
Sono passati cinque anni dal tuo album di debutto "Bestiari(o) familiar(e)". Come si è evoluto in questi anni il tuo approccio al songwriting?

Dal punto di vista musicale come si è indirizzata la tua ricerca sonora?
Ho viaggiato molto, in questi anni, e quanto più mi sono allontanato dal posto dove sono nato e cresciuto, tanto più ho sentito il bisogno di ritornare ai suoi suoni, ma con un bagaglio pieno di tradizioni musicali rintracciate altrove. La mia musica non è mai partita da Napoli. Ma viaggia costantemente verso essa.
Come nasce il tuo nuovo album "Atacama!"?
Dopo averlo desiderato per molti anni, e dopo aver tanto studiato, per la mia formazione di filologo e latinoamericanista, sono approdato in Sudamerica, con un viaggio-tour durato due mesi. Dall'isola di Chiloé sono arrivato fino a Santo Domingo, cantando in Argentina, Uruguay, Repubblica Domenicana e Cile.

Quali sono le differenze sostanziali con i due dischi precedenti?
Ce ne sono tante e io credo sia molto onesto da parte di un artista mostrare un'evoluzione (non necessariamente qualitativa). In questo disco mischio ai suoni della tradizione musicale italiana quelli di altre culture musicali, prettamente latinoamericane.
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Foto di Jonatan Martinez |
Cumbia, Diablada, Vals peruano. Ma sotto al mio deserto inventato c'è sempre la lava del Vesuvio.
Ci puoi raccontare quali sono state le ispirazioni alla base del disco?
È un disco con un sincero (almeno spero sia compreso così) spirito di denuncia. Racconto storie di quelli nati sulla riva sbagliata del mondo, come canta mia nonna 'Ntonietta nella prima traccia. Musicalmente volevo tentare di interpretare in chiave mediterranea il folklore di altre latitudini culturali.
Il disco è stato registrato tra Cile, Spagna e Italia. Quanto ha influito questa gestazione in movimento nel risultato finale?
Tantissimo. È il disco di un viaggio. Tanto che, a corredo di queste canzoni, ho pubblicato anche una docu-serie sulla sua gestazione. Si trova sul mio canale youtube.
Per gli arrangiamenti dei brani hai lavorato con diversi musicisti tra cui Giovanni Block, Toni Pagès, Rocco Papìa, Bruno Tomasello e Luigi Esposito. Da dove nasce questa scelta?

Alle registrazioni hanno partecipato Manuel Garcìa e Marta Gòmez, ma anche numerosi musicisti della scena napoletana. Quanto è stato importante il loro contributo?
Sono state grandi soddisfazioni. Anche se in Italia i loro nomi non sono conosciuti, ci tengo a dire che Manuel García è considerato il nuovo Victor Jara in Cile. E dopo il nostro incontro, a Santiago mi ha dato la possibilità di cantare davanti a più di settemila persone. Marta Gómez ha vinto vari Latin Grammy ed è una delle voci protagoniste della World Music di tutta Latinoamerica. Le sorprese da capogiro, in questo disco, per me non sono nemmeno finite quando ho smesso di registrarlo. Perché poi ho ricevuto la chiamata di un artista considerato la vera stella del flamenco attuale. Mi ha chiesto di poter cantare una delle canzoni del disco insieme a lui. E io mi sono precipitato a Malaga per incontrarlo. Il singolo uscirà il 21 giugno.
"Atacama!" è un viaggio interiore che racconta il ritorno verso casa. Quali sono state le difficoltà che hai incontrato in questo cammino?
Non c'è niente di facile nella vita di un artista indipendente. Soprattutto quando non ci si dedica alla musica per puro diletto, ma la si vive come uno strumento di trasformazione personale. E di sopravvivenza.
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Foto di Marta Pich |
Ami definirti cantascrittore, quanto è importante raccontare una storia attraverso la forma canzone?
No. Devo sempre ripeterla, questa cosa. E ormai mi ruba sempre qualche risata. Non amo definirmi affatto. Tengo troppi ccose 'a fa'. Sono gli altri, quelli che mi definiscono. E se mi definiscono cantascrittore è perché il mio lavoro sono i romanzi e le canzoni. Voilà. Detto questo, ti rispondo che certamente è essenziale.
Quali sono le storie che racconti in "Atacama!"?
Parlo di bambini privati della propria infanzia, di deserti che diventano case, di canzoni del "pueblo", di viaggi disperati per cercare di prosperare lontanti dal posto in cui si è nati, di guerre e amori che si guardano allo specchio.
Hai già avuto modo di presentare il disco dal vivo. Come si evolvono i brani sul palco?
“Atacama!” è stato presentato in anteprima al Mercat de Música Viva di Vic (in Catalogna) e da lì è partito un tour che ha già toccato le città di Girona, Madrid, Cádiz, Bilbao, Huesca, Barcellona.
A giugno lo porto a Napoli, Salerno e Sorrento. I musicisti sul palco in Italia non sono gli stessi che mi accompagnano in Spagna. Per questo immaginerai quanto possa cambiare una canzone.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Continuo a girare, oltre che col disco, con un recital tratto dal romanzo che ho da poco pubblicato con Fandango, "La notte non vuole venire". In esso rileggo i brani della più grande cantante napoletana migrante, Gilda Mignonette. Ma non in maniera filologica. Sul palco con me, due violoncelli, un'attrice e degli audiovisivi. Intanto lavoro a un paio di cose in contemporanea: un romanzo che racconta la turbolenta relazione dei fratelli Mendelssohn e un disco interamente in italiano.
Alessio Arena – Atacama! (Apogeo Records/Upside, 2019)

Salvatore Esposito