Erudito, capace di coinvolgere un eterogeneo pubblico di ascoltatori, in oltre sessant’anni di frenetica attività, Giorgio Gaslini (1929-2014) si è distinto come pianista, compositore, direttore d’orchestra e didatta, divenendo, a partire dagli anni Cinquanta, emblema del jazz italiano. Assai estesa e articolata è stata la sua pluripremiata produzione discografica (circa cento pubblicazioni) e concertistica (circa quattromila partecipazioni, in più di ottanta nazioni). Numerose sono state le scritture musicali per il cinema, per il teatro e il balletto, molte le composizioni per piano e, in generale, di musica strumentale o di accompagnamento al canto. Ha ottenuto riconoscimenti onorifici, tra cui il diploma e la medaglia d’oro come “Benemerito della Cultura e dell’Arte” (nel 2002, dal Presidente della Repubblica), il premio “Milano per la Musica” (2009, Teatro Filodrammatici) e l’“Ambrogino d’Oro” (nel 2010, dal Sindaco di Milano). Si è distinto anche come docente e teorico. Lontani da chi vorrebbe confinare la sua produzione artistica al solo jazz, nel nostro percorso di “musica glocale” abbiamo voluto rendere omaggio a un gigante della musica italiana, poliedrico e cosmopolita, il quale (direttamente o indirettamente) ha investito una cospicua parte della propria esistenza nella formazione delle giovani generazioni, propugnando un’apertura totale nei confronti delle differenti esperienze musicali, popolari e colte, storiche e contemporanee.
Formazione come base per l’evoluzione culturale
Dopo aver maturato un’invidiabile professionalità, ormai all’apice del successo come pianista e compositore, con costanza e tenacia, superando le critiche e lo scetticismo del tempo, Gaslini riuscì per primo a oltrepassare gli steccati che impedivano l’ingresso della musica jazz nei conservatori italiani.
Grazie anche alla sensibilità dell’allora direttore Renato Fasano, gli fu affidata, nel 1972, la prima cattedra jazz nel Conservatorio Santa Cecilia di Roma. Tuttavia, la sua prima esperienza didattica risale al 1959, quando fondò, in Corso Venezia 11, la “Scuola Musicale di Jazz”, in un biennio seguita da un’ottantina di allievi (tra cui l’amico sassofonista Gianni Bedori con il quale, negli anni, inciderà quindici dischi). Nel 1979, andò a insegnare nel Conservatorio di Milano, seguito annualmente da diverse centinaia di allievi di tutte le età. Ormai, dal 1994, la musica jazz viene insegnata in numerose scuole musicali pubbliche, prevalentemente seguendo (quella che ci piace definire) la “via europea” aperta da Giorgio Gaslini il quale, con spirito avanguardistico, volle sempre integrare e fondere in un unicum le conoscenze musicali della cultura afro-americana con quelle della tradizione occidentale e non solo. Suo punto fermo era la ricerca di una concezione aperta e olistica della musica, senza steccati, che doveva trovare riscontro anche nei metodi d’insegnamento. A metà degli anni Settanta, riportò le proprie “intuizioni” nel breve saggio “Musica totale”. Un testo che fece discutere, nel quale l’autore scrisse mettendo a frutto anche idee riprese dalla fenomenologia di Husserl, coltivate sin dalla metà degli anni Cinquanta, quando ebbe modo di seguire in università alcune lezioni di filosofia condotte da Enzo Paci. Idee che entrarono a far parte di una poetica già riscontrabile nella composizione “Tempo e Relazione”, del 1957. Alcuni anni dopo, regalò una registrazione della composizione a Marcello Mastroianni che, nel 1960, si trovava a Milano, perché impegnato nelle riprese del film “La Notte”, diretto da Michelangelo Antonioni. Il regista ascoltò le musiche e, il giorno seguente, chiese a Gaslini e al suo Quartetto di partecipare al film come attori ed esecutori, dovendo suonare dal vivo durante le riprese cinematografiche. La colonna sonora venne premiata con il “Nastro d’Argento” (premio nazionale).
All’epoca Gaslini lavorava alla “Voce del Padrone” ed era già noto come esecutore, ma l’opportunità offertagli da Antonioni gli spalancò la strada nel mondo del cinema. La sua colonna sonora più conosciuta è verosimilmente “Profondo Rosso” (con la collaborazione dei “Goblin”), film diretto da Dario Argento. Per Gaslini, l’idea di “Musica totale” trovava applicazione anche in ambito formativo e societario, in cui auspicava venisse garantita una «mentalità aperta … attraverso una scuola veramente rinnovata e informata … per passare da un atteggiamento chiuso a uno aperto, da un atteggiamento elitario a uno democratico e pluralistico, per permettere di acquisire la conoscenza di mondi musicali differenti attraverso lo studio, la conoscenza diretta, l’esperienza , il contatto con musicisti di tutto il mondo, attuato con una mentalità internazionalista». In un dialogo con Franco Fayenz, nel 1980, in risposta a possibili detrattori evidenziò che «… l’umanità desidera riconoscersi in un’unica identità comune ma articolata e differenziata alla base, altrimenti si cadrebbe nel livellamento, nel grigiore, nella noia totale … da tutti i lati, da tutti i versanti è richiesta una vasta preparazione, è richiesta l’acquisizione di nuove aree culturali. Naturalmente, non c’è dubbio che la musica indiana sarà sempre la musica indiana, il canto popolare lombardo sarà sempre il canto popolare lombardo e il jazz nero-americano resterà sempre in qualche modo se stesso». In anni di rinnovamento delle strutture accademiche più conservatrici, Gaslini fu tra coloro che operarono per l’abbattimento di obsoleti e rigidi steccati teorici, ma nel rispetto del rigore e delle diverse culture musicali, che egli era solito studiare sia diacronicamente sia sincronicamente poiché, da musicista e compositore, si dimostrò sempre aperto a numerose esperienze creative, della cui vastità sarebbe possibile scrivere solo in opere monografiche. Il suo universo musicale era colto e tecnicamente sviluppato, teso all’innovazione e alla sperimentazione, come pure alla rielaborazione in chiave moderna della tradizione occidentale.
Un testo chiave per comprendere la solidità formativa che intendeva trasmettere ai propri allievi (o a chi desiderava avvicinarsi con serietà alla musica) è il tomo “Tecnica e arte del jazz” (dedicato all’ “amico e fratello” Max Roach), scritto per i tipi della Ricordi, nel 1981, con una prefazione del benemerito studioso Arrigo Polillo il quale, auspicando il superamento di alcuni pregiudizi del passato, mise in risalto che «… il jazz è una musica complessa, difficile, assai più di quanto, nell’ambiente accademico, non si crede… il jazz era e resta una musica fondamentalmente improvvisata, ma per improvvisare una musica che vale occorre che dietro l’improvvisazione ci siano anni di studio e le idee chiare che solo lo studio può dare». Gaslini scrisse “Tecnica e arte del jazz” proprio negli anni immediatamente successivi all’acquisizione della cattedra d’insegnamento nel Conservatorio di Milano, dove ebbe diverse centinaia di allievi. Non è un testo di facile lettura, poiché intese spiegare tecnicamente i fondamenti dei “parametri del jazz” (“parametri del suono”, “parametri temporali del suono”, parametri dei modi del suono”). Ritmo, scale, accordi, tecniche compositive tra modalità e tonalità, l’improvvisazione sono argomenti ai quali furono dedicate le sezioni che compongono un’opera unitaria (leggibile a differenti livelli di profondità), nella quale si voleva far intuire al lettore anche gli sviluppi della musica afro-americana, tenendo conto degli epigoni della musica colta occidentale nel Novecento, con espliciti riferimenti a serialismo, politonalismo, pancromatismo e a tutte quelle forme compositive “aperte” (come fonismo, istantaneismo, energismo, gestualismo ecc.). Intenso è stato l’impegno sociale di Gaslini. Di quest’area della formazione e del libero agire del musicista, l’autore scrisse proprio nel capitolo di chiusura, titolato “Questioni aperte”, nel quale illustrò brevemente come il jazz, nel XX secolo, fosse stato vissuto come punto di scontro e di confronto rispetto alla cultura ufficiale predominante. Tra le “questioni aperte” indicate dall’autore evidenziamo: il rapporto con il mercato e l’industria discografica; il ruolo del musicista jazz nella società; il rapporto con la critica musicale; il rapporto tra la musica scritta, la tradizione orale e l’improvvisazione; l’autogestione e il rapporto con la scuola. Egli scrisse che il jazz è una musica con una propria storia in costante rinnovamento, che avviene
«… sotto la duplice stimolazione di nuove personalità e correnti artistiche e di importanti movimenti della società … Il jazz viene assunto finalmente da tutta la coscienza musicale contemporanea come un fattore di conquista umana e culturale unico e irreversibile ed entra a far parte della tipologia complessiva di quel nuovo (ieri intuitivo e oggi sempre più reale) tipo di musicista “totale”, senza preclusioni aprioristiche, e con una capacità di sintesi più ampia del passato, corrispondente a quel sofferto allargamento dei confini della mente, dei popoli e del mondo contemporaneo». Oltre ai due testi citati, pare opportuno in questo contesto ricordare anche “Theleonious Monk. La logica del genio, la solitudine dell’eroe” (1994, ristampa in “Nuovi Equilibri” 2003), “Il tempo del musicista totale” (2002), unitamente ai testi “biografici” o di analisi critica scritti da Adriano Bassi (“Giorgio Gaslini. Vita, lotte, opere di un protagonista della musica contemporanea”, 1986 e nuova edizione nel 2016); Renzo Cresti (“Linguaggio Musicale di Giorgio Gaslini”, 1996); Davide Ielmini (“Giorgio Gaslini”, 2009); Lucrezia De Domizio Durini (“Giorgio Gaslini. Lo sciamano del jazz”, 2009). Ulteriori approfondimenti sul compositore milanese sono rinvenibili in alcune tesi accademiche o universitarie scritte da Erika De Bortoli (“Giorgio Gaslini tra il 1957 e il 1975: Ritratto di un “musicista totale”, Università di Pavia); Lorenzo Della Fonte ( “Lo sviluppo improvvisativo nella musica di Giorgio Gaslini”, Conservatorio di Brescia); Antonio Schingo (“Mister O: genesi e caratteri di un’opera jazz”, Università di Parma); Andrea Ciccarelli (“L’uso del sonoro nel cinema di Michelangelo Antonioni”, Università Roma 3); Vincenzo Lo Franco (“Colloquio con Malcom X”, Università di Palermo). Diverse opere discografiche furono direttamente presentate dal compositore milanese, molte altre da scrittori e giornalisti quali Mario Pasi, Quirino Principe, Angelo Foletto, Giampiero Cane, Giacomo Manzoni, Enzo Restagno, Massimo Donà, Vittorio Franchini, Marco Innelli, Maurizio Franco, Claudio Sessa.
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