The Turbans – The Turbans (Six Degrees Records, 2018)

Con un debutto decisamente singolare e poliedrico, i The Turbans si lanciano sulla scena world con energia, entusiasmo e voglia di sperimentare, proponendo un mix di klezmer, gypsy, balcanica e rock che affascina per varietà sia musicale che culturale. Con membri provenienti da Iran, Grecia, Israele, Turchia, Bulgaria, Spagna ed Inghilterra, la band è poliglotta letteralmente ed ancor più musicalmente. Il progetto nasce dall’incontro tra Oshan Mahony, chitarrista della band, e Darius Luke Thompson, violino, a Kathmandu. Al duo si aggiungono il chitarrista Miroslav Morsky, pop star Bulgara sotto lo pseudonimo di Django Ze, il cantante greco Pavlos Mavromatakis, Pablo Dominguez al cajon e alla chitarra classica, il chitarrista israeliano Moshe Zehavi ed il bielorusso Maxim Shchedrovitzki all’oud. Sette anni dopo i Turbans debuttano nelle venues di tutto il mondo: non solo Europa e Nord America, ma anche Medio oriente, india e Hong Kong. L’album si apre con il singolo “Riders” di cui la band ha rilasciato un video. Celebrando l’anima nomade comune a tutti i membri, il singolo ha radici profonde nella tradizione balcanica e una conseguente verve festaiola e ballerina con eccellenti melodie suonate spesso all’unisono da fiati e cordofoni. Morsky propone due gemme: “Sinko Moy” e “Samia.” Il primo, registrato con The London Bulgarian Choir, delinea ed espone il vortice di sentimenti scaturiti dall’abbandono della famiglia in terra natia per problemi di visto (Sinko Moy significa letteralmente figlio mio), ma senza mai trasmettere tristezza. La chitarra, più chiaramente rock, lo stile melodico, l’arrangiamento e soprattutto il coro bulgaro nei ritornelli rispolverano sintagmi della cultura musicale Est Europea. “Samia”, invece, celebra la moglie e la vita di coppia con un coinvolgente 9/8, ritmo tipico della tradizione, ballerino e al contempo sbilenco. “Aman” strega con un’introduzione di chitarra flamenco seguita dall’ingresso della voce e un testo misto in greco e spagnolo. L’arrivo dell’intero organico, che riporta l’ascoltatore al centro del vortice culturale che la band crea più volte in questo cd, loda la ed esalta la natura gioiosa del flamenco. “Hamouda” e “Chubby” vedono la partecipazione di Simo Lagnawy al guembri, liuto basso marocchino. Conosciuto a Londra come ‘Gnawa Master Of London’, Lagnawy aggiunge sapore africano alla già variegata miscela. “Hamouda” è un breve pezzo, tipicamente Gnawa, che introduce la più complessa “Chubby”, canzone palpabilmente magrebina che culla l’ascoltatore con melodie festose sorrette dallo scheletro poliritmico tipico di questa tradizione. Per gli amanti del genere, “Madhavski Horo” è la cristallizzazione dell’anima klezmer e balcanica della band. Il pezzo è incredibilmente ricco sia ritmicamente che melodicamente e declina, variazione dopo variazione, non solo il linguaggio tipico del genere ma anche il dialetto adottato dal gruppo. L’album si chiude con “Hackney”, pezzo vagamente rock e cantato in inglese che celebra il noto quartiere multietnico di Londra. Ricco di arte e punto di incontro culturale, è stato zona di passaggio per tutti i componenti della band che risiede tuttora, per sei mesi l'anno, nella capitale Inglese. Un eccellente primo lavoro che colpisce per stravaganza e varietà. I The Turbans sanno trasmettere tutta l'energia della musica Est Europea, innovandola e mescolandola con influenze multiple nate dall'incontro ci molte anime ed identità. Un debutto di questo livello lascia solo forti speranze per il futuro.


Edoardo Marcarini

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