto svela l’elegante intreccio tra il raffinato songwriting della Renzetti e il suo timbro intenso ed evocativo, facendo emergere piccole grandi perle come l’inziale Nuole e sole, le evocazioni sudamericane di Mana Clara, il rock ricercato de La polvere e la spina, ma soprattutto il crescendo di Tempo d’attesa, brano più intenso ed affascinante del disco.

Cheap Wine – Faces (Cheap Wine Records/I.R.D., 2019)
Conclusa due anni fa con “Dreams” la trilogia aperta da “Based On Lies” e proseguita con “Beggar Town”, i pesaresi Cheap Wine tornano con “Faces”, decimo album in studio nel quale hanno raccolto nove brani che dal punto di vista concettuale proseguono le tematiche alla base dei precedenti lavori, pur presentando un approccio sonoro differente. Laddove, infatti, al centro dei brani ci sono i rapporti sociali viziati troppo spesso viziati dalle apparenze, dal punto di vista degli arrangiamenti il quintetto guidato dai fratelli Diamantini torna al passato, abbandonando certi sperimentalismi, per ritrovare il rock nella sua dimensione più pura ed elettrica. L’ascolto rivela un concept album intenso e coinvolgente in cui Marco (voce) e Michele Diamantini (chitarre) hanno messo in fila un pugno di brani taglienti e serrati, supportati dalla tastiera di Alessio Raffaelli e dalla impeccabile sezione ritmica, composta da Andrea Giaro (basso) e Alan Giannni (batteria). Si parte con il riff trascinante di “Made to fly” per passare alla rock ballad “Head In The Clouds” in cui spicca un eccellente assolo di chitarra, per giungere alla superba “The Swan And The Crow” che promette di diventare uno brani cardine del songbook del gruppo. Se la potente “The Great Puppet Show” riporta il rock al centro della scena, la title-track rimanda alle migliori pagine dei Dream Syndicate di Steve Wynn con la sua atmosfera electric-noir. La gustosa rock ballada “Misfit” e la brillante “Princess” ci guidano verso il finale con “Disguise” e “New Ground” che completano un disco di grande spessore che passerà alla storia come uno dei vertici della produzione dei Cheap Wine.

The Crowsroads – On The Rope (VRec Music Label/Audioglobe, 2019)
Salentini di origini e bresciani di adozione i fratelli Matteo (chitarra e voce) e Andrea Corvaglia (armonica e voce) nel 2009 hanno dato vita al duo The Crowsroads con l'obiettivo di esplorare i sentieri del blues attraverso le sue connessioni con il folk, il country e il rock. Dopo aver debuttato con l'Ep "Some Sky Inside My Pocket" nel 2012 ed aver firmato le colonne sonore di due cortometraggi "Polvere" del 2014 e "Selfie" del 2015, l'anno successivo hanno dato alle stampe il loro album di debutto "Reels" nel quale spiccavano tre brani originali. A quattro anni di distanza da quest'ultimo li ritroviamo con "On The Ropes", nel quale hanno raccolto undici brani originali e una rilettura, incisi con la partecipazione di un folto gruppo di strumentisti composto da: Michele ‘Poncio’ Belleri (dobro, chitarra acustica ed elettrica), Michele Bonivento (pianoforte, Hammond B3, Fender Rhodes e piano Wurlitzer), Andrea Gipponi (basso e contrabbasso), Antonio Giovanni Lancini (mandolino, chitarra classica e acustica, percussion programming, cajon), Phil Mer (batteria e percussion) e Stefania Martin (cori) e la partecipazione di tre ospiti d'eccezione Sarah Jane Morris, Frankie Chavez e Jono Manson.  Prodotto da Antonio Giovanni Lancini e Paolo Salvarani e registrato da Paolo Costola al MacWave Studios di Brescia, il disco colpisce per la cura riposta tanto nel songwriting quanto nella cura degli arrangiamenti. Durante l'ascolto a spiccare sono brani come la title-track con il suo sound West Coast incorniciato dal dialogo tra armonica e organo, il blues di "Tomorrow Turns Page" e della soulful "I Saw You" e le incursioni ora nel country con "Another Rose In The Dust", ora nel folk acustico con "Ground-Floor In Heaven". Pregevoli sono anche "Seaweed" in cui spicca la partecipazione di Sarah Jane Morris, la poetica "Monologue" con Frankie Chavez e "The gardener’s daughtrer" in cui fa capolino Jono Manson. Il vertice del disco arriva con la splendida "Everytime That You Walk Out The Door", riscrittura in inglese di "Ogni volta che tu te ne vai" dei Fratelli La Bionda, ma c'è ancora tempo per le soprese con "10 A.M. Automatic" dei The Black Keys proposta come ghost track. Insomma, "On The Ropes" è il disco che segna l'ingresso nella maturità artistica dei The Crowsroads e siamo certi che questo è solo l'inizio.

Beppe Dettori & Raoul Moretti – S’Incantu e Sas Cordas (Undas Edizioni Musicali, 2019)
Il progetto "S’Incantu e Sas Cordas" nasce dalla collaborazione tra il cantautore sardo Beppe Dettori, già voce dei Tazenda e l'arpista italo-svizzero Raoul Moretti i quali hanno unito le forze per esplorare le potenzialità espressive del dialogo tra la voce e le corde della chitarra acustica e dell'arpa. Prodotto da Teatro Alidos e pubblicato dalla nuova label isolana Undas, il disco propone nove brani, registrati dal vivo, in cui la tradizione musicale sarda si interseca ora con quella irlandese ora con le sonorità del Mediterraneo, ora ancora con le melodie latin, il tutto impreziosito da improvvisazioni e sperimentazioni. Se, infatti, Moretti approccia l'arpa con tecniche non convenzionali colorandone la gamma sonora con l'utilizzo di effetti e loop, Dettori esplora il canto armonico tuvano e tibetano, sperimenta il gibberish e improvvisa con melodie e ritmiche beat-box. Il risultato è un viaggio sonoro attraverso gli incroci tra latidudini e longitudini sonore differenti che si apre con "Pordosol/Fleurs" con l'arpa a tessere la melodia del tradizionale inglese "Greensleaves" per aprirsi al Mediterraneo nell'incontro con i testi in portoghese e francese. Se "Tuva e Tula" propone l'incontro tra il canto tuvano e quello sardo per toccare nella seconda parte la tradizione siciliana, le successive "S'incantu I e II" sono due facce della stessa medaglia con le improvvisazioni a tutto campo dell'arpa di Moretti e quelle vocali di Dettori. La rilettura di "Gracias A La Vida" di Violeta Parra incrociata con "Coros" ci introduce al mash-up tra una "Habanera", ispirata a "Gris" dell’arpista cubano A.R. Ortiz, e il tradizionale sardo "Corsicana", gia nel repertorio di Maria Carta. Fascinose sono anche le riscritture di "Gonare" e il tradizionale irlandese "Star Of The Country Down" che ci riporta in Sardegna nell'incrocio con il 6/8 "Fiza", ma il vertice del disco arriva sul finale con il medley "Trittico in Omaggio a Maria Carta" (Deus ti salvet maria”, “A bezzos de iddha mia” e “Ballu" che chiude un disco non convenzionale ma nel contempo curioso e degno di nota.

Mattia – Labirinti Umani (Autoprodotto, 2019)
Cantautore modenese dalla solida formazione e con alle spalle la partecipazione a diversi contest, Mattia Previdi giunge al debutto discografico con "Labirinti Umani", album autoprodotto che raccoglie nove brani originali che, nel loro insieme, compongono una sorta di viaggio attraverso l'articolato caleidoscopio delle relazioni umane e dell'amore. Dal punto di vista prettamente musicale, il disco spazia tra ballate dal taglio romantico a spaccati rock fino a toccare la dance e l'elettronica, il tutto permeato da una particolare attenzione riposta nella ricerca delle melodie radiofriendly. Aperto dalla title-track che nelle sue liriche racchiude metaforicamente il senso del concept, l'album spazia dalla melodia onirica di “Resta come sei” all’electro-pop di “Siamo in due o siamo in tre” per toccare il ritratto di donna di Diana” e l’intimista “Crolla il tetto”. La riflessiva “Forse un altro uomo” e i trascinanti ritmi dance del singolo “Tieni il resto se lo vuoi” fanno da preludio al finale con il crescendo di “Distante” e l’electro-dance di “Nella mischia” che completano un’opera prima nata sotto le migliori stelle dell’ispirazione.

Luca Marino – Vivere non è di moda (Autoprodotto, 2019)
Cantautore errante, Luca Marino vanta un lungo percorso artistico cominciato come batterista in una band metal e proseguito come chitarrista in un’orchestra di liscio, fino a quando la scoperta di Lucio Battisti gli indica la strada del cantautorato che lo conduce nel 2010 sul palco del Festival di Sanremo dove porta in gara il brano “Non mi dai pace”. Dopo aver debuttato con “Con la giacca di mio padre”, pubblicato dalla Warner, nell’arco di pochi anni ha messo in fila altri due album a cui è seguito recentemente “Vivere non è di moda”, disco che musicalmente rende omaggio agli anni Ottanta e Novanta e, nel contempo, ha rappresentato il compimento di un percorso di rinascita e scoperta di una nuova consapevolezza. A riguardo Marino afferma: “Con questo album ho cercato di comprendermi per poter comprendere meglio la vita in tutte le sue sfaccettature, soprattutto quelle più scomode. Che cos’è la vita per me? Qualcosa di orrendo e meraviglioso allo stesso tempo. Che cosa è vivere? Nascere, vincere, perdere, piangere, sorridere, rinascere, amare, sorridere, perdere, piangere, amare, rinascere...etc etc, penso sia una cosa del genere”. Durante l’ascolto si spazia dalla new wave minimale di “Per venire al mondo” al synth pop del singolo “Non va più via”, dai suoni beatbox che permeano “Una buona idea” alle atmosfere acustiche di “Io non sapevo ballare”, fino a giungere ai trascinanti ritmi dancefloor di “Enigma del non senso”. Non manca una deviazione nei territori punk con “Passa la canzone” e uno sguardo ai ritmi caraibici del singolo “Margarita” ma il vertice del disco arriva sul finale con la ballata acustica “Settimo cielo” che chiude un lavoro musicalmente ben architettato e caratterizzato da interessanti intuizioni compositive.

Christian Frosio – Mille Direzioni (Autoprodotto, 2020)
“Mille direzioni” è il disco di debutto di Christian Frosio, cantautore bergamasco con alle spalle una lunga gavetta sui palchi del nord Italia, spesa suonando in diverse formazioni tra cui una cover band dei Dire Straits. Frutto di una lunga gestazione durata due anni, il disco è stato composto, e prodotto in prima persona dallo stesso Frosio (chitarre acustiche e elettriche, voci e cori, pianoforte, synth, percussioni) e vede la partecipazione di Gregorio Conti (basso), Gregory Gritti e Alessandro Lampis (batterie). Gli otto brani in scaletta affondano le loro radici nel songwriting rock e mettono al centro il tema dell’abbandono fra atmosfere oniriche e intimiste. In questo senso ogni composizione ha preso forma da strutture musicali essenziali nate per voce e chitarra per, poi, evolversi ed arricchirsi di sfumature in fase di arrangiamento, come afferma lo stesso Frosio: “La diversità dei brani deriva dall'esigenza del nucleo primario della canzone (voce e chitarra) di richiedere un proprio abito cucito su misura. Sono canzoni nate da un elemento scatenante (il "filo da sbrogliare" per dirla alla Montale) ma che si portano dietro un'esperienza maturata su un periodo più lungo. Le canzoni sono quindi esseri maturi e ben distinti tra loro che richiedono una cura e un rispetto particolare e personale”. L’ascolto scorre piacevolmente tra il cantautorato rock di “Apri la Finestra” e del singolo “Anime leggere” e le ballad “Distante” e “La casa nostra”, tocca il divertissement “Anche se è Natale” e l’intimista “Giocare col Vuoto” per giungere alle conclusive “Mille Direzioni” e “Guarderò lontano” che risultano i brani più riusciti dal punto di vista compositivo. Insomma “Mille Direzioni” è un disco genuino che coniuga il gusto per le sonorità radiofoniche e la cura del songwriting.

Newdress – LEIcontroLEI (Discipline di Garbo, 2019)
Attivi dal 2008, anno in cui danno alle stampe il disco autoprodotto “Alibi”, i Newdress sono una rock band bresciana con alle spalle una intensa attività live e una ormai nutrita discografia in cui spiccano tre Ep e l’ottimo album “Falso Negativo” del 2017. A due anni da quest’ultimo la formazione guidata da Stefano Marzoli (voce, sintetizzatori, programming) e Jordan Vianello (batteria e composizione), torna con “LEIcontroLEI”, concept album che ruota intorno al tema della donna, contrapponendo figure positive e negative che hanno segnato la storia dell’umanità. Inciso con la line-up rinnovata dagli ingressi di Andrea Zagna (basso) e Matteo Frigoli (chitarre) a cui si aggiungono le partecipazioni speciali di Antonio Aiazzi (tastiere), Diego Galeri (batteria9 e Stefano Brandoni (chitarre). Impreziosito dall’artwork firmato dall’artista bresciana Giulia Rosa, il disco mette in fila undici brani che incrociano elettronica e new wave con l’aggiunta di una potente dose di suoni e ritmi contemporanei. Aperto dalle atmosfere electro-noir di “Vacanza dark”, il disco propone una carrellata di ritratti da Marilyn Monroe (“Overdosing in L.A.) a Elizabeth Warren (“Pallida”), paladina del movimento LGBT americano candidata alle primarie statunitensi del 2020 contro Trump, dalla giovane Greta Thunberg (“L’alieno e la bambina”) al confronto tra Eva e Lilith (“Lei contro lei”) per raccontarci le vicenda della partigiana Joyce Lussu (“Joyce”) e di Amelia Earhart (“Rumore di te”) che, nel 1937 fu la prima donna a sorvolare l’Oceano Pacifico. Chiudono il disco la trascinante “Tipo Banale” e l’oscura “Bolle di Sapone” in cui viene raccontata la macabra storia di Leonarda Cianciulli detta la saponificatrice di Correggio. “LEIcontroLEI” è, dunque, un lavoro interessante che non mancherà sorprendere gli appassionati del genere dark e new wave.



Salvatore Esposito

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