
Come nasce il progetto Musaica?

Provenite da regioni differenti. Come siete riusciti a dare vita ad un percorso di ricerca comune?

Un linguaggio musicale che è focalizzato in particolare sul Sud Italia…
Francesco Berrafato – Sulla carta si, cioè i brani che abbiamo inciso nel nostro primo disco sono legati alle tradizioni popolare dell’Italia Meridionale, a cui appartengono i vari componenti del gruppo. Non ci siamo spinti oltre, a parte il caso di “Sale’ntu” che è un brano di Andrea Parodi. Sin dall’inizio, abbiamo cercato di muoverci in punta di piedi nell’approcciare i suoni e le strutture musicali.

Davide Ambrogio – I brani presenti nel disco sono anche molto diversi tra loro. C’è un brano dei Fratelli Mancuso, “Salentu” di Andrea Parodi e un brano nato da una poesia di Umberto Saba.
Proprio la “Capra” su testo di Umberto Saba mi ha colpito molto. Come mai avete deciso di musicarlo?
Francesco Berrafato – Quando, al liceo, ho studiato questa poesia mi accorsi della sua intrinseca musicalità. Era così palese che Umberto Saba si fosse scordato di mettere la musica che qualcuno doveva farlo e così è nato questo brano. Devo dire che, per noi, non è semplice già scrivere le musiche, figuriamoci i testi. Per scrivere bisogna avere qualcosa da dire e da dire bene. Si può anche avere una bella idea ma se non si riesce ad esprimerla in modo adeguato diventa tutto inutile. Per evitare di scrivere un testo che trattasse i soliti temi, infarcito di luoghi comuni, abbiamo affidato le parole a chi sapeva scrivere. “La capra” racchiude un sentimento molto forte e sicuramente lo esprime meglio di come avremmo potuto fare noi.

Nel disco è presente anche un testo musicato di Ignazio Buttitta…
Davide Ambrogio – In questo senso si muove anche il testo di Ignazio Buttitta ne “La Ninna” che non è connesso ad una ninna nanna in quanto tale, ma per noi questa forma musicale aveva un senso di collante maggiore nello stare insieme. Ne è nata una riflessione su questa cosa.
Francesco Berrafato – Infatti il testo di Buttitta lancia un messaggio chiaro sull’importanza dello stare tutti insieme, perché da soli non si va da nessuna parte. Insieme si fa numero e si va lontano. Non a caso abbiamo voluto chiudere il disco con questo brano e in concerto la eseguiamo sempre.
Quali sono state le difficoltà nel realizzare un disco con un organico così ampio?
Davide Ambrogio – Ci sono tante difficoltà nel suonare in una formazione grande e con tanti strumenti perché ti apre moltissime possibilità. Nel corso dei tre anni di attività, la cosa che abbiamo notato tutti è che ognuno ha capito di essere al servizio del gruppo. All’inizio questi brani che abbiamo inciso erano suonati il triplo. C’erano le percussioni che iniziavano e non finivano mai, la lira e le corde che erano presenti in tutto il brano. Abbiamo via via asciugato gli arrangiamenti e piano piano siamo maturati. Abbiamo capito che le note hanno un senso se suonate nel rispetto degli altri.

Come si è indirizzato il vostro lavoro in fase di scrittura ed arrangiamento dei brani?
Francesco Berrafato – In effetti la ricetta è stata la stessa. Durante le prove ci confrontiamo e poi troviamo una strada comune da percorrere.
Davide Ambrogio – Ci sono dei brani, ad esempio, in cui il contributo di Francesco all’organetto è stato più incisivo e questo anche a livello di scrittura, ma la cosa importante è che tutto abbia un senso. Cerchiamo di partire da questo più che dalle melodie o dalle strutture musicali, e questo ci consente di lavorare in modo più efficace sugli arrangiamenti come nel caso di “Ruzaju” di Andrea Parodi che abbiamo proposto nell’ultima edizione del premio a lui dedicato. Siamo partiti dall’analisi del testo, senza utilizzare strumenti. Abbiamo tenuto conto del fatto che le liriche evocavano la tempesta, il mare e la sofferenza.

Tutto questo lo si ritrova anche in “Inferno V”...
Francesco Berrafato – Luca De Luca che nel gruppo suona il bouzuki è un archeologo e leggendo una tesi di laurea ha scoperto che esisteva questa traduzione della “Divina Commedia” in dialetto calabrese realizzata nell’Ottocento da Salvatore Scervini. Si tratta di una traduzione bellissima perché molto libera e quando nel V Canto recita “Amor che nullo amato amar perdona”, Scervini lo traduce come “m’ha purtato alla tunnara” perché in un paesino calabrese, l’idea della tonnara rimanda in modo più forte al senso della morte.
Davide Ambrogio – Per altro, questo testo è stato scelto anche per l’importanza che ha avuto il portare la cultura all’interno del mondo contadino che, a quel tempo, non conosceva l’italiano. Scervini ha permesso a tanti calabrese di leggere e comprendere la “Divina commedia”.
Francesco Berrafato – Ho avuto modo di sfogliare una copia che è alla Biblioteca Nazionale e devo dire che ha ancor più fascino rispetto all’originale di Dante, nel senso che è un linguaggio che appartiene a tutti. Per evocare l’inferno, il brano si apre con gli strumenti dissonanti, gli armonici con l’organetto e le voci, e poi ancora i due narratori che sono Dante e Virgilio. La nostra esigenza è quella di partire dal testo del brano per costruire arrangiamenti ad esso coerenti.
Davide Ambrogio – Il brano dei Fratelli Mancuso lo abbiamo scelto per fare un omaggio a Letizia Aprile che è la coordinatrice di EtnoMuSa e la produttrice del disco. Lei è una persona straordinaria, ci ha dato tantissimo non solo a livello musicale ma anche da quello economico. Ci ha sempre sostenuto ed aiutato nel nostro percorso.
Francesco Berrafato – Una volta, a Civitella Alfedena, suonò con i Fratelli Mancuso questo brano il cui video è anche su YouTube. Tanti anni fa, ad un concerto di EtnoMuSa, dovevamo attaccare una pizzica finale e, senza dirle nulla, suonammo “Signora Letizia” che avevamo suonato di nascosto durante le prove. Da quel momento in poi è entrata in pianta stabile nel nostro repertorio. Francesco Salvatore degli Unavantaluna che avevamo chiamato per fargli recitare la poesia di Buttitta, dopo averla ascoltata durante le sessions ha voluto cantarla con noi sul disco perché gli piaceva molto il nostro arrangiamento.
Davide Ambrogio – “Sale’ntu” l’abbiamo scelta per il nostro grande amore verso i suoni della Sardegna. C’è infatti l’organetto e la mia passione per il canto a tenore. Il nostro chitarrista va ogni due mesi da Marino De Rosa perché sta studiando con lui.
Francesco Berrafato – In “Sale’ntu” c’è un vero e proprio mosaico con vari suoni dalla Puglia alla Sardegna. Questi brani, come abbiamo scritto nel booklet, sono piccole grandi scintille che tracciano una via, nella quale abbiamo provato a metterci in cammino.
Francesco Berrafato – Abbiamo sempre cercato di suonare al completo e quando qualcuno manca in formazione non è mai la stessa cosa. Cerchiamo di girare sempre in dieci anche se questo può essere un limite. Al Premio Andrea Parodi qualcuno ci disse che noi siamo un utopia perché suonare con la nostra formazione è difficile, ma questa cosa ha cominciato a piacere. Musaica probabilmente non darà da vivere a chi vuole fare della musica la propria professione, ma certamente è il gruppo nel quale si riconosce chi crede in questo progetto artistico.
Davide Ambrogio – Suoniamo anche in duo o in altre formazioni ma non può mai essere come la musica che facciamo insieme. In questo senso va detto che i brani sono arrangiati per dieci strumentisti e quando manca anche un tamburo a cornice o un piatto, è molto brutto.
Musaica – Musaica (RadiciMusic Records/Goodfellas, 2018)
Scoperta tra la le più interessanti dell’edizione 2017 del Premio Andrea Parodi, i Musaica sono un large ensemble da seguire con attenzione, non solo perché le loro radici formative affondano in quella straordinaria esperienza che è laboratorio EtnoMuSa dell’Università “La Sapienza” di Roma, ma anche per il talento e l’originalità della loro proposta musicale. Accomunati dal desiderio di esplorare i tortuosi quanto affascinanti sentieri della musica popolare del Sud Italia, questi dieci giovani di belle sperenza hanno inteso fare di più, spostando ancora più avanti i confini delle loro ricerche andando a ricercarne gli addentellati con i suoni del Mediterraneo. Il loro primo album omonimo mette in fila dieci brani di pregevole fattura, caratterizzati da arrangiamenti mai scontati o ridondanti in cui la particolare cura per le ritmiche e le timbriche va di pari passo con alla grande attenzione per le voci e l’utilizzo di strumenti tradizionali. Aperto dal crescendo strumentale de “La purtai”, tradizionale dell’area grecanica della Calabria, nel quale spicca l’intro di zampogna, suonata da quel talento che è Davide Ambrogio, che si segnala anche per l’ottima prova vocale. Si prosegue con i versi di Umberto Saba messi in musica ne “La Capra” e con il tradizionale lucano “Fronni d’Alia” che ci introducono al vertice del disco “Inferno V”, brano nel quale i Musaica costruiscono una perfetta cornice musicale per la traduzione di Salvatore Scervini del V Canto dell’”Inferno” di Dante Alighieri. La bella versione di “Signora Letizia” dal repertorio del Fratelli Mancuso ed in cui spicca la partecipazione di Francesco Salvatore di Unavantaluna ci schiude la poeta a “Fino a te”, composizione originale in cui spicca la capacità dei Musaica di interpretare in modo impeccabile il concetto di tradizione in movimento. Il viaggio dell’ensemble prosegue nel Lazio con “Regina Solianu” di Alessandro Parente con l’organetto di Francesco Berrafato a guidare la linea melodica in cui si inseriscono via via le corde e poi le voci e con quel gioiellino che è “Io Me Moro” di Roberta Bartoletti, e poi tocca la Sardegna di Andrea Parodi con “Sale’ntu” che sfocia nella pizzica pizzica salentina “Santu Paulu”. Chiude il disco la tenue “La Ninna” su testo di Ignazio Buttitta qui trasformata in una sorta di anthem e manifesto del gruppo, nel quale peso determinate ha rivestito e riveste l’amicizia e l’importanza di stare insieme. Opera prima dalla caratura di piccolo grande classico, questo album è un susseguirsi di belle sorprese, ma soprattutto è l’occasione per scoprire un ensemble in cui vanno di pari passo passione e conoscenza profonda delle tradizioni musicali italiane e non solo.
Salvatore Esposito