“Blues in Mi, Vol. 1” è uscito alla fine di novembre del 2018, ma non è certo datato; prima di tutto perché – e forse non sarebbe nemmeno necessario dirlo – il Blues è immortale e senza scadenze, per chi lo ama. Ma soprattutto perché, nella fattispecie - e come suggerisce chiaramente lo stesso titolo - è in arrivo per il prossimo novembre il volume numero due.
C’è poi da dire un’altra cosa davvero interessante e che ci incuriosisce molto: è questo infatti un lavoro che si sta espandendo non solo nel tempo, ma anche nello spazio; nello spazio dell’arte naturalmente: da questo album infatti è nato il progetto “Blues in Mi: periferia identità di Milano” che prevede la realizzazione di una serie di documentari diretti dal Terzo Segreto di Satira e ideati da Orselli, che andranno a raccontare, attraverso le canzoni del cantautore milanese, “il lato blues di Milano”. Una esplorazione tra i quartieri periferici e l’incontro con la gente - in un’epoca di continua integrazione interculturale – che risulta necessaria come spiega lo stesso Orselli e come viene ribadito quotidianamente dalla cronaca politica e (in)civile del Paese.
Insomma, non serve nemmeno più dirlo che quel “Mi” è un gioco tra una nota e una città. Anzi, quasi sembra un suono che l’assorbe. Si tratta di una città scorbutica che si allontana dal Centro e va verso l’esterno, graffiata dalla voce potente di Folco, che la narra con ironia eppure partecipazione, forse con amore, di certo con intimità.
Nelle note che accompagnano l’album, l’artista racconta che tutto nasce dall’idea di un viaggio a New Orleans, alla ricerca dell’ispirazione per scrivere canzoni blues su Milano: cercava un posto lontano anche geograficamente... eppure solo l’idea è bastata a far nascere la fantasia, l’atmosfera, il “non luogo musicale” per scrivere tutti i pezzi che compongono questo volume e quello di prossima edizione. A quel punto è cominciata la registrazione insieme con alcuni musicisti d’eccezione – è un disco questo davvero molto suonato e molto suonato con intensità e bravura – che sono Enzo Messina (piano, wurlitzer, hammond, chitarra wha e slide, programmazioni e percussioni), Leif Searcy (batteria), Paolo Legramandi (basso elettrico e acustico), Daniele Moretto (tromba), Pepe Ragonese (tromba), Valentino Finoli (sax), Luciano Macchia (trombone) e Francesca Risoli (cori). Orselli ha suonato chitarre e percussioni; Messina ha collaborato con lui alla produzione artistica e ha curato gli ottimi arrangiamenti. Groove e ironia sono la sintesi di questo lavoro molto ben pensato e vissuto; tanti i rimandi a un certo mondo culturale, teatrale e musicale milanesi. Si pensa molto a Svampa, a Gaber (un po’ meno) e Jannacci, si pensa anche a un certo Cabaret… in alcuni momenti in realtà si respira un’atmosfera alla Fred Buscaglione da era digitale e strade grigie, da cartelloni pubblicitari strappati, writers e murales sfiniti (la esse non è un refuso). Di fondo si tratta però solo di atmosfere, in un lavoro dalla scrittura originale, opera di un musicista e autore che conferma ancora una volta le sue grandi doti di artista. È un disco dove il blues e il jazz si fanno anche allegri e incalzanti; il retrogusto amaro, che a volte lascia, è accompagnato da un sorriso consapevole e da amore vero per il “surreale”: dote suprema di chi è tanto bravo a raccontare storie, a trasformarle, a farle diventare uniche e universali. Dote peraltro tipicamente milanese, che aiuta a non cadere mai nella tentazione omologante del mondo che globalizza. Quello di Orselli è invece un mondo di confine eppure interculturale, di certo variegato, per genere, sesso, abilità, professione, mala-intenzione, età, etnia, numero. Su tutto, svetta l’amore cinese del “Paolo Sarpi blues”.
Elisabetta Malantrucco
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