Richard Thompson – Acoustic Rarities (Beeswing Records/Proper, 2017)

A breve distanza dalla pubblicazione del pregevole secondo volume di “Acoustic Classics”, Richard Thompson ha dato alle stampe “Acoustic Rarities”, terzo episodio di questa fortunata serie di album. A differenza dei precedenti che componevano una ideale antologia acustica, questo nuovo lavoro si sofferma su brani rari, inediti ed solo raramente eseguiti dal vivo. La formula, ovviamente, è rimasta invariata con Richard Thompson a farsi carico di tutte le parti di chitarra, così come dei controcanti. Durante l’ascolto emerge il medesimo fascino che caratterizzava i primi due volumi, tuttavia questo nuovo disco presenta un valore aggiunto nella sequenza di sorprese che ci regala nell’arco dei suoi quattordici brani. Ad aprire le danze è l’energica “What If”, brano di recente composizioni nel quale spicca il particolare uso delle sovraicisioni delle chitarre. Si prosegue con l’intensa “They Tore The Hippodrome Down” una ballata intimistica dalla tessitura melodica raffinatissima che fa il paio con la suggestiva “Seven Brothers” già nota nella versione presente in “Blight and Blossom” del 2012 di Blair Dunlop, figlio d’arte di Ashley Hutchings. Se la gustosa “Rainbow Over The Hill” arriva dal repertorio live della Albion Band (una bella versione è presente come bonus track in “Rise Up Like The Sun” del 1978), la seguente “Never Again” è tratta da “Hokey Pokey” registrato con la ex moglie Linda e qui impreziosita dalla fisarmonica, suonata dallo stesso Thompson. Imperdibili sono, poi, la stravagante “I Must Have A March”, quel gioiello che è “I’ll Take All My Sorrows To The Sea” tratta dalla suite orchestrale scritta per l’opera teatrale “Interviews With Ghosts” e “Poor Ditching Boy” tratta dall’esordio “Henry The Human Fly” nella quale scintille l’interplay tra le due chitarre e la fisarmonica. La trascinante “Alexander Graham Bell” (pubblicata tra gli inediti nel corposo cofanetto “The Life and Music of Richard Thompson” del 2006) e la brillante versione di “Sloth” dal songbook dei Fairport Convention ci introducono ai due vertici del disco ovvero “Push And Shove”, outtakes di “Rumor and Sigh”, con il bel dialogo tra le chitarre e la sontuosa “End Of The Rainbow” da quel capolavoro assoluto che era “I Want To See The Bright Lights Tonight”. Prima del finale arriva ancora un brano dai giorni gloriosi dei Fairport: quella “Poor Will And The Jolly Hangman” all’epoca esclusa da Full House e pubblicata nell’edizione estesa del 2001 e qui proposta in una versione di incredibile bellezza. L’inedita ed accattivante “She Played Right Into My Hands” chiude un disco imperdibile per i fan della sei corde del chitarrista inglese. 


Salvatore Esposito

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