Nato dall’incontro tra il raffinato polistrumentista Gionni Di Clemente (chitarra dieci corde, oud, bouzuki, pedal effects), Domenico Candellori (batteria, percussioni e synth drum), Giuseppe Franchellucci (violoncello, pedal effects) e Greg Burk (moog e tastiere) il progetto Triat vede protagonisti quattro strumentisti dalla diversa estrazione artistica, accomunati dalla medesima esigenza di esplorare i confini, siano essi geografici, musicali o spirituali. Andare oltre, superare le barriere, abbattere muri, non perdendo mai di vista il punto da cui si è partiti, quell’ideale ponte che conduce alla scoperta. In questo senso, come scrive Fabio Ciminiera nelle note di copertina, significativo è anche l’assetto della formazione: “una compagine aperta e senza schemi precostituiti, un impasto timbrico che unisce la modernità dell’elettronica e il senso ancestrale di corde, percussioni e voci. E, ancor di più, tutti i protagonisti coinvolti nel disco condividono un’attitudine spontanea nel manipolare e miscelare il senso del suono, alla ricerca delle reazioni emotive e razionali”. Composto da dodici brani firmati da Di Clemente, il disco si caratterizza per un originale intreccio sonoro che mescola elettronica, contemporanea, world music e jazz, il tutto impreziosito dall’inconfondibile approccio alla ricerca dei dischi progressive degli anni Settanta, e da una peculiare cura per le timbriche. Durante l’ascolto si spazia attraverso strutture musicali cantabili ed evocative, guidate dall’interplay tra chitarra e violoncello, ed intercalate da spaccati improvvisativi in cui più marcata è la tensione verso la sperimentazione sonora. Ogni brano si evolve in dinamiche circolari, quasi ipnotiche che esaltano l’intrinseca connotazione modale delle architetture sonore, mettendo in evidenza riflessi e suggestioni sempre diverse. Si compone, così, una narrazione musicale densa di evocazioni e meditazioni nelle quali Di Clemente, dividendosi tra bouzuki, chitarra e oud, conduce l’ascoltatore ad esplorare i confini tra micro e macrocosmo, corpo e spirito, cielo e terra. Aperto dalle trame sinuose della splendida “Subtera”, in cui spiccano la voce di Ljuba De Angelis e il theremin di Valeria Sturba, l’album ci conduce attraverso gli echi di musica mediorientale della fascinosa “Afida” nella quale brilla il filicorno di Samuele Garofoli, per giungere alla potenza immaginifica di “Roaring Waves” e all’ipnotica “Magmatea”. La superba “Porte Scee”, nella quale risalta la voce di Vincenzo Vasi, e “Danza degli Spiriti” completano un disco di grande spessore che entra di diritto tra i lavori più intensi ed originali di quest’anno.
Salvatore Esposito
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Suoni Jazz