Daniele di Bonaventura Band’Union – Garofani Rossi (Tûk Music, 2019)

Foto di Valentinas Ryckovas
Formatosi in Conservatorio studiando pianoforte e violoncello, Daniele di Bonaventura ha incrociato il suo cammino con il bandoneon durante un viaggio in Argentina e da quel momento ha intrapreso un personale percorso di ricerca che lo ha portato a diventare uno dei bandoneonisti più raffinati ed originali della scena jazz italiana ed internazionale. Nel corso degli hanno ha dato alle stampe oltre novanta album e messo in fila numerose collaborazioni con artisti come Oliver Lake, David Murray, Omar Sosa, Enrico Rava, Stefano Bollani e Paolo Fresu, ed in parallelo ha dato vita al progetto Band’Union, quartetto nato oltre un decennio fa dalla collaborazione con Felice Del Gaudio, Alfredo Laviano e Marcello Peghin. Proprio con questa formazione ha inciso il pregevole “Garofani Rossi”, album pubblicato inizialmente in tiratura limitata unicamente per la vendita online e durante i concerti e recentemente ristampato in occasione del 25 aprile dalla Tǔk Music di Paolo Fresu per la sezione Reloaded. Dedicato alla figura del giornalista e foto-reporter Mario Dondero, il disco la riscrittura in chiave jazz di dieci brani, scelti tra canti politici e di lotta, legati ai movimenti rivoluzionari che, nel mondo, hanno rappresentato importanti svolte politiche e sociali. Abbiamo intervistato il musicista fermano per approfondire insieme a lui questo nuovo album, soffermandoci sulle ispirazioni, le fasi realizzative e la risposta da parte del pubblico.

Foto di Lisa Miniussi
Ci puoi raccontare la genesi del progetto Band'Union?
Band’Union è un quartetto che esiste da più di quindici anni ed è nato dalla collaborazione con Felice Del Gaudio e Alfredo Laviano prima quando suonavo con il gruppo di Felice e poi nello stesso tempo frequentavo un gruppo in Sardegna in cui suonava Marcello Peghin. Decisi allora di formare un mio gruppo con chitarra, contrabbasso e percussioni ed io al bandoneon. Da allora non ci siamo più mollati e abbiamo pubblicato quattro dischi, oltre alla parte professionale ci lega molto la nostra amicizia.

Come ha preso vita l'idea di rileggere in chiave jazz i canti e le musiche della Resistenza?
Un importante festival della letteratura in Germania ci hanno invitato a fare un concerto chiedendoci in anticipo se avremmo potuto fare qualche brano della resistenza, così ho accettato e mi sono messo ad arrangiare i primi brani quelli simbolo della resistenza e a mano a mano l’idea mi è piaciuta tanto che mi sono allargato ai brani delle rivoluzioni e così abbiamo creato un vero e proprio progetto su questo tema. 

Da dove è nata la scelta di dedicare al foto-giornalista Mario Dondero che con le sue immagini ha documentato gli eventi culturali e sociali degli ultimi Cinquant'anni, oltre ad essere stato protagonista della resistenza. 
Mario Dondero è stato un mio caro amico e viveva a Fermo vicino casa mia, quando stavamo insieme si metteva sempre a cantare o “Bella Ciao” o “l’Internazionale” ed io lo accompagnavo al bandoneon, passavamo delle serate splendide. Quando stavo lavorando agli arrangiamenti ho pensato sempre a lui e che sarebbe stato bello dedicargli il disco, ne sarebbe stato fiero e orgoglioso, visto che oltre ad aver partecipato alla resistenza ha sempre combattuto per la libertà in tutti i sensi.

Come hai selezionato i brani da rileggere?
Foto di Andrea Rotili
Sono partito ovviamente con Bella Ciao ormai divenuto il canto simbolo della resistenza nel mondo e l’altro brano della resistenza italiana come Fischia il Vento, poi ho iniziato a pensare di allargare il repertorio con i canti delle rivoluzioni nel mondo e sono finito a scovare canti dal Portogallo alla Spagna, da Cuba al Messico, insomma è stato un lavoro molto stimolante.

In che modo si è indirizzato il vostro lavoro in fase di rilettura e riarrangiamento dei brani?
Ho scelto ovviamente le canzoni che mi permettevano di poter rimetterci le mani riarmonizzandole in un certo modo e quelle canzoni che avevo una forte e spiccata linea melodica, poi pensando al sound nel nostro quartetto ho rielaborato i brani al fine di renderli più strumentali possibile e più dinamici.

Quali sono state le difficoltà che hai incontrato nel riscrivere in linguaggio jazz le melodie tradizionali?
Non ho avuto molte difficoltà, il lavoro è andato avanti con molta naturalezza e i brani si sono prestati moltissimo al nostro linguaggio, ovviamente la cosa più interessante è stato rielaborare pensando ai musicisti con cui suono da moltissimi anni. Quando conosci bene i musicisti con sui suoni e condividi la musica poi gli arrangiamenti vengono quasi da soli.

Quanto è stato determinante nella definizione del sound il contributo di Marcello Peghin alla chitarra, Felice Del Gaudio al contrabbasso e Alfredo Laviano alle percussioni?
Assolutamente determinante! Se non avessi con me al mio fianco Marcello, Felice ed Alfredo non sarebbe uscito un disco così forte e con un sound così personale. Loro contribuiscono alla realizzazione dell’opera con le loro idee con il loro tocco e personalità. Sono musicisti straordinari che si mettono in funzione della musica e del gruppo, conoscono benissimo ormai la forza di questo quartetto, unico direi, e quindi sanno come intervenire e non intervenire ormai ci conosciamo così bene che non abbiamo bisogno di dirci nulla, solo di suonare.

Ascoltando il disco ciò che colpisce è come il bandoneon riesca ad evocare in modo straordinario la voce. Quali accorgimenti timbrici e melodici hai utilizzato per cogliere questo obiettivo?      
Il bandoneon è uno strumento molto espressivo e molto vicino alla voce, infatti quando suono una melodia mi sembra sempre di cantare e quindi mi viene molto naturale esprimermi come un cantante ed una voce. Il timbro di questo strumento è incredibile e nonostante che lo suoni da molto tempo per me è sempre emozionante come la prima volta. Il discorso di eseguire questi brani strumentalmente è stata la vera sfida più importante. Siamo abituati a sentire questa musica sempre cantata e la conosciamo proprio per i loro testi importanti e per quello che ha rappresentato nella storia. 
Foto di Giannetti
In questo disco non si avverte l’assenza del testo, mi sembra che suonati e riarrangiati in questo modo non perdono la loro forza, sembrano brani nati strumentalmente e ci piace suonarli come se fossero delle vere perle musicali. Penso ci siamo riusciti!

Il disco è stato pubblicato inizialmente come autoproduzione e venduto solo ai concerti. Come mai hai deciso per una pubblicazione su scala più ampia?
Il disco è stato autoprodotto all’inizio perché volevamo portarlo al Festival in Germania che ci aveva invitato, quindi abbiamo fatto una corsa per registrarlo e stamparlo, mai ho registrato e pubblicato un disco nell’arco di un solo mese, è stato un record. Poi quando ho rivisto Paolo Fresu in uno dei tanti nostri concerti in duo mi sono ritrovato una copia del disco nella custodia del bandoneon e gli ho detto: “guarda ho fatto un lavoro con Band’Union sui canti della resistenza e delle rivoluzioni” dopo averlo visto e nemmeno ascoltato mi ha risposto: “sarebbe bello pubblicarlo con la Tuk Music nella sezione Reloaded, se vuoi lo pubblichiamo per il prossimo anno in occasione del 25 aprile” e così è stato.

Concludendo. Il pubblico come ha accolto questo progetto dal vivo?
In maniera entusiasmante direi. Tutte le volte che proponiamo questo progetto la gente rimane veramente sorpresa, un concerto interamente dedicato a questi canti è una proposta molto originale e rara e il pubblico rimane incantato anche perché durante il live ovviamente i brani diventano sempre più ricchi della nostra musica e noi ci divertiamo anche ad inserirci dentro tutto il nostro mondo musicale. Una sorta di working in progress, e poi in questo periodo storico ce né molto bisogno di Resistenza.



Daniele di Bonaventura Band’Union – Garofani Rossi (Tûk Music, 2019)
#CONSIGLIATOBLOGFOOLK 

Fotoreporter e prima ancora, durante la Seconda Guerra Mondiale, partigiano in Val d'Ossola, Mario Dondero ha raccontato, attraverso i suoi scatti, cinquant'anni di storia politica, sociale e culturale: dalla Primavera di Praga alla caduta del Muro di Berlino, dal maggio francese alla rivoluzione dei garofani in Portogallo. Daniele di Bonaventura era legato al fotografo milanese da un rapporto di grande amicizia e, quando alla fine del 2015, quest’ultimo venne a mancare Fermo, la sua città di adozione, lo ricordo con una cerimonia laica intensa e sentita. Al termine, il bandoneonista marchigiano, si inginocchiò vicino alla bara, e ricordò il suo amico con una intensa e commossa versione de “L’Internazionale”. Due anni dopo, di Bonaventura venne invitato con Band’Union a tenere un concerto durante la rassegna tedesca Wege durch das Land Literatur- & Musikfest in Ostwestfalen-Lippe di Detmold e in quell’occasione gli fu chiesto di suonare alcuni canti della Resistenza. Maturò, così, l’idea di realizzare un intero disco che raccogliesse le riscritture in chiave jazz di canti legati ai movimenti rivoluzionari di tutto il mondo. Seguirono ricerche e rielaborazioni con Band’Union, il quartetto composto da Marcello Peghin (chitarra dieci corde), Felice Del Gaudio (contrabbasso) e Alfredo Laviano (percussioni) e, di lì a poco, prese vita “Garofani Rossi” album, recentemente ristampato dalla Tûk Music per la serie Reloades e dedicato alla memoria di Mario Dondero. Accolti dalla copertina con la foto scattata dal reporter lombardo nel 1974, durante la rivoluzione dei garofani in Portogallo, il disco ci conduce alla scoperta di dieci brani frutto di una selezione tra i materiali originali, operata in base alle possibilità di svilupparne melodia ed armonia. La cura per le architetture sonore e gli arrangiamenti hanno donato nuova vita ai canti, riattualizzandoli ed esaltando la loro potenza evocativa e narrativa. In questo senso il bandoneon e la chitarra tessono trame sonore di rara intensità, incorniciate dall’impeccabile sezione ritmica, che rimandano alle voci e nel contempo disvelano lo spirito originario che animava i canti. L’ascolto è, dunque, un viaggio che riannoda i fili del tempo, un viaggio della memoria tra presente, passato e futuro alla riscoperta del senso di appartenenza, dell’importanza dei diritti civili e della necessità di combattere per un mondo migliore. Aperto dalla bella versione di “Hasta Siempre Comandante” che Carlos Puebla dedicato ad Ernesto “Che” Guevara, il disco entra nel vivo con la rilettura densa di lirismo di “Bella Ciao” a cui seguono “Fischia il vento” e “L’Internazionale” in due rese superbe e ricche di poesia. Se l’inno cileno “El pueblo unido jamàs sarà venicido” brilla per il suo crescendo strumentale e per la ricercatezza della linea melodica, la successiva “Grandola Villa Morena” ci riporta alla Rivoluzione dei Garofani aprendo la strada al canto messicano “El soldato del levita”. Verso il finale arrivano “Hasta Siempre” e la struggente “El quinto regimiento” che fanno da preludio al finale con la solenne e lenta “Il canto dei lavoratori”. Insomma “Garofani Rossi” è un omaggio alla canzone politica che rifugge la retorica della banalità e conferma la grande attenzione che la Tǔk Music ripone nell’esigenza dell’impegno civile e politico.



Salvatore Esposito

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