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Foto di Fabrizio Lippolis |
Fisarmonicista e compositore, considerato uno dei grandi talenti della scena jazz italiana, tanto per doti tecniche quanto per capacità compositive, Vince Abbracciante vanta un percorso formativo intenso, speso tra i Conservatori “Nino Rota” di Monopoli e “Egidio Romualdo Duni” di Matera e proseguito seguendo seminari e masterclass a livello internazionale. In grado di spaziare attraverso generi musicali differenti, il musicista salentino ha calcato i palchi di tutto il mondo suonando con artisti del calibro di Juini Booth, John Medeski, Marc Ribot, Javier Girotto, Gabriele Mirabassi, Flavio Boltro, Fabrizio Bosso, Peppe Servillo, Lucio Dalla, Ornella Vanoni, Heidi Vogel e Richard Galliano con quest’ultimo che lo ha segnalato tra gli strumentisti italiani che più lo hanno impressionato. Nel corso degli anni, ha scritto colonne sonore per diversi film e nel 2009, con Carlo Borsini, ha progettato un inedito sistema che permette di ampliare la gamma sonora della fisarmonica, ma soprattutto ha dato alle stampe due ottimi album “Introducing” con il bassista newyorkese Juini Booth e quel gioiello che era “Sincretico” nel quale, attraverso otto brani, esplorava le suggestioni sonore del Mediterraneo. A due anni di distanza da quest’ultimo lo ritroviamo con “Terranima”, album che rinnova la collaborazione con Nando Di Modugno, Giorgio Vendola e Alkemia Quartet e nel quale spicca il featuring di Gabriele Mirabassi. Lo abbiamo intervistato per ripercorrere con lui il suo cammino artistico e soffermarci sulla genesi e le ispirazioni di questo nuovo lavoro.
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Foto di Franco Silvestri |
Partiamo da lontano, puoi raccontarci il tuo percorso formativo? Come ti sei avvicinato alla fisarmonica in ambito jazz?
La storia parte dalla mia famiglia dove la fisarmonica è lo strumento che suonava mio nonno e mio padre, per cui la scelta della fisarmonica è stata del tutto naturale. Nella fase di studio mi sono molto appassionato alle composizioni di Wolmer Beltrami, che è stato uno dei più grandi fisarmonicisti di sempre. Il suo stile era di stampo jazzistico, pieno di armonie e spunti tecnici particolari. Altri fisarmonicisti che mi hanno indirizzato verso il jazz sono stati Antonello Salis e Richard Galliano. Ma fu, in particolare, un cd di Dexter Gordon che mi fece innamorare del jazz.
Quali sono i tuoi riferimenti a livello tecnico e stilistico?
Alcuni li ho già citati, poi sicuramente ci sono i grandi del jazz, come Coltrane, Davis, Monk, Barbieri. Negli ultimi tempi ho allargato gli orizzonti attingendo tanto dalla musica classica, dalla musica brasiliana e argentina.
Quali sono le sfide che un fisarmonicista è chiamato ad affrontare in ambito jazz?
Sicuramente la sfida più dura è quella di ricercare sonorità che scardinino l’idea tradizionale della fisarmonica, evolvendo in qualcosa di nuovo. In più, è interessante l’approfondimento dell’armonia usata sia col manuale destro che col sinistro.
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Foto di Andrea Rotili |
Nel corso della tua carriera hai firmato anche alcune colonne sonore. Quanto è stato importante per la tua ricerca stilistica il cinema?
Direi che è stato fondamentale. Soprattutto pensare alla musica come ad una descrizione di paesaggi interiori lo trovo molto affascinante ed è un processo che ormai mi viene spontaneo: ogni volta che suono chiudo gli occhi e immagino qualcosa, quello che viene fuori dalla fisarmonica è la descrizione di quello che vedo nella mente. Per quanto riguarda la ricerca continuo tutt’oggi ad ascoltare i grandi maestri del cinema italiano, come Armando Trovajoli, Ennio Morricone, Piero Piccioni, Piero Umiliani e Nino Rota: l’identità italiana è tutta racchiusa nei loro capolavori.
Come si è evoluta la tua ricerca musicale a partire da “Introducing”?
“Introducing” è fondamentalmente un disco di jazz. Successivamente, complici i miei numerosi viaggi e incontri musicali fortunati, la mia identità artistica è stata contaminata ascoltando, studiando e suonando tantissimi stili di musica diversi.
Nel 2017 hai dato alle stampe “Sincretico” che ti vedeva affiancato dal quartetto Alkemia, Giorgio Vendola e Nando Di Modugno. Ci puoi raccontare la genesi e le ispirazioni di questo disco?

Il tuo nuovo album “Terranima” rinnova la collaborazione con Di Modugno, Vendola e Alkemia. Quali sono le differenze e le identità con il disco precedente?
Con “Terranima" credo di aver maturato un mio stile compositivo, una evoluzione del precedente “Sincretico". In entrambi gli album troviamo composizioni articolate con diversi temi, utilizzando forme musicali di stampo classico, come la Sonata, la Fuga, il Requiem ma sempre con tanto spazio dedicato all’improvvisazione dei vari strumenti. La differenza sostanziale riguarda l’ensemble, in Terranima sono presenti i musicisti da te citati più le percussioni e un quartetto di fiati. Tutti musicisti incredibili!
Nel titolo “Terranima” hai colto il legame con il Salento, quali sono le ispirazioni profonde alla base del disco?

Quanto è stato importante il confronto con la tradizione musicale salentina e con le suggestioni di questa terra?
Credo di aver già risposto in parte nella domanda precedente, aggiungo che nella ricerca dei ritmi ho cercato quanto più possibile di avvicinarmi ad un suono che ho nella memoria, di quando ero piccolo e mio padre mi portava alle serenate nelle campagne. In questo senso la scelta del tamburello si è rivelata vincente, il connubio con la fisarmonica ci riporta verso questa memoria e Pino Basile ha saputo collegare la tradizione del tamburello con l’innovazione, quello che lui fa è davvero interessante.
Al disco ha collaborato Gabriele Mirabassi quanto è stato determinate il suo contributo nella ricerca di nuove soluzioni timbriche e melodiche?
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Foto di Carlo Maradei |
Gabriele Mirabassi è determinante in ogni cosa lui faccia, ho una stima totale nei suoi confronti. E’ un musicista preparatissimo, ha il dono di riuscire ad immedesimarsi in pochi attimi in brani e atmosfere altrui con estrema facilità. In studio di registrazione spesso il suo parere è stato determinante nella scelta delle dinamiche e anche sulla tracklist mi ha dato una grossa mano.
Come si è evoluto il tuo approccio alla composizione e all’improvvisazione negli anni?
Della composizione ho già parlato. Riguardo l’improvvisazione vado sempre ricercando ed evolvendo. Fortunatamente non mi accontento mai e cerco sempre qualcosa di nuovo, sono convinto che per un musicista la ricerca è fondamentale. Rispetto al passato prediligo più delle frasi melodiche, e anche li, chiudo gli occhi e mi lascio trasportare da ciò che “vedo”.
Ho avuto il privilegio di vedere “Sincretico” dal vivo al Talos Festival. Come sarà “Terranima” sul palco?
Ho un bellissimo ricordo di quel concerto e ringrazio ancora la famiglia Minafra per la splendida opportunità. Organizzare certi festival in Italia sta diventando complicato, ma loro sono davvero forti! “Terranima” credo avrà ancora più impatto emotivo, non fosse altro per il numero di musicisti coinvolti, in 12 la massa sonora è davvero tanta. L’altra differenza è che in “Terranima” il fattore “danza” è ancora più evidente che in “Sincretico” e il ritmo si sa, genera sempre emozioni.
Concludendo quali sono i tuoi progetti futuri? Cosa bolle in pentola?
A breve registrerò un album in duo con Javier Girotto, ci siamo già esibiti in diversi festival in Italia e anche all’estero e un album è ormai necessario. Poi c’è dell’altro, ma per scaramanzia resto in silenzio per ora.
Vince Abbracciante – Terranima (Dodicilune/I.R.D., 2019)
