Patti Smith, Duomo di Casertavecchia, Caserta, 14 Dicembre 2017

Costruito tra il 1113 e 1153, il Duomo di Casertavecchia è un mirabile esempio dello stile romanico in Campania, essendo possibile cogliere in esso un sincretismo architettonico che abbraccia la tradizione benedettina come quella lombarda, fino a toccare elementi arabo-normanni. Questa perla del patrimonio artistico di Terra di Lavoro ha fatto da cornice al concerto di Patti Smith dello scorso 14 dicembre, quinto appuntamento de “La Musica dei Cieli”, unico festival diffuso in Italia dedicato al sacro ed alla spiritualità, e promosso dalla Città di Caserta nell’ambito della rassegna natalizia “Happy Theatre”. Accolta dagli applausi degli oltre quattrocento spettatori che hanno occupato, in ogni ordine di posti, le tre navate della chiesa, la cantautrice americana, rivela quasi commossa: “Ho avuto modo di visitare e suonare in tante chiese, ma questa è veramente bellissima. Mi piace tanto per la sua semplicità e maestosità”. Al suo fianco la figlia Jesse, introdotta, subito dopo, al pubblico casertano: “Vi presento mia figlia Jesse, che ci accompagnerà al pianoforte in questa serata”. Dopo aver rivolto lo sguardo verso il crocefisso ligneo che sormonta l’abside, trasformata per una sera in palcoscenico, Patti Smith imbraccia la chitarra per una “Wing” densa di lirismo, a cui è seguita la splendida, quanto inattesa, “Grateful” da “Gung Ho” del 2000, scritta come ringraziamento alla vita per averle “regalato i figli e per essere ancora con loro”. 
Poco importa se, verso il finale del brano, dimentica gli accordi ridendoci su, rivelando di averla voluta suonare lo stesso, nonostante non lo facesse da molto tempo. Prende, così, il via quella che sarà una serata dall’atmosfera intensissima con la cantautrice americana che intercala i vari brani con letture di poesie e brani del Vangelo, ma a colpire sono le sue parole ricche di una spiritualità profonda, come quando nel presentare “Dancing Barefoot” rimarca la devozione che si deve a Dio e alle persone che si amano. Patti Smith non manca di ricordare l’importanza che hanno avuto, per la sua ispirazione, le liriche visionarie di William Blake: “artista che lottava contro lo sfruttamento del lavoro minorile durante la Rivoluzione Industriale e morto solo, povero ed incompreso”. Del poeta inglese, legge i versi de “La Divina Immagine”, scandendo più volte le parole “Grazia, Pietà, Pace, Amore” prima di interpretare una potente “My Blakean Year” da quel piccolo grande capolavoro che era “Trampin’” del 2004. “Il mondo vive un momento molto complesso e noi dobbiamo essere resilienti” afferma prima di immergersi in una sofferta “Pissing In A River”, la cui linea melodica è esaltata dal pianoforte di Jesse ad avvolgere ogni verso. La cantautrice americana si racconta a cuore aperto, parlando della sua vita e del rapporto con Dio e la religione, per soffermarsi poi sugli incontri come quelli con il commediografo Sam Shepard, ricordato prima di “Beneath The Southern Cross”, brano “dedicato alle persone perse durante la vita e al miracolo della vita stessa”, e il fotografo Robert Mapplethorpe, scomparso prematuramente a causa dell’AIDS e per il quale legge una poesia tratta dal progetto “The Coral Sea”. 
Nel corso della serata ritorna spesso sul rapporto intenso vissuto con suo marito Frederik “Sonic” al quale dedica una delicata ed elegante versione di “Grow Old With Me” di John Lennon, sottolineando come nella vita “se si sceglie bene, si avrà al proprio fianco un compagno con cui crescere, sedersi la sera sul divano e fare le cose che si amano e a volte, anche litigare, ma con il quale affrontare insieme ogni cosa”. I veri di William Blake fanno capolino di nuovo con “L’Agnello” a cui seguono una struggente resa del canto natalizio “Oh, Holy Night” e “Can’t help falling in love with you” dal songbook di Elvis Presley, che fanno da preludio al finale in cui brilla “Because The Night”, le liriche di “Three Windosws” dedicata a Giovanni Paolo II e il bis finale “People Have The Power”, prima della quale ricorda Papa Francesco e il suo impegno in favore dei poveri di tutto il mondo. I poco più di settanta minuti di “parole e musica” di Patti Smith sono stati un balsamo per l’anima, un momento da ricordare soprattutto per l’empatia che è riuscita a creare con il pubblico, colpendo con la sua poesia anche coloro che per la prima volta ascoltavano le sue canzoni. Insomma, non poteva esserci modo migliore per la cantautrice americana per suggellare un anno, come il 2017, che l’ha vista ricevere dall’Università degli Studi di Parma laurea honoris causa in Lettere classiche e moderne e presentare sempre nella città emiliana la mostra fotografica “Higher Learning”, rinsaldando il legame, già fortissimo, con la nostra nazione. 


Salvatore Esposito

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