Aca Seca Trio – Trino (Sud Music/Egea Music, 2018)

Nato nel 1998 dall’incontro, tra Juan Quintero (chitarra, voce), Andrés Beeuwsaert (piano, tastiere, voce) e Mariano Cantero (batteria, percussioni, voce), tre studenti dell’Università de La Plata accomunati dal desiderio di esplorare lo straordinario caleidoscopio sonoro del Sud America, l’Aca Seca Trio si è segnalato, negli anni, per la sua originale ed elegante cifra stilistica che, sfuggendo ad ogni classificazione, spazia dalla natia Argentina al Brasile passando per l’Uruguay, dal jazz alla bossanova fino a toccare la chacanera. Dopo aver mosso i primi passi in patria raccogliendo grandi consensi con il primo album omonimo ed aver diviso la scena con artisti come Pedro Aznar, Liliana Herrero, Francesca Ancarola, Raúl Carnota, Mono Fontana, León Gieco, Ivan Lins e Javier Malosetti, il trio ha debuttato in Europa nel 2009 con “La musica y la palabra” che documentava prima fase del loro percorso e a cui è seguito nel 2014 “Hermanos”. A quattro anni di distanza da quest’ultimo li ritroviamo con “Trino”, pregevole album in cui hanno messo in fila dieci brani nuovi di zecca tra composizioni originali e riletture. Sin dal primo ascolto ad emergere è la sorprendente coralità che caratterizza le dinamiche del trio con le voci melodiche intente a costruire genuine ed avvolgenti trame sonore con i due strumenti armonici che non si sovrappongono mai, ma al contrario danno vita ad un costante interplay, alternandosi tra ritmica e melodia. Un discorso a parte lo merita, poi, il grande “Tiki” Cantero che con l’inconfondibile timbro della sua batteria impreziosisce ogni brano con i suoi inconfondibili colori ritmici. Così, non si può non restare incantati di fronte alla grazia con cui si muove “Otro atardecer” che apre il disco ed a cui segue la ballata “Paseo” di Quintero, tutta giocata sul crescendo del dialogo tra corde, pianoforte e percussioni. Se “Ir Yendo” si muove attraverso i territori jazz, la successiva “Ceibas” è svela lentamente in tutto il suo fascino guidata dal pianoforte di Beeuwsaert. Si progue con la bella sequenza con l’evocativa “Puerto Pirata” di Jeorge Fandermole, quel gioiello che è “La cingueña” per sole voci e percussioni e lo strumentale “Hadas” in cui giganteggia il pianoforte di Beeuwsaert con “Tiki” a costruire una scintillante cornice ritmica. L’eccellente rilettura di “Formas” del cantautore argentino Hugo Fattoruso ci conduce verso il finale con la trascinante “Bandera” e “A mì patrón” che suggellano un lavoro maturo e ricco di belle intuizioni da ascoltare con grande attenzione. 


Salvatore Esposito

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