“Unico figlio” è un canto tradizionale natalizio, attestato per la prima volta intorno alla seconda metà del XVI secolo, eseguito ancora oggi a Ceriana (IM) durante la messa natalizia di mezzanotte. È il titolo scelto dai Cabit – i fiatisti Davide Baglietto (cornamuse, ocarina) ed Edmondo Romano (cornamuse, clarinetto, flauti, sopranino, whistle) – per il loro album dedicato ai repertori del Natale in area ligure. Baglietto, già nel gruppo Uribà, e Romano, con l’Orchestra Bailam, sono due musicisti di punta del folk in area ligure. Coltivano un interesse per le cornamuse e gli aerofoni popolari e ricercano musiche associate alla festa centrale nella tradizione orale italiana. Spiega Edmondo Romano: «Per la passione verso il repertorio natalizio, da anni eseguiamo le più disparate melodie che zampognari e pifferai una volta suonavano per le strade delle città e dei paesi. Abbiamo raccolto canzoni e linee musicali quasi dimenticate, legate alla nostra regione, scovando molte filastrocche e poesie, sia religiose che laiche, e vista l’eterogeneità del materiale e l’interesse culturale abbiamo deciso di realizzare un intero disco monografico sul Natale ligure, in modo da poter creare un documento tangibile sulla varietà del panorama tradizionale della nostra terra. “Unico Figlio” è a metà tra una reale ricerca sul campo ed una re-iscrizione della tradizione, convinti che gli artisti debbano seguire con rispetto e criterio le trasformazioni della tradizione.
Per questo nel disco sono stati coinvolti diversi musicisti che con la loro passione hanno completato il materiale mancante di questo affresco sonoro».
I Cabit si presentano, dunque, con un lavoro che si apprezza per l’originalità della proposta, per la ricerca che ha documentato repertori poco noti, per la presenza di brani ancora funzionali o di altri individuati in fonti d’archivio. Altri ancora sono stati costruiti, “permettendosi” di comporre nuove parti melodiche, armonizzazioni e testi. Per farlo Baglietto e Romano si sono avvalsi del contributo di ricercatori, di infornatori locali e di una bella combriccola di artisti; suonatori tradizionali e di revival. Quattro di loro: Matteo Merli (voce), Matteo Dorigo (ghironda) e Franco Minelli (chitarra acustica, chitarra battente, bouzouki) sono parte dell’organico allargato dei Cabit dal vivo; tra gli altri collaboratori, segnaliamo le voci del Quartetto Genovese, la Cantoria di Cegni, Gabriele Coltri (musette 16”, Stefano Valla (piffero), Fabio Rinaudo (musette bechonnet 11”), Mauro Manicardi (organetto diatonico), Fabio Biale (violino), Marc Novara (organo), Valerio Ruggiero (campane).
È un bel vagare, tra bordoni e polivocalità, tra incroci colti e popolari con materiali assai compositi: filastrocche, canti religiosi e laici, arie strumentali, pastorali, pive e marce, che coprono una vasto territorio che dall’Appennino si estende fino alla costa, spingendosi perfino in Corsica.
Non da ultimo, è significativo che siano rappresentate espressione tuttora viventi come quella dei campanari, dei canti a di Ceriana o del piffero delle Quattro Province.
Scorrendo le tracce, notiamo che “Unico Figlio”, “La notte di Natale” e “Tre Re dall’oriente” erano stati già editi in dischi sulla tradizione orale in versione per sola voce o con accompagnamento di chitarra, qui trovano soluzioni timbriche e armoniche date da un organico strumentale allargato. Invece, “Marcia numero 5” e “Pastorale ligure”, che non sono mai stati pubblicati su disco, provengono da due manoscritti. La prima composizione è stata trovata a Quezzi «ed è stato fatto un arrangiamento che richiama le sonorità dei “concerti” a sei campane, rappresentati da una cornamusa in re una in sol e una ghironda», spiega ancora Romano. Il manoscritto del secondo brano data il XVIII secolo ed è custodito al Conservatorio di Genova “Niccolò Paganini”. “La Pastorale” è proposta in due versioni, una, che chiude l’album, è stata eseguita in presa diretta dall’organista di Genova, Emilio Traverso, da poco scomparso, che è stato il fautore della rinascita dell’antica tradizione organistica ligure. L’altra è stata trasposta in una polifonia con tre cornamuse differenti (do alto, do basso e sol), grazie all’intervento nell’arrangiamento di quel grande cornamusaro che è Gabriele Coltri. Ci sono poi brani raccolti per la prima volta sul campo come “Chi vuol provare”, registrata sul campanile della chiesa di Cerania o “Dormi dormi”, fissata a Cegni con gli stessi musicisti e cantori, tra cui il grande pifferaio Stefano Valla, che la notte della Vigilia di Natale la eseguono durante la messa.
“Unico Figlio” è il segno di una vitalità e di una creatività nostrana spesso dimenticata se non obliterata del tutto, per ignoranza o per privilegiare sonorità natalizie “importate” d’Oltreoceano.
Non meno interessante la proposta della Piccola Banda di Cornamuse, nata nel 2012 attorno alle differenti fogge della musette, la cornamusa del centro Francia. L’orchestra è costituita da una decina di musicisti provenienti dal nord-ovest della Penisola e dal Canton Ticino. Qui ritroviamo Baglietto, Romano e Coltri (che ne in un certo senso il leader della Banda) insieme a Paolo Cignozzi, Barbara Knopf, Corrado Perazzo, Fedetica Peruzzo, Alessandro Chiesa, Ermanno Pinna. In “Siamo qui a cantar la Stéla” il potente sound degli aerofoni incontra il canto di Caterina Sangineto e le armonie di Marc Novara (organo da chiesa e Hammond), né mancano altri fiati antichi e popolari (ocarina, chalumeau, flauti) e tocchi di elettronica. L’album ha un respiro europeo; iniziando con una suite strumentale del Bourbonnais francese, legata ai rituali della vigilia di Natale. Canti e melodie della questua natalizia occupano un posto centrale nella scaletta: dalla title-track, associata al rito della Stella nel Veneto, alla lombarda “Piva, piva”, che era eseguita dai suonatori di baghet, la cornamusa delle valli bergamasche. Ci sono poi brani provenienti dai “Bibles des Noëls”, pubblicazioni diffuse in Francia a partire dal Quattrocento con testi da cantare su arie popolari. L’ensemble propone anche due carole inglesi, l’inno sacro “See amid the winter’s snow”, composto alla fine del XIX secolo, e “Halsway Carol”, firmato da Nigel Eaton, il ghirondista dei celebri Blowzabella. In conclusione, “Zapovedi Blazenstv” del russo Vladimir Martynov, partitura per coro, arrangiata con perizia per le musette.
Ciro De Rosa
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