Yellowjackets – Raising Our Voice (Mack Avenue Records/EGEA, 2018)

Nati nel 1981 come evoluzione del The Robben Ford Group, formazione guidata dal chitarrista losangelino nella quale militava il tastierista Russell Ferrante, gli Yellowjackets sono una delle band fusion più longeve e creative della storia del jazz. Dopo il grande successo dell’album di debutto omonimo, considerato una delle pietre miliari della electric fusion, e di “Mirage a Trois” del 1983, il gruppo, ha resistito agli abbandoni di Robben Ford (dedicatosi alla sua attività come solista) e del sassofonista Marc Russo (entrato definitvamente nei Dobbie Brothers), proseguendo la sua evoluzione stilistica verso sentieri più marcatamente jazz, senza mai abbandonare le proprie basi artistiche. Fondamentale in questo senso è stato l’ingresso nella line-up nel 1991 del sassofonista Bob Mintzer il quale in breve tempo è diventato il fulcro delle esplorazioni sonore, compositive ed armoniche della band, indirizzate verso un approccio al jazz che esalta la varietà cromatica di suoni e timbri. Nell’arco di oltre trent’anni di attività il gruppo ha messo in fila concerti il tutto il mondo e pubblicato oltre venticinque dischi tra i quali meritano una citazione “Dreamland” del 1995, “Blue Hats” del 1997, “Altered States” del 2005 e i più recenti “A Rise in the Road” del 2013 e “Cohearence” del 2016. A distanza di due anni da quest’ultimo, gli Jellowjackets tornano con “Raising Our Voice”, album sposta ancora più avanti i confini delle loro ricerche sonore coinvolgendo la talentuosa cantante Luciana Souza che ha partecipato alle registrazioni di sette. “Sono dei killers. Sono così seri ma anche così divertenti”, racconta nelle note di copertina la cantante brasiliana, “Abbiamo riso molto durante le sessioni. La loro curiosità è viva e la loro massima ambizione è fare buona musica. Inizialmente avrei dovuto collaborare solo in tre canzoni, ma alla fine ho partecipato ad oltre metà del disco”. A differenza del precedente le cui composizioni erano già state rodate dal vivo, questo nuovo disco ha preso vita in studio, come racconta Ferrante: “Tra l'ultimo album e questo non abbiamo suonato molto dal vivo, quindi per la maggior parte questi brani sono stati ripresi in studio e si sono arricchiti grazie alla chimica con Luciana”. Composito da tredici brani il disco propone un intrigante viaggio sonoro che prende le mosse dalla nuova e superba versione di “Man Facing North” da “Like a River” del 1993 e qui proposta impreziosita dagli eleganti vocalizzi della Souza e si dipana attraverso composizioni di rara bellezza ed intensità come “Mutuality”, ispirata dal discorso “Network Of Mutuality” di Martin Luther King e l’elegante “Everyone Else is Taken”, entrambe firmate da Ferrante. Si prosegue con la bella sequenza composta da “Equador” e “Strange Time” composte da Mintzer e nelle quali spicca il perfetto interplay tra il sax e il pianoforte d Ferrante, magistralmente sostenuto dalla brillante sezione ritmica con Dane Alderson al basso e William Kennedy alla batteria. Il frammento elettronico “Emerge” ci introduce a quei due gioiellini che sono “Timeline” e la ballad “Quit” entrambe caratterizzate dalla partecipazione della Souza. La sinuosa melodia di “Divert” e la trascinante “Brotherly” che fotografa in modo impeccabile quello che sono gli Yellowjackets oggi, ci accompagnano verso il finale in cui la swingante “Swing With It” e la misteriosa “In Search of” fanno da perfetto antipasto per il vertice del disco “Solitude” nata dalla collaborazione tra Ferrante e la Souza con quest’ultima autrice di una prova vocale di assoluto fascino. Insomma “Raising Our Voice” è un'altra imperdibile tappa del percorso artistico degli Jellowjackets e siamo certi che il futuro riserverà altre sorprese. Del resto Mintzer parlando del disco ha sottolineato: “Non ci sono barriere. Siamo liberi di provare nuove cose senza rendere la musica eccessivamente complessa. Dico sempre che questa è la band in cui ho sempre sognato di suonare. Vedremo dove andremo dopo”


Salvatore Esposito

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