

Mio padre suonava un po' la chitarra e mia madre ha sempre cantato ma non professionalmente, così come i miei nonni avevano un po' di strumenti. Nella mia famiglia c'è sempre stata un po' di musica nell'aria. Ho scoperto il violino verso i sette, otto anni e subito dissi ai miei genitori che volevo imparare a suonarlo ed, in effetti, sono stato di parola.
Ci puoi raccontare le tue principali esperienze artistiche?
Ho un background di musica classica ma ho cominciato a suonare musica folk verso i diciotto, vent'anni con Silvana Licursi e facevamo musica arbëreshë, era un bel gruppo in cui suonava anche Massimo Carrano e con loro iniziai ad affrontare il repertorio dei Balcani che mi è sempre piaciuto. Nello stesso tempo ho cominciato a suonare jazz ed anche pianoforte, ad improvvisare. Ho sempre portato avanti tutti e tre i mondi. Ho finito gli studi di musica classica, ho studiato negli Stati Uniti per vari anni, dove ho studiato jazz.
Stai portando in tour il progetto SolOrkestra. Com'è nata l'idea di questo concerto in solo?
E' nato da questa macchina infernale che è una loop station che sta diventando sempre più comune ma è uno strumento bellissimo anche per studiare perché è come se fosse uno specchio musicale che da la possibilità di rivedersi e risentirsi. Il progetto è nato per gioco riarrangiando dei miei brani ed utilizzando dei piccoli strumenti. Così piano piano, qualche anno fa ho realizzato anche un disco "Fiddle & Loop" e attualmente sono al lavoro ad un altro album che dovrebbe uscire a fine anno. Mi diverto molto.

Quali sono state le difficoltà che hai avuto nella realizzazione del concept dal vivo? Quali sono gli aspetti peculiari di questa esperienza?
Pochi maestri. Non ho tanti punti di riferimento. Ci sono tanti colleghi bravissimi che fanno un lavoro magari più ritmico con la loop station ma non siamo in tanti a fare un concerto intero in solo, quindi riuscire ad evitare un eccesso di ripetitività, introduzioni, loop diversi, però tuto è fatto dal vivo. Quello a cui ho tenuto sin da subito è stato quello di evitare materiale registrato. Non lavoro su basi, ma suono tutto dal vivo, errori compresi. Quello che viene fuori, viene fuori. Piano piano sono riuscito a mettere su un bel concerto con una visione fresca e diversa del violino.
Il violino è considerato uno strumento da ensemble mentre è più raro vederlo da solo. Qual è la ricchezza che hai scoperto nell'esibirti in solo e i territori nuovi che hai scoperto...
Hai detto bene è uno strumento che si lega in formazioni più allargate ma è una voce lui stesso. Lavorare con le voci non è molto semplice perché si sta sulle stesse frequenze però la creatività può venire fuori da tante cose. Se avessi la ricetta te lo direi e certamente avrei fatto più dischi. Sicuramente posso dirti che c'è un ascolto molto ampio. Ho sempre amato musiche che vanno dalla tradizione indiana al bluegrass americano, chiaramente il jazz, Gismondi, i Balcani che danno sempre una carica che cerco di portare nel mio concerto.
A livello stilistico quali sono i tuoi riferimenti?

Dal punto di vista competitivo come nascono i tuoi brani?
Ho un paio di nomi che ascolto tanto e spero di aver preso molto da loro e parlo di Keith Jarrett e Egberto Gismondi.
Quanto spazio ha l’improvvisazione nel tuo spettacolo?
Tanto. Le prime tracce sono un po' più chiare e definite perché suonandoci sopra diventerebbe veramente complesso ma tutto il resto spesso è nuovo e poco scritto.
Lavori anche sull'istant composing?

Ci puoi dare qualche anticipazione sul nuovo disco?
Saranno quasi tutti brani originali come quello che proporrò in parte e che si chiama "Alberocrazia". In questo brano c'è l'idea di rimettere l'albero al centro della vita perché penso che per ogni cittadino, ogni persona dovrebbe esserci almeno un albero in ogni città. Ho deciso di scrivere questo brano pensando alla creazione di una democrazia della natura come punto centrale.
Salvatore Esposito