Giorgio Gaslini, musica cosmopolita con stile, coraggio e umanità

La maggior parte delle sue composizioni sono state stampate da Universal Edition, Suvini & Zerboni, EMI, Voce del Padrone, Bottega discantica. Dalla fine degli anni Novanta, la Soul Note si è impegnata a pubblicare su compact disc l’opera omnia. Tutti coloro che volessero approfondire la conoscenza della multiforme produzione musicale, potranno trovare ricco materiale presso il “Fondo donazione Musicale Gaslini” di Lecco (Villa Gomes, a Maggianico), inaugurato nel 2001, che possiede una vasta collezione di dischi, libri, partiture manoscritte, articoli e recensioni. Un secondo “Fondo Gaslini” si trova nella biblioteca di Borgo Val di Taro, cittadina nella quale il compositore milanese è deceduto. 

“Trasforma, se puoi, la confusione in un lieve paradiso di suoni”     
Nato a Milano nel 1929, Gaslini ebbe un’infanzia movimentata da un punto di vista affettivo, poiché i genitori si separarono. I figli vennero affidati al padre, il quale era un noto giornalista e scrittore, attivo nell’ambito delle politiche culturali coloniali in Africa, per cui spesso assente da casa per ragioni professionali. Era collezionista di oggetti etnici africani e di fotografie. Strimpellava il pianoforte che il piccolo Giorgio, a sette anni, iniziò a studiare privatamente.  Da allora divenne lo strumento musicale con quale si fece conoscere come professionista in Italia e all’estero. Dichiarò in un’intervista: «Toccando i tasti, la prima volta, sentii una vibrazione fortissima e, poco dopo, pensai che quello strumento mi avrebbe accompagnato per tutta la vita. Ciò che scopriamo del mondo è quello che abbiamo già dentro». Nel 1942, a seguito dei bombardamenti, il padre di Gaslini fece trasferire la famiglia a Bartesate, vicino a Lecco, dove Giorgio proseguì autonomamente gli studi anche in assenza di un’insegnante. Ebbe anche modo di dirigere amatorialmente un’orchestrina locale, per concerti che si svolgevano a Galbiate. Finita la guerra ritornò a Milano, città devastata dai bombardamenti. Il padre lo incentivò a studiare privatamente con Gino Negri, avendo l’obiettivo di iscriverlo in Conservatorio. Inizialmente non riuscì a superare l’esame di ammissione. Suonò nei cinema e in altri spazi ricreativi, approfondendo progressivamente la conoscenza del jazz, partecipando alle jam session dell’“Hot Club Milano”. In seguito, suonò in duo con Achille Scotti, esperienza che gli aprì le porte del circuito professionale nazionale. Formò gruppi e maturò diverse importanti esperienze professionali. Nel 1947, la partecipazione al primo festival jazz e poi la scritturazione triennale in una big band milanese (“Orchestra del Momento”), specializzata nel repertorio di Stan Kenton. 
Parallelamente iniziò ad approfondire la conoscenza della musica moderna. Iniziarono anche le incisioni in trio (“Concerto Riff”, con Gino Stefani, al clarinetto, e Gil Cuppini, alla batteria). Alla fine degli anni Quaranta, Gaslini aveva ormai raggiunto una discreta notorietà nazionale, con positivi riscontri anche dalla critica specialistica. Tuttavia, ventenne, sebbene ben retribuito, lasciò stare le esperienze professionali e, su sollecitazione del padre, iniziò a prepararsi privatamente con Renzo Bossi. Fu ammesso al quinto anno di composizione e, in un biennio, acquisì sei diplomi, studiando tra gli altri con Antonino Votto (collaboratore di Arturo Toscanini), Carlo Maria Giulini, Achille Schinelli, Amerigo Bortone, Giulio Cesare Paribeni e Salvatore Quasimodo, docente di Letteratura. Tra i suoi (numerosi) illustri compagni di studio Claudio Abbado e Luciano Berio, con il quale condivise una visione sociale della musica, in seguito originalmente valorizzata anche presso scuole, università, ospedali, centri culturali e fabbriche. Per alcuni anni, operò anche come preparatore del “Coro del Duomo” di Milano.   Nei primi anni Cinquanta, fu assunto alla “Voce del Padrone” (1953-1962) come assistente alla direzione artistica. In seguito, gli venne affidata anche la direzione dell’omonima casa editrice. Nel 1957, al Festival di Sanremo, presentò “Tempo e Relazione” (verosimilmente la prima opera di jazz dodecafonico), per ottetto, suddivisa in cinque movimenti, composti intorno a due “serie” di suoni. Parallelamente, iniziò a svolgere l’attività didattica (alla quale in precedenza si è accennato) e a formare un proprio Quartetto - Gianni Bedori (sassofonista), Gianni Crovetto (contrabbassista) e Franco Tonani (batterista) -, con il quale incise la “suite” titolata “Oltre” (1963, ricevette il primo Premio della Critica Discografica). Il successo arrivò puntuale ma, per integrare le entrate finanziarie, Gaslini in quegli anni musicò diversi spot pubblicitari. Altro lavoro che andò ad arricchire la produzione artistica fu “Dall’alba all’alba” (1964, suite per Quartetto). Nel 1966, uscì “Nuovi sentimenti” (“New feelings”, suite per dieci esecutori), segnalato sul “Down Beat” come disco storico (tra i musicisti stranieri figuravano Don Cherry, Steve Lacy, Gato Barbieri, Kent Carter, Jean-Francois Jenny-Clarke). La sua fama si consolidò a livello internazionale. Sul finire degli anni Sessanta, scrisse il “Canto per i martiri negri” (dedicato a Martin Luther King), inserito nell’opera “Grido” e registrato, nel 1968, con la sua Big Band (al Lirico di Milano), con la partecipazione di Steve Lacy (sax soprano). Nell’anno successivo la suite “Africa”, per Quartetto, ricevette il Premio della Critica. In questi anni, fu intensa anche la scrittura di musiche per il cinema. Il suo progetto musicale era ormai globalmente delineato, rappresentativo di un compositore competente nell’utilizzare i diversi linguaggi espressivi in funzione di uno stile originale e personale. 
Le sue idee musicali trovarono riscontro anche nei lavori sinfonici “Totale 1” (1967) e “Totale 2” (1968). Per alcuni concertisti, negli anni sessanta, scrisse “Chorus” (per il flautista Severino Gazzelloni) e “Segnali” (per l’obista Lothar Faber). Su commissione compose due balletti, “Dakron” (1968) e “Contagio” (1971). “Un quarto di vita” (1970) è, invece, un’opera dedicata alle vicissitudini contemporanee dei giovani, prendendo spunto da drammatici avvenimenti reali. La fine degli anni Sessanta e gli inizi dei Settanta coincisero con un avvicinamento del compositore ai giovani (alle “masse giovanili”, contraddistinte da multiformi idee di rinnovamento). Sono anni in cui ebbe enorme riscontro di pubblico. Nel 1968, dalle “Edizioni del Gallo” (etichetta specializzata in produzioni riferite ai canti sociali), venne pubblicato “Fiume Furore”, disco realizzato con una big band di dodici musicisti. In prevalenza le registrazioni furono effettuate dal vivo, utilizzando anche materiali di ricerca messi a disposizione da Gianni Bosio, Michele Straniero e Franco Coggiola, studiosi di spicco del “Nuovo Canzoniere Italiano”.  Nel 1973, Gaslini compose la “musical action” titolata “Colloquio con Malcolm X” (1973). Dello stesso anno, sono pure “Favola pop - Reportage dall’Isola di Utopia di Sir Thomas More” (in quattro movimenti) e “Fabbrica occupata”, con la partecipazione di Steve Lacy, Paul Rutherford, Harry Becket, Jean-Luc Ponty, con il quale realizzò anche il disco “Jean - Luc Ponty meets Giorgio Gaslini” (1976). Dello stesso decennio sono diverse opere per Quartetto, come “La stagione incantata” (suite che include anche “Tempo e Relazione”); “Concerto della Resistenza” (1974, all’Università Statale); “Concerto della Libertà. Universo Donna” (1975); “New Orleans Suite” (1976), “Murales” (1976), questi ultimi due dischi editi dai “Dischi della Quercia”, etichetta ideata dallo stesso compositore, per sottrarsi ai diktat dell’industria discografica. In duo con Bruno Tommaso, eseguì i “Canti di popolo in jazz” (1975), disco nel quale sono stati rielaborati diversi canti folclorici (italiani e ungheresi). 
Con il sestetto pubblicò “Free actions” (1977, in quattro movimenti) e “Graffiti” (1978), che si conclude con la struggente “Ballata del pover Luisin” (canto popolare lombardo).  “Sharing” (1979) è un disco realizzato in duo con Rosswell Rudd, trombonista e compositore (deceduto nel 2017) che, per oltre trent'anni, collaborò con Alan Lomax. Degli anni Ottanta, ricordiamo “Live at the Public Theatre in New York” (Quintetto, 1980) e “Gaslini plays Monk” (per piano solo, 1981), pianista americano che considerava «un genio musicale, soprattutto per i suoi temi musicali e per la sua tecnica semplice e del tutto personale». In “Ecstasy” (1981), suonò in duo con Eddie Gomez (contrabbassista); l’anno seguente, nei “ Four pieces” (1982), sempre in duo, ma con Antony Braxton (sax alto e soprano).  In trio realizzò “Schumann Reflections” (1984), nel quale sono alternate esecuzioni solistiche delle “kinderszenen” del compositore romantico tedesco a rielaborazioni in chiave jazzistica. Tra le tournée internazionali, negli anni Ottanta, riteniamo sia da evidenziare quella cinese, cui fece seguito “Skies of China” (Quartetto, 1985), disco presentato da Adriano Bassi (autorevole biografo), che coincise con il primo ingresso ufficiale della musica jazz nella Repubblica Popolare Cinese, nella quale Gaslini tenne una serie di concerti come solista unitamente a lezioni-concerto in alcuni Conservatori di musica.  Della produzione degli anni Novanta, ricordiamo “Ayler’s Wings” (primo Premio della Critica, 1991), per piano solo (è anche un capolavoro di trascrizione pianistica), e “Mister O” (1997), opera jazz, della quale l’autore chiarì che nasceva «…ventisei anni dopo quel mio “Colloquio con Malcom X”, un’azione scenica per cantanti, attori, coro e Big Band, ma ne discende direttamente». Nella presentazione, volle citare George Gershwin: «Il jazz è musica composta con le stesse note usate da Bach. È musica forte, vigorosa destinata a durare nel tempo, forse non nella sola forma di jazz, ma che lascerà la sua impronta nella musica futura. 
Sono persuaso che sia possibile prenderlo a fondamento di opere di grande respiro di valore duraturo» (G. Gershwin, 1924). Nel 1998, il compositore milanese si cimentò in “Ballets” (con il Globo Quartet), balletto con forti influssi jazz, che si va a inserire nel filone delle “forme di grande respiro” come la suite, l’opera, il genere sinfonico e la musica per il cinema. Del nuovo millennnio è “Cantos”, 2000, presentato con note dello stesso autore, il quale precisò che «… canto non è inteso come melodia o bel canto, ma come “melos”, veicolo di infiniti sentimenti poetici, dalla tenerezza alla fascinazione sino all’impegno epico… testimonianza di musica e di vita vissuta e vivente». Del 2000, sono anche “Lieder book” e “Duke Ellington legend”.  Del 2002, è “Sacred Concert, Jazz Te Deum”, opera divisa in tre parti, la prima composta da Gabriele Verdinelli, la seconda da Bruno Tommaso e la terza da Giorgio Gaslini.  L’anno successivo, realizzò un nuovo disco di piano solo “Gaslini Plays Sun Ra”, che lo portò a elaborare (come per Ayler) un lungo lavoro di ricerca e di trascrizione dalle registrazioni del pianista americano, non essendoci documentazione stampata. Nello stesso anno, “Urban Griot” (2003), realizzato con la “Proxima Centauri Orchestra”, composta da quindici musicisti italiani, e con la quale realizzerà anche il cd “Enigma” (per la Soul Note), riscuotendo critiche positive internazionali. “Urban Griot” è dedicato alla memoria di Giampiero Prina, batterista e storico collaboratore del compositore milanese.  Nel cofanetto contenente cinque cd è racchiuso “Gaslini Song Book” (2006), con cento canzoni d’autore e tredici cantanti, accompagnati dal piano. Scrisse il compositore: «La tradizione della canzone d’autore italiana che mi interessa è quella che, nell’immediato dopoguerra, si è identificata nelle opere di Fiorenzo Carpi, con i testi di Giorgio Strehler e di Franco Fortini, e poi in quelle di Gino Negri, di Sergio Liberovici, per proseguire, alcuni anni dopo, in quelle del primo Gaber e di Jannacci, confinanti con quella iniziale dei cantanti-autori della scuola genovese, Paoli, Tenco, Lauzi, Bindi e poi Endrigo e Della Mea, senza dimenticare le interpretazioni di Laura Betti e De André. Stop.»
Scrisse anche che volle confrontarsi con il mondo della canzone con autoironia, divertendosi e commuovendosi. Nello stesso anno uscì “Gaslini Live & Life”, con musiche originali e altre di Ives e Sun Ra. Il cd fu realizzato con la “Camerata dei Laghi”, essendo lo stesso Gaslini direttore e pianista. Il periodo orchestrale proseguì con “Gaslini Sinfonico” (2008), eseguita dall’“Orchestra del Teatro Marrucino” di Chieti, sempre con l’autore in veste di direttore e pianista. Nel 2010, “Gaslini Sinfonico 3”, che si fregiò di un’articolata introduzione scritta da Quirino Principe. Altro capolavoro per piano solo è “Incanti” (2011, con musiche rielaborate di Monteverdi, Haendel, Strozzi, Tchaikovsky, Bartók, Fauré, Elgar, Porter), del quale ha scritto: «Non è un disco di musica classica e non è un disco di improvvisazione jazz. È una terza via, la sintesi di un vasto panorama musicale e di una vasta visione della musica».

La musica è un grande albero, con tanti rami e tante foglie
Alcuni hanno cercato di confinare la creatività compositiva di Giorgio Gaslini alla sola musica jazz, ma il suo mondo artistico era ben più esteso, pur avendo sempre valorizzato gli stilemi e le formazioni strumentali tipiche della musica afro-americana secondo un percorso di ricerca “europeo” giacché, come ebbe a scrivere, «Il vecchio luogo comune che soltanto i musicisti americani potessero suonare il jazz è stato largamente smentito e cancellato dai fatti». La sua era musica internazionale (inter-nazioni), ma non globalizzata, cioè non omologata e di facile consumo.  In uno scritto dichiarò che “la musica è un grande albero, con tanti rami e tante foglie, tutti diversi, ma il tronco è uno solo. Credo che questa sia l'immagine perfetta per definire il mio stile e la mia musica”. Giorgio Gaslini è stato un compositore della “Italian Great Generation” che, al di là di vetuste polemiche (figlie del loro tempo), seguì un percorso di ricerca musicale originale e stilisticamente ben connotato, in un periodo storico caratterizzato da forti inquietudini e rivoluzioni sociali che il compositore milanese volle sempre vivere (da protagonista e in prima linea) con passione e impegno militante, quando necessario cercando di vibrare in “syn-pàthos” anche con le fasce più “deboli” (disoccupati, malati psichiatrici, emarginati ecc) cogliendo, con sguardo propositivo, critico e solidale, gli stimoli provenienti dalla società contemporanea, nella quale si adoperò senza risparmio per permettere alle nuove generazioni di potersi formare in rinnovate accademie musicali, nelle quali fosse possibile acquisire la forza del pensiero cosmopolita, che non conosce frontiere ed è capace, attraverso la musica, di unire e di favorire un dialogo nel rispetto delle differenze, la cui somma culturale costituisce la più alta essenza della civiltà. Grazie, Giorgio! Della tua musica, del tuo stile, del tuo coraggio e della tua umanità si parlerà a lungo negli anni a venire e non solo in Italia, sempre con il pensiero rivolto a un’ideale (forse utopica) società della pace, più libera ed equa, nel segno dell’arte e della propositiva sinergia tra le diverse culture.   


Paolo Mercurio    

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