Xavier Rebut (a cura di), In viaggio con Giovanna Marini, Nota 2019, pp. 116, Euro 35,00, Libro con 2 CD e 1 DVD

Di pubblicazioni su Giovanna Marini (1937) ne sono comparse tante negli ultimi quindici anni: antologie, libri, biografie, un’autobiografia e docu-film. Certo si fa fatica a ridurre in poche parole una figura così multiforme, che non è solo chitarra a tracolla, canti di emigrazione e di lotta resi con voce militante e imperativa. Marini non segna solo una stagione musicale e politica della Penisola, ma attraversa una buona fetta di storia culturale d’Italia, anzi ne è una delle protagoniste – e di questo un Paese appena normale terrebbe gran conto per dare il giusto riconoscimento – perché capace di trasfondere nel suo lavoro di compositrice il “canto naturale” del mondo contadino, la scrittura quasi madrigalistica e le forme canore di devozione religiosa, legate specialmente ai repertori della Settimana Santa dell’Italia centro-meridionale. Parliamo di un’artista di profonda umanità, spirito e cuor ribelle, animato da passione civile, che riversa anche nella grande sete di conoscenza e di comprensione dell’altro tratti che permeano tanto il suo studio quanto la sua arte. Non nuove alle pubblicazioni sull’artista romana (ricordiamo tra tutti “Il Canto Necessario”, firmato da Ignazio Macchiarella), le edizioni Nota, per la quale Marini ha inciso anche numerosi dischi, propongono ora “In Viaggio con Giovanna Marini”, titolo semplice e diretto, per «un libro corale», come spiega il curatore, Xavier Rebut, cantante, compositore, attore e didatta, svizzero di nascita, romano di cuore, il quale ha conosciuto Giovanna Marini nel 1993 e da allora ha collaborato con lei in numerosi progetti musicali e didattici. Il volume vuole dare voce e suono a un’esperienza composita, nella quale confluiscono ascolto, ricerca sul campo partecipata, insegnamento fondato sul meccanismo della trasmissione orale, racconto, composizione, in larga parte riconducibili a un luogo: la Scuola Popolare di Musica di Testaccio di Roma, anticipatrice di tante istituzioni di musica tradizionale in Italia. Di questa esperienza viva, di «visi che diventano suoni», dà conto il volume di poco più di cento pagine, che diventa una mappa musicale d’Italia, fatta di analisi di canti, interviste e memorie della Marini che toccano temi centrali (l’insegnamento, l’autorialità del canto orale, la ricerca dell’ineffabile, l’esperienza di Testaccio) e un bel portfolio fotografico comprensivo di scatti raccolti nei viaggi di ricerca. Fondamentali, naturalmente, gli ascolti, proposti in due CD. Il primo è “Altritalia. Les chants de l’Autre Italie”, che raccoglie per intero un concerto dato a Metz al “Festival Passages”, dove si comprende appieno la modalità di lavoro del gruppo attraverso la forma-racconto della stessa Giovanna. Il secondo CD è un’antologia intitolata “Modi Contadini”, un’espressione ideata da Marini per provare a categorizzare l’insieme di forme canore di tradizione orale, perlopiù di origine contadina. Si tratta di una collezione che passa in rassegna quindici anni di storia del gruppo di canto di cui Marini è stata docente, con tanti concerti e lezioni-concerto. Come detto, nel volume i canti sono presentati da schede analitiche curate da Susanna Cerboni. Infine c’è il DVD, contenente un film di Damien Marteau, che è entrato con la sua telecamera nella collettività dell’affollato gruppo, in viaggio per ricerca, incontri con i cantori e concerti. Giovanna Marini, una donna, una studiosa e un’artista difficile da collocare nelle categorie del marketing dell’industria musicale quanto nella lente prescrittiva del canto di protesta: di fatto un personaggio straordinario, che non difetta di schiettezza, una creatrice di musica che – è stato scritto – prova ad essere popolare senza essere populista. Personalità memorabile, infaticabile e irriducibile, di cui questa notevole operazione editoriale restituisce una parte significativa. 


Ciro De Rosa

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