
Arrivando in Piazza Municipio, l'antica “Rimesa” di Cutrofiano, a colpire per prima non è la scena verticale del palco, ma quella che guadagna dal basso della strada lo sguardo severo di Uccio Aloisi ritratto sull'asfalto. Un lampo sembra venire fuori da quegli occhi posti a guisa di protettori e guardiani: sono le luci che si accendono per dare il “la”” alla serata finale della nona edizione de “Li Ucci Festival”, la settimana di musica e cultura tradizionale che celebra i tre grandi cantori del paese salentino, Uccio Aloisi, Uccio Bandello, Narduccio Vergaro.
Al cantastorie P40 è affidato il benvenuto al pubblico della lunga festa che si concluderà a notte inoltrata, riproponendo – come da “mission” del progetto – la gloriosa tradizione degli stornelli, accanto alle pizziche e al repertorio più “consumato”, sulla traccia del gioco tra passato e presente, tra omaggio tour court e innovazioni musicali più o meno ardite. “Bella ci dormi”, cantata dalla “guest” Alessandra Caiulo, voce storica de La Notte della Taranta, è una sorta di overture dello show de Li Ucci Orkestra che comincia con il classico “Lu tambureddhu meu”, e prosegue traghettato dagli oltre venti cantanti che si passano la staffetta sul palco.


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Foto di Giorgia Salicandro |
che si destreggia tra la gestione del palco e le varie necessità del backstage, il pianista Gigi Russo che dà gli attacchi ai colleghi e anima anche, batte le mani, salta, si diverte, i fiati e gli archi che si rispondono ammiccando e sorridendosi. Le nuove leve, che ogni anno si aggiungono ai colleghi più grandi, come il giovane Matteo Coppola che suona i bidoni del compianto Raffaello Murrone insieme alle terracotte della tradizione artigiana di Cutrofiano, vasi e anfore, come percussioni; o il giovanissimo Diego Vergari, promettente sassofonista di sedici anni. Degna di nota anche la scelta di superare il tabù anagrafico dei danzatori affiancando alle donne del corpo di ballo due vispi ballerini più “adulti”, Claudio Longo e il veterano Romolo Crudo (e sarebbe entusiasmante se in una futura edizione, su questo palco - o su un qualunque altro - vedessimo un'ottima danzatrice cinquantenne ribaltare lo stesso tabù anche per le donne).
«Ciò di cui vado orgoglioso è soprattutto l'unione autentica che si è creata tra musicisti, danzatori e tutto lo staff, cosa che possono invidiarci in tanti – commenta Melegari – negli anni abbiamo accolto tanti giovani musicisti, sono nati dei gruppi o nuove connessioni a partire dall'esperienza di Cutrofiano. C'è uno scambio sincero, come nel pranzo sociale di fine edizione che è una tradizione a cui teniamo molto: ognuno porta un piatto e si mettono a confronto i pezzetti di cavallo e le parti in scena senza soluzione di continuità».

Giorgia Salicandro
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