Le voci sono quelle di Maria Teresa Nesci, Maria Adelaide Negrin, Giulia Marasso, Devis Longo e Lorenzo Cescotti, con la partecipazione di Alberto Milesi (già nel Coro della Scala), Ciacio Marchelli (dei Tre Martelli) e la comparsata di un coro di sei elementi in un fantasioso mix tradizionale-operistico.
I piemontesi, che nel nome omaggiano il conterraneo uomo politico, diplomatico e letterato, studioso e folclorista, collezionista di canti popolari nel secondo XIX secolo, ritornano con un programma in cui usano svariate procedure polifoniche. La forza del consolidato quintetto risiede nell’abilità di musicisti di composita estrazione (chi con un vissuto musicale di interpretazione del canto popolare, chi proveniente dall’ambito della musica colta) di combinare i loro timbri, mettendo insieme una dose per niente esasperata di filologia e una ricercata libertà interpretativa.
Cosicché in “Cantada”, secondo album dell’ensemble – e anche bella, conclusiva title track, in cui un testo del poeta dialettale piemontese Carlin Porta è stato musicato da Devis Longo – coabitano idiomi dell’area piemontese, francese, occitano, italiano e milanese e, in più, ci sono divertenti siparietti conviviali dialogati.
Tra unisoni, controcanti e armonizzazioni con parti vocali variamente disposte, si susseguono quattordici brani, tradizionali e d’autore, rivisitati con gusto squisito e un assortimento di soluzioni canore sempre di notevole impatto, seppure nell’intervento trapeli un accentuato cercare l’effetto sorpresa, esibendo un repertorio molto allargato.
Mettono subito in chiaro di che stoffa siano fatte le voci nella celebre ballata “La pastora fedele”, cantata in piemontese alessandrino, con cui vanno a incominciare e che fa figurare la gran voce popolare di Ciacio Marchelli e nello swingante “Ca da Rat”, tema vercellese composto da Francesco Saettone. Si cambia registro e con “La batelière”, un canto delle valli valdesi, arriva d’Oltrealpe – dai dintorni di Annecy –la villanella ‘a pastorella’ “Le plaisirs sont doux”. Invece, dalla val Varaita ecco “La Chansoun di espouze”, motivo che racconta la tristezza di una sposa intenta a lasciare la dimora paterna; si celebra la transumanza in alpeggio nel tradizionale occitano “La sounallera”. Si toccano ancora vertici interpretativi nel set di tre “Maggi”, uno piemontese e due toscani. I Nigra vogliono dire la loro anche sulle due versioni del “Bella Ciao”, quella partigiana e delle mondine, mentre Alberto Milesi ci mette del suo nel classico “O Mia Bela Madunina”. Inattesa pure l’esuberante, spassosissima quanto stralunata (ma sia detto: eccellente sul piano tecnico e dell’ambientazione da osteria) “La Magna Danda”, dove un tradizionale del canavese incontra le arie di Verdi e Rossini (da “Traviata”, “Rigoletto” e “Barbiere di Siviglia”) in una miniera di trovate canore tutte da scoprire.
Ciro De Rosa
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