L’interesse per i suoni provenienti dai Balcani sembra essere giunto al capolinea. Dopo la prima ondata, quella del primo Bregovic (e dei film di Kusturica), di Taraf de Haidouks e della Koçani Orkestar in tutte le sue diramazioni, poi la successiva con Fanfara Ciocarlia e Fanfara Tirana, la mirabile Brass Band di Boban (e Marko) Markovic (quest’ultima, a parere di chi scrive, la banda “definitiva”) sembrava che i complessi di ottoni ispirati alle bande ottomane di inizio Novecento avessero saturato il mercato, diffondendo il bacillo anche in Italia sotto forma di numerosi cloni, buoni e cattivi, che ne imitavano le gesta, magari ampliando il repertorio con incursioni nel klezmer, nella musica del Sud Italia e nella canzone. Poi, a rialzare l’asticella a misure piuttosto alte, arriva questo disco incredibile dei Mr Žarko, ovvero Žarko Jovasevic con la sua ghenga, un serbo trapiantato a Berlino con una passione per i suoni della sua terra, ma anche per il blues e la psichedelia. Non una fanfara nel senso comune del termine, anche se nella line-up vi è una robusta sezione di ottoni, ma un nuovo approccio dove surf, reggae e persino hip-hop e melodie da circo fanno capolino a delineare una musica che porta con sé stimoli (e risultati) nuovi e intriganti. Già il disco di esordio, sebbene molto diverso da questo, “Electric Gypsy Noise”, targato 2013, aveva fatto intuire il talento di Žarko e compagnia (un ensemble di musicisti provenienti da Serbia, Bulgaria, Turchia Romania e Usa), vera e propria rivelazione della fervida scena tedesca dei club e dei festival. Nel nuovo disco “Balkan Herbal Clinic”, in una sorta di “battle of the (brass) bands” Mr Žarko ospita l’ensemble di Bojan Krstic, vincitori dell’ultimo contest di Guça (Serbia), vera mecca per gli appassionati del genere. E il risultato è sconvolgente, cinquanta minuti di musica di livello pazzesco, scoppiettante, divertente ma mai banale. Mr Žarko sono molto più che la solita brass band, una sorta di Bellowhead in chiave Balkan, con la voce di Katya Tasheva a fare da contraltare femminile al leader. Il miglior risultato dell'incontro/scontro fra le due band è “Kolo nr Funf”, ma anche lo ska di “Post It” è uno di quei brani che lascia il segno. In assoluto forse il brano migliore è il divertentissimo e fanfareggiante techno-funk di “Can I Kiss you With my Electric Guitar”. In conclusione, un disco spassoso, vario e suonato come dio comanda, che riconcilia con l’ormai prevedibile e manieristico sound delle Balkan brass band e che, guarda caso, nasce in una città come Berlino, sempre stimolante incrocio di culture diverse. Decisamente, uno dei dischi più interessanti e inaspettati dell’anno appena concluso e i report dai loro concerti segnalano la band anche come uno dei live-act migliori cui sia possibile assistere.
Gianluca Dessì
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