Patrimoni molisani. Intervista ad Antonietta Caccia del Circolo della Zampogna di Scapoli

Il Molise รจ un’area da non sottovalutare nรฉ sul piano della ricerca etnomusicologica, che ha visto operare importanti studiosi italiani e internazionali (Cirese, Carpitella, Baines, Alan Lomax, Leydi, Guizzi, Tucci, Agamennone), nรฉ tantomeno sulla presenza di un articolato movimento di pratica delle musiche di tradizione orale, con tanti musicisti aperti anche a fruttuose contaminazioni. All’interno della sonosfera regionale, com’รจ noto, la zampogna occupa un ruolo di primo piano, divenuta non soltanto un emblema locale, per la presenza di costruttori e di generazioni di suonatori popolari, ma anche strumento centrale in un laboratorio culturale che ha interessato diverse aree del territorio, a partire dal borgo di Scapoli nella provincia di Isernia. Dici Scapoli e pensi subito agli artigiani costruttori di aerofoni e, naturalmente, a quel Circolo della Zampogna promotore, da poco meno di tre decenni, di eventi culturali a largo raggio, che hanno messo al centro gli aerofoni popolari come strumenti musicali della contemporaneitร . Negli anni, numerose sono, infatti, le iniziative messe in atto dall’associazione, a cominciare dal Festival-Mostra Mercato Internazionale della Zampogna, che per lungo tempo (fintantochรฉ รจ stato organizzato dal Circolo) รจ stato uno degli eventi piรน importanti del folk in Italia. Poi, ci sono le attivitร  permanenti: la creazione del centro di documentazione e la mostra permanente sugli aerofoni popolari, le produzioni editoriali, discografiche, multimediali e concertistiche. Antonietta Caccia, presidentessa e anima combattiva del Circolo molisano, รจ da sempre impegnata in prima linea per portare avanti le ragioni della zampogna. Non da ultimo, la proposta di inserire l’arte del costruire e suonare la zampogna nella Lista Unesco del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanitร , operazione che come sappiamo quando si parla di conservazione di feste e rituali porta in sรฉ non poche ambiguitร . “Blogfoolk” ha raggiunto Caccia per discutere con lei non soltanto delle attivitร  di studio e promozione culturale del Circolo nella traiettoria che dal 1990 arriva ai giorni nostri, ma guardando al mondo zampognaro di oggi e quanto succede nel piccolo ma vitalissimo Molise.

Quando nasce il Circolo della Zampogna? Cosa รจ diventato oggi dalle sue origini?
Il Circolo della Zampogna nasce a Scapoli alla fine del mese di novembre 1990; in un altro secolo, in un altro contesto, zampognaro e non solo, e con l’intento, come recitava un nostro slogan dell’epoca, di «traghettare la zampogna nel terzo millennio, attualizzandola ma senza farle (possibilmente) perdere la sua anima». 
Al suo apparire sulla scena non furono molti (inclusi noi stessi fondatori) a scommettere sulla capacitร  dell’associazione non solo di incidere in maniera significativa sulla sopravvivenza e sullo sviluppo di uno strumento musicale abbastanza “usurato” nella considerazione dell’opinione corrente, quale la zampogna,  ma perfino di durare per un lasso di tempo ragionevole. Invece, a distanza di quasi 28 anni il Circolo non solo รจ ancora vivo ma รจ riuscito ad ampliare il suo raggio d’azione e la sua sfera di interesse (nonostante gli intralci che gli sono stati e gli vengono tuttora frapposti) ed รจ oggi una delle nove associazioni italiane – ONG nel linguaggio unescano – su  un totale di 176 che a livello internazionale sono attualmente accreditate dall’UNESCO per esercitare una funzione consultiva presso il Comitato Intergovernativo della Convezione sulla salvaguardia del patrimonio culturale immateriale adottata nel 2003 dall’organismo delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura e ratificata nel 2007 dal Parlamento italiano. Tra l’associazione locale nata dall’entusiasmo di  un piccolo gruppo di promotori pieni di voglia di fare, in un paesino di poche centinaia di anime in una regione “nascosta” e marginale di un’ Italia anch’essa interna e marginale, tra il soggetto culturale che nel volgere di pochi mesi dalla sua nascita riuscรฌ a varcare i confini regionali e nazionali conquistando soci, simpatizzanti, estimatori in tutta Italia, in quasi tutti i Paesi europei ed oltre, e la ONG che dal 2012 sta portando la zampogna e la sua esperienza nel contesto internazionale di un ente prestigioso come l’UNESCO c’รจ una lunga storia; una storia che comunque la si voglia giudicare, si intreccia e per certi versi fa tutt’uno con il revival e con l’evoluzione che la zampogna ha fatto registrare negli ultimi decenni. Le cose da dire al riguardo, anche in termini autocritici, sarebbero tante;  ma non mi pare il caso di approfittare oltre misura della gentile ospitalitร  di “Blogfoolk”. Comunque, chi fosse interessato ad approfondire il nostro percorso che รจ in gran parte anche il percorso della zampogna nel corso degli ultimi tre decenni, puรฒ farlo sia attraverso il nostro sito web (www.zampogna.org) sia consultando la nostra rivista “Utriculus”. 

Sono quasi tre decenni in cui, anche grazie alla collaborazione e all’intervento di musicisti locali e non, la zampogna si รจ aperta a nuove musiche, sperimentazioni e interazioni sonore. 
Se sotto alcuni aspetti il Circolo รจ lo stesso di 28 anni fa – stessi gli obiettivi di salvaguardare la zampogna e promuoverne la conoscenza e la trasmissione alle giovani generazioni, medesimi l’impegno e la passione nel portarli avanti – nel mondo della zampogna, invece, sono intervenuti notevoli e importanti cambiamenti. Innanzitutto, sotto l’aspetto dell’organologia dello strumento e del suo repertorio al cui riguardo non posso qui non ricordare le innovazioni apportate da Piero Ricci e Lino Miniscalco a partire dalla fine degli anni ‘90 e quelle piรน squisitamente di tipo musicale di Emanuele ‘Nico’ Berardi e di Giuseppe ‘Spedino’ Moffa, tanto per citare i musicisti molisani o che, come Berardi,  utilizzano strumenti di provenienza molisana. Poi, in termini di ripresa generale dell’attivitร  di costruzione e dell’uso di zampogne e ciaramelle in tutto il centro sud, con la nascita di associazioni culturali, di nuovi gruppi ed esperienze musicali, di musei, di festival e rassegne di vario tipo e con la riscoperta e la diffusione della pratica di questi strumenti in realtร  territoriali in cui questa era scomparsa da tempo o non era mai stata presente in forma autonoma. Penso alla rifioritura della zampogna in Abruzzo, a un piรน diffuso protagonismo in Campania e a quello inedito della Puglia, regione che storicamente non aveva evidenziato una sua tradizione zampognara e che oggi, oltre alla ‘stranezza’ dell’anomala zampogna di Panni (nel foggiano) fa registrare un discreto numero di appassionati e praticanti dello strumento oltre ad espressioni di assoluto rilievo come il citato Berardi. Lo strumento sta dunque vivendo una nuova, felice stagione in cui oltre che protagonista di occasioni d’uso e repertori tradizionali sia religiosi che profani (che persistono a dispetto di quanti ne avevano preconizzato e continuano a preconizzarne la scomparsa) รจ stata oggetto, con esiti complessivamente di grande interesse e valore artistico, di  sperimentazioni,  contaminazioni e composizioni ad esso dedicate che agli inizi degli anni ’90 del secolo scorso  non erano neanche lontanamente immaginabili. 
Penso, limitando sempre l’esempio ad alcune consolidate esperienze molisane o comunque legate al Molise, alla zampogna e orchestra e all’ensemble La Mainarda degli anni 2000-2002, il cosiddetto “triennio felice” del Festival di Scapoli, alla Zampognorchestra di Giuseppe ‘Spedino’ Moffa con il suo motto “in rock we trust”, passando per le pioneristiche nuove sonoritร  degli strumenti di Piero Ricci,  le composizioni di Nico Berardi,  il sound della sordellina molisana di Lino Miniscalco. E qui non apro il capitolo della vitalitร  del grande patrimonio costituito dalla tradizione della zampogna nel Lazio, in Basilicata, in Calabria e in Sicilia, rivitalizzata e ‘ringiovanita’, sia pure in misura diversa da regione a regione, tanto sotto il profilo della costruzione quanto della pratica musicale.

Perรฒ la zampogna nell’immaginario collettivo รจ ancora strumento oleografico. Magari affettivo per i piรน attempati, ma in fin dei conti quasi del tutto sconosciuto…
Nonostante l’innegabile sdoganamento di cui la zampogna รจ stata oggetto, nell’immaginario collettivo la reale conoscenza e la considerazione di questo strumento ancora oggi ancora non si discostano molto da quelle che registravamo agli inizi della nostra attivitร . Per la gran parte delle persone, infatti,  essa continua ad essere uno strumento un po’ cosรฌ, da questuanti a volte anche un po’ troppo fastidiosi e talvolta stonati, magari anche  suggestivo, evocativo di atmosfere bucoliche, ma in definitiva espressione di un mondo, quello dei contadini, che non solo appartiene al passato ma che  nella cultura “ufficiale” รจ stato sempre considerato povero e arretrato. Una visione che abbiamo l’opportunitร  di verificare anche nella gestione quotidiana della Mostra Permanente di Zampogne italiane e straniere che il Circolo ha istituito a Scapoli alla fine del 1991, che รจ oggetto di visita non solo da parte di appassionati e/o addetti ai lavori ma anche di un pubblico generalista. Una visione solo in parte riscattata dal legame che lo strumento ha con il Natale, evento al quale continua ad essere innegabilmente associato. 
Quest’ultima circostanza non ci dispiace ed รจ ad essa che dobbiamo in gran parte la sopravvivenza dello strumento, ma รจ innegabile che ha finito con il ghettizzare la zampogna nel perimetro del periodo natalizio precludendole per lungo tempo la possibilitร  di essere conosciuta (e riconosciuta) come strumento per tutte le stagioni,  per repertori anche diversi dalle pastorali e per tutte le epoche inclusa la nostra.

Dicevi prima della relazione di consulenza con l’UNESCO. Recentemente il Circolo, in rete con altre associazioni, ha rilanciato la proposta di inserire la zampogna nell’elenco del patrimonio immateriale dell’umanitร , patrocinato dall’UNESCO. Quali sono le basi di questa richiesta? Come occorre procedere per portare avanti la candidatura?
Mi fa piacere sentire parlare di rilancio della proposta in quanto ciรฒ mi da l’opportunitร  di  evidenziare che l’idea di candidare la zampogna (piรน correttamente l’arte del costruire e suonare la zampogna) per l’iscrizione nella Lista Unesco del patrimonio culturale immateriale dell’umanitร  risale al 2009 quando, in collaborazione con il Comitato per la promozione del patrimonio culturale immateriale e con il patrocinio dell’Istituto Centrale per la Demo-etnoantropologia, in occasione del Festival di quell’anno organizzammo a Scapoli un’ importante tavola rotonda dal titolo “La zampogna, un patrimonio culturale da salvaguardare” con l’intento dichiarato di creare una rete delle comunitร  della zampogna a cui demandare il compito di  coordinare l’elaborazione del progetto di candidatura da sottoporre al Ministero per i Beni e le Attivitร  Culturali per il successivo inoltro all’Unesco. Per tutta una serie di ragioni che non sto qui ad elencare, quella proposta si arenรฒ. 
Tuttavia, alla base dell’iniziativa vi fu la convinzione, che resta tale ancora oggi,  secondo la quale l’insieme dei  saperi e della pratica, artigianale e musicale, connesso alla zampogna italiana possiede tutti i requisiti che la Convenzione Unesco del 2003 sulla salvaguardia del patrimonio culturale immateriale pone a fondamento della richiesta di iscrizione di un elemento culturale nell’apposita Lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanitร  prevista dalla Convenzione stessa. Riteniamo sia infatti indiscusso che lo strumento con la sacca rappresenti una testimonianza tra le piรน antiche,  ininterrotte ed attuali di un retaggio culturale fatto di musica, di prassi esecutive e rappresentative nonchรฉ di sapere artigianale, trasmesso di generazione in generazione e costantemente ricreato dalle comunitร  di appartenenza quale tratto distintivo della loro storia e della loro identitร .  Riteniamo inoltre, anche sotto il profilo di quanto dicevo prima sulla considerazione dello strumento nella conoscenza e nell’immaginario collettivo, che il riconoscimento da parte dell’Unesco potrร  contribuire notevolmente a rafforzare la consapevolezza del suo valore culturale sia all’interno delle comunitร  in cui lo strumento stesso รจ presente sia presso la collettivitร  in senso piรน lato, favorendone in tal modo la sua migliore salvaguardia,  promuovendo al tempo stesso lo scambio con altre realtร  e il rispetto per la diversitร  culturale e per la creativitร  umana. Sul piano procedurale, la proposta di candidatura deve seguire un iter che si articola in una sequenza di attivitร . Innanzi tutto, anche se la presentazione della candidatura all’Unesco compete allo Stato membro in cui si trova l’elemento culturale di cui si chiede l’iscrizione nella Lista, la richiesta non puรฒ prescindere dal coinvolgimento attivo delle comunitร , gruppi e talvolta singoli individui cui l’elemento appartiene e, di fatto, quasi sempre รจ da loro che promana l’iniziativa. Sulla base di tale principio, sancito dalla citata Convenzione Unesco del 2003, la candidatura  รจ subordinata al consenso libero, preventivo e informato della comunitร , dei gruppi e, se del caso, degli individui di riferimento dell’elemento che si intende proporre e alla partecipazione piรน ampia possibile alla proposta. 
Il consenso e la partecipazione devono essere documentati nel dossier di candidatura. Inoltre, deve essere dimostrato che l’elemento culturale รจ stato preventivamente iscritto in un inventario dello Stato richiedente, con un procedimento di inventariazione anch’esso partecipato dalla comunitร , da gruppi e da rilevanti organizzazioni non governative (ONG) di appartenenza dell’elemento stesso. Considerato che la zampogna, pur presentando caratteristiche fondamentali comuni quali il mono impianto (tutte le canne sono inserite in un medesimo blocco) e la presenza di due canne modulabili,  รจ articolata in una molteplicitร  di tipi e modelli (con chiave e senza chiave, con le canne modulabili di lunghezza pari o diseguale, con ance doppie o semplici, senza o con un numero variabile di bordoni) cui corrisponde una altrettanto articolata distribuzione geografica, ne consegue che sia nella inventariazione che nella formulazione partecipata della candidatura il procedimento si presenta alquanto complesso e forse lungo. Se poi si aggiunge che si รจ valutata, da parte del primo nucleo di proponenti, l’opportunitร  di estendere la rete anche alle cornamuse del Nord Italia, si comprende che tutta l’operazione diventa ancora piรน complessa. Tuttavia,  quale che sarร  il tempo necessario e indipendentemente dal risultato, che auspico positivo ma che non possiamo dare per scontato, credo che questa sia un’iniziativa da portare comunque avanti. E’ un’occasione che dobbiamo cogliere, non per intestarle una medaglia ma per dare alla zampogna, oltre a una piรน ampia visibilitร , quell’ulteriore garanzia di futuro che lo Stato e le comunitร  proponenti, con la presentazione della candidatura e con l’ottenimento dell’iscrizione nella Lista del patrimonio culturale dell’umanitร , si assumono la responsabilitร  di assicurarle. 

Avete preso esempio da altri riconoscimenti per portare avanti la procedura?
L’idea di una candidatura della zampogna prese forma nell’ambito del Comitato per la promozione del patrimonio culturale immateriale, di cui il Circolo fu tra i fondatori nella primavera del 2008, ed รจ innegabile che nel lanciare per la prima volta la proposta un ruolo lo ebbe il riconoscimento della fujara, all’epoca primo esempio di strumento popolare riconosciuto dall’Unesco,  che avevamo ospitato nell’iniziativa autogestita 
denominata “Beni Immateriali in azione, Sonoritร , testimonianze e voci del presente” che come Comitato

organizzammo a Roma, presso il Museo Nazionale della Arti e Tradizioni Popolari, il 30 marzo 2008,  con la partecipazione di una molteplicitร  di associazioni, gruppi musicali e singoli musicisti, esperti e appassionati.  Nell’attuale riproposta, anche se al momento di lanciarla non se ne conosceva ancora l’esito, un ulteriore stimolo รจ stato dato anche dalla candidatura dell’arte musicale e artigianale della  cornamusa irlandese (Uillean Piping); candidatura che si รจ concretizzata con l’iscrizione nella Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanitร  in occasione della sessione del Comitato Intergovernativo della Convenzione Unesco del 2003 tenutasi a Jeju, nella Repubblica di Corea, dal 4  al 9 dicembre 2017.    


Negli ultimi anni la voce del Circolo รจ anche “Utriculus”, il semestrale della vostra associazione culturale, diretto da Mauro Gioielli, che ha tutte le caratteristiche di un periodico di interesse scientifico. Quest’anno รจ il diciassettesimo anno di attivitร . 
Si, dal 2014 abbiamo ripreso la pubblicazione e l’intento รจ quello di proseguire in questa esperienza che riteniamo ancora utile, prioritariamente per la diffusione della conoscenza, la promozione e la salvaguardia della zampogna intesa come aerofono a sacco tipico dell’Italia centro-meridionale ma senza dimenticare le cornamuse sorelle e, piรน in generale, le tematiche legate alla musica e alla cultura popolare. Infatti, nella nuova serie inaugurata nel 2014, quasi un terzo della rivista รจ dedicato ad argomenti non zampognari. Nell’ultimo numero, ad esempio, abbiamo ospitato un interessante ed intrigante articolo di Ettore Castagna sulla lira calabrese. In precedenza abbiamo parlato di chitarre battenti, di musei etnografici, di tamburi a cornice, di carnevali, ecc. L’interesse specifico resta comunque per gli strumenti con la sacca, italiani e stranieri, interesse che intendiamo portare avanti con taglio al tempo stesso scientifico e divulgativo. 
Riteniamo infatti che soprattutto a livello divulgativo molto c’รจ ancora da fare e da dire perchรฉ all’infuori degli appassionati e degli addetti ai lavori, per la gran parte delle persone, come dicevo prima, la zampogna รจ  ancora e quasi unicamente lo strumento della questua natalizia mentre, ribadisco, ciรฒ non solo non  รจ vero per il passato – da cui l’esigenza di farne conoscere sempre di piรน la storia e lo sviluppo – ma non rende giustizia alla nuova stagione che lo strumento sta vivendo. E anche sotto tale ultimo aspetto, data una certa confusione/omologazione che a me pare di rilevare nel mondo degli zampognari, credo vi sia necessitร  di una qualche riflessione per la quale una rivista come “Utriculus” puรฒ rappresentare un importante spazio di confronto e di elaborazione. Per ora la rivista รจ disponibile solo in cartaceo – ricevibile su richiesta per singoli numeri o in via continuativa associandosi al Circolo oltre che consultabile presso la sede del Circolo a Scapoli e in diverse biblioteche pubbliche. Tra breve contiamo di pubblicare anche una versione online.

Si parlava prima di innovazioni e di sperimentazioni, nel 2011, la regione Molise e altre amministrazioni locali avevano annunciato in pompa magna il progetto “Il respiro della montagna”, che mirava alla produzione su scala industriale di una cosiddetta “zampogna standard”: proposta in parte รจ assimilabile a quanto accaduto nei secoli passati con strumenti a fiato, ma che aveva suscitato reazioni di segno diverso all’interno del variegato mondo dei suonatori di zampogna. Di fatto, si intendeva costruire uno strumento versatile, che accoglieva le modifiche apportate da Piero Ricci, che da molti anni ampliato le possibilitร  armoniche e melodiche dell’aerofono  mediante l’apertura di fori supplementari sul bordone. Ciรฒ consente allo strumento di suonare molti piรน accordi 8circa una dozzina) rispetto ai due dei modelli di origine agro-pastoriale. Inoltre, altri dettagli costruttivi inerenti i materiali del chanter e delle ance avrebbero consentito un’accordatura e un suono piรน stabili. A pensare male, si direbbe che era un’idea vissuta il tempo di una tornata elettorale. Ma, in realtร , come stanno le cose, dal tuo punto di vista?  
Per quanto ne so quel progetto, nei termini in cui venne proposto non รจ andato avanti rivelandosi di fatto un’idea vissuta il tempo di una tornata elettorale. Io stessa, nel prendere posizione contro, in apertura del mio intervento sulla stampa locale parlai di “zampogna al tempo delle elezioni”. Con ciรฒ sarebbe perรฒ sbagliato credere che si trattasse solo di una promessa elettorale; il tentativo io credo ci fu, L’amministrazione di San Polo ci credette davvero e non รจ detto che non ci si riprovi. Il che, dal mio modesto punto di vista, sarebbe nefasto sotto diversi aspetti. 
Siamo giร  a una omologazione di suoni e timbri che sta mortificando la bellezza e la varietร  della zampogna italiana, se ammazziamo anche quel che resta del lavoro artigianale credo che avremo decretato anche la fine dello strumento, almeno per quanto riguarda la zampogna molisana. Come Circolo terremo gli occhi aperti e cercheremo di dare il nostro contributo per una riflessione sul dove sta andando la zampogna al tempo degli zampognisti. Non me ne vogliano i musicisti che hanno scelto di darsi questa definizione in luogo di quella di zampognaro, ma come ho espresso in diverse altre occasioni e sedi, a me questo cambio di nome sa tanto di presa di distanza da un mondo – quello contadino – e da una figura, quella del suonatore di zampogna, che come associazione culturale ci siamo dati la mission di promuovere e salvaguardare e pertanto non mi riesce, in tutta onestร , di condividerlo.

Agli inizi del nuovo millennio il Festival di Scapoli ha attraversato una fase rigogliosa, rappresentando uno dei pochi esempi in Italia di programmazione incentrata su strumenti locali, la zampogna e la ciaramella, che dialogavano con altri aerofoni popolari e colti, in cui si  scrivevano partiture  inedite per zampogna e per aerofoni  popolari. Cosa resta di quell’esperienza epocale? Quanto ha seminato nel tessuto sociale e culturale della regione?
Per quanto ne so, non mi pare che l’esperienza del festival di Scapoli degli anni 2000-2002, il cosiddetto “triennio felice” di cui parlavo prima, sia stata ripresa in festival e rassegne varie nรฉ in Molise nรฉ altrove in Italia, per cui sarei propensa a ritenere che la nostra resta un’esperienza finora unica. Ciรฒ perรฒ non significa che non abbia lasciato il segno. Come commenta Vincenzo Lombardi in un articolo dal titolo “Costruzioni musicali. Idee, musicisti, gruppi, pratiche e attivitร  musicali in Molise fra folklore e world music dagli anni cinquanta ad oggi” (pubblicato sul numero 6-7/2013 della rivista Glocale edita da Il Bene Comune di Campobasso: «Strumentisti e compositori, dopo i Festival 2000-2002 dovranno confrontarsi con le esperienze di quegli anni». 
Mi permetto di aggiungere che se alcuni musicisti si sono avventurati e continuano ad avventurarsi – da Giuseppe Spedino Moffa al giovane scapolese Christian Di Fiore – in quello che lo stesso Lombardi definisce «una sorta di viaggio in campo aperto, in cui le antiche zampogne della tradizione, un po’ evolute, fronteggiano alla pari il mondo della musica contemporanea» , ciรฒ รจ stato reso possibile  o quanto meno stimolato e facilitato proprio dall’esperienza del Festival di Scapoli di quegli anni.

Qual รจ lo stato di salute oggi degli aerofoni popolari in Molise in termini di suonatori?
Per quanto riguarda i suonatori direi che lo stato di salute รจ abbastanza buono. Grazie ai corsi musicali organizzati a Scapoli dal Circolo, prima in maniera sporadica (prima metร  degli anni ‘90) e poi in maniera continuativa (a partire dal 1999), inizialmente  con la docenza di Gianni Perilli e poi di Ivana Rufo e Lino Miniscalco del gruppo Il Tratturo e, successivamente, a San Polo Matese con la docenza di Piero Ricci e a Riccia di Giuseppe ‘Spedino’ Moffa,  nonchรฉ grazie al piรน generale lavoro di promozione e di diffusione della conoscenza dello strumento, un buon numero di giovani (e anche di meno giovani) si รจ avvicinato alla zampogna e alla ciaramella ed ha cominciato a praticarle: nella maggior parte dei casi a livello amatoriale, per se stessi, e talvolta formando o entrando a far parte di gruppi musicali o ensemble piรน o meno stabili con cui si esibiscono in occasione di feste e rassegne di musica popolare,  non disdegnando al tempo stesso la pratica tradizionale per eccellenza di questi strumenti: quella legata al periodo natalizio. Inoltre, per quanto ci รจ dato di sapere, sia pure con piccoli numeri e con una diffusione in contesti anche diversi da quello di appartenenza tradizionale, vale a dire il mondo contadino e del piccolo artigianato, la zampogna รจ sia  tornata ad essere praticata in paesi in cui era sparita da tempo sia ad essere presente in localitร  in cui non risulta essere stata storicamente diffusa. 

E nell’ambito della costruzione?
Sul versante della costruzione invece, pur registrando la tenuta a Scapoli di quattro costruttori in attivitร  e la nascita di un costruttore a Boiano, in area matesina, realtร  a cui va aggiunta l’attivitร  degli stessi musicisti Piero Ricci e Lino Miniscalco, qualche preoccupazione per la trasmissione di questo particolare sapere artigianale alle nuove generazioni come Circolo abbiamo cominciato a nutrirlo da tempo. Purtroppo, a parte pretese fabbriche di zampogne ‘modello standard,. che come dicevo prima, fortunatamente non hanno visto la luce,  dobbiamo registrare l’assoluto disinteresse delle istituzioni locali e regionali nei confronti del problema. Nell’ambito della formazione, ad esempio, nulla รจ stato fatto per promuovere e incentivare corsi di formazione presso le botteghe artigiane. รˆ vero che tradizionalmente, al pari dell’arte del suonare anche quella di costruire gli strumenti si รจ sempre tramandata in ambito parentale o amicale stretto senza bisogno che qualcuno organizzasse corsi. Ma รจ pur vero che i tempi sono cambiati e, per quel che la realtร  locale ci consente oggi di cogliere, la trasmissione spontanea che ha assicurato il ricambio generazionale dell’attivitร  artigianale per la costruzione di zampogne e ciaramelle cosรฌ come l’abbiamo finora conosciuta rischia di interrompersi. Naturalmente mi auguro di sbagliarmi e in un angolino della mia mente qualcosa mi dice che, sebbene data per finita un’infinitร  di volte, la zampogna riuscirร  sempre a risorgere dalle proprie ceneri come l’araba fenice.

Ciro De Rosa

Nessun commento