A undici anni di distanza da “La scoperta dell’America”, Claudio Lolli è tornato quest’anno con “Il Grande Freddo”, disco di inediti che ha preso vita grazie ad una fortunata campagna di crowdfunding e all’appassionato lavoro del suo gruppo storico di musicisti guidati dal chitarrista Roberto Soldati e dal sassofonista Danilo Tomasetta, ai quali si sono aggiunti eccellenti strumentisti come Nicola Alesini, Paolo Capodacqua, Felice Del Gaudio, Pasquale Morgante, Lele Veronesi. Il risultato è nel contempo il vertice artistico di tutta la sua carriera e il suo lavoro musicalmente più compiuto degli ultimi vent’anni, un lavoro intenso e profondo come raramente ci è capitato di ascoltare. Abbiamo intervistato Claudio Lolli per farci raccontare la genesi e le ispirazioni di questo album.
A undici anni di distanza da "La scoperta dell'America" torni con un nuovo album dal titolo emblematico "Il grande freddo". Com'è nato questo nuovo disco?
Mi fa piacere ripensare alle nuvole di Fabrizio, che vanno, vengono...
Perché hai scelto questo titolo che rimanda al film omonimo di Lawrence Kasdan?
Perché mi aveva molto colpito quella sua intuizione, le amicizie politiche giovanili che vanno protette dai disastri del mondo freddo, gli amori che vanno protetti dalle guerre
Quanto il cinema ha influenzato la tua scrittura?
Il mio immaginario è letterario e filmico, la pagina è bianca e la sala è scura ma è sempre un altrove, e non voglio stare qui.
Ci puoi parlare della genesi e delle ispirazioni alla base dei nuovi brani?
Basta uscire con un taccuino ed una matita per annotare l'infelicità della gente, o la felicità forzata, che è anche peggio, tutto qui. Il testo del "grande freddo" l'ho scritto di getto in un bar dopo essere sceso da un autobus che avevo preso per andare a trovare mia madre morente
Ogni brano del disco è denso di poesia, introspezione e riflessioni profonde. La matrice politica del tuo fare canzone non è però cambiata. In questo senso quali sono le tracce politiche del disco?
Non ho un corridoio quindi non ho una mucca. La sinistra in Italia mi ha preso in giro per decenni ma non ho risentimenti, solo dico basta, sono malati di mente. Per i miei giovani figli vorrei un paese come la Francia, e la traccia è che sono stato un prigioniero politico ma non lo sono più
La novità importante di questo disco è che ritrovi alcuni tuoi musicisti storici come Danilo Tomasetta che ha avuto un ruolo determinante in fase di registrazione. Com'è stato ritrovarti con loro?
Se ti trovi una volta nella vita può essere un caso, due volte è un destino
In diversi brani del disco, sembrano emergere punti di contatto con il tuo splendido libro Lettere Matrimoniali. Quali sono le connessioni?
L'amore è una piovra meravigliosa che ha mille connessioni, ho scritto quasi tutto per la mia donna perché è stata la dimensione orizzontale della mia vita e ha dato un senso a tutto ciò che ho fatto, naturalmente se un senso c'è ( mica sò Vasco)
Quanto il progressivo imbarbarimento della politica ha influenzato il tuo approccio al fare canzone?
Ha cercato di impedirmelo...
Tra i brani più intensi del disco c'è "Sai com'è". Com'è nato questo brano?
I fratelli Severini stavano realizzando uno spettacolo sul partigiano Giovanni Pesce. La figlia Tiziana ha chiesto un brano più "intimo". Marino mi ha detto che solo chi aveva scritto "L'amore ai tempi del fascismo" poteva provarci. Ci ho provato, è andata
Il disco si chiude con "Raggio di sole". E' un segno di speranza per il futuro?
La speranza è di destra, è la critica che è di sinistra. Ce l'hanno spiegato Leo Ferré e Giacomo Leopardi, se proprio non ce la fate a capirli vi resta sempre Jovanotti.
Salvatore Esposito
Claudio Lolli – Il Grande Freddo (La Tempesta Dischi, 2017)
“Il Grande Freddo” di Claudio Lolli ha vinto la Targa Tenco come miglior album dell’anno. E sui social e sui blog è tutto un parlare e discutere, approvare o contestare, meravigliarsi o indignarsi, gioire o sospettare. Abbiamo visto anche raccolte di firme, nei giorni precedenti, affinché il premio venisse dato proprio a Lolli, quasi come fosse un riconoscimento dovuto alla carriera. Un appello comprensibile ma non adeguato, perché la Targa viene assegnata (da una giuria di critici) al disco e non all’artista. Per quello esiste un altro Premio, dato a insindacabile giudizio dal Club Tenco. Dire questa cosa serve in realtà a poco: ogni anno viene ripetuta, ma non voler mai modificare un’idea preconcetta - a cui si è affezionati perché fa funzionare un teorema, seppur completamente sbagliato - è una delle malattie di questa nostra società, proprio una di quelle che ci sembra Lolli guardi con disincanto, eppure conservando una vaga sensazione di speranza: “Un grande mondo sicuramente non bello / ma fatto di briciole di tanti amori / un grande freddo che si può sciogliere / solo con le lacrime dei nostri furori”. La verità, semplice e chiara, è che Claudio Lolli ha vinto la Targa Tenco perché la meritava; “il Grande Freddo” infatti è un disco delicato, raffinato, struggente, che sa parlare all’anima di chi lo vuole davvero ascoltare. È un disco imperfetto, anche impreciso, ma proprio per questo piace tanto: ogni sua incertezza vale un milione di volte di più di qualsiasi impeccabile perfezione, come d’altronde tutte le cose dirette, immediate e vere, valgono molto di più delle belle copie virtuali che spesso prendiamo a modello. “Il Grande freddo”, quello del film di Kasdan, lo ritroviamo tutto in questo album, così come di quel film ritroviamo il calore e non è una contraddizione. D’altronde quel film parlava di amici… come amici sono questi Zingari che si sono incontrati di nuovo per vestire di suoni questo disco. Parliamo di Danilo Tomasetta e Roberto Soldati – musicisti del Collettivo con cui Lolli produsse quel mitico “Ho visto anche degli zingari felici” nel 1976 – che hanno arrangiato l’album, anzi, questa passeggiata ad occhi ben aperti, fatta da un uomo maturo e consapevole, che conosce la vita, la società, il mondo borghese in cui siamo imprigionati, le contraddizioni, le esistenze bloccate, il senso di estraneità che ci imprigiona. C’è forse disillusione e di certo la ricerca di risposte su quei vecchi riferimenti di una vita vissuta a contestare e raccontare. Ma questo non è un disco di resa alla prigionia sociale, politica ed esistenziale in cui ci siamo autocostretti a vivere. È casomai un dialogo interiore su tutto questo, una riflessione profonda e poi una condivisione con il proprio mondo di riferimento, esattamente come in quel film di Kasdan; è un disco intimo, che riflette e che coinvolge e che spinge in realtà ad andare avanti, con le fatiche e le illusioni e le consapevolezze dell’età, delle esperienze, delle cose che si sanno ma che non serve a nulla raccontare davvero, perché nessun giovane se ne servirà (è così che va il mondo; è così che deve andare). Serve invece la musica, l’incontrarsi intorno ad essa, il viverla e vederla crescere insieme. Claudio Lolli per pubblicare questo disco ha avuto bisogno di una campagna di Crowdfunding e questo la dice lunga sul senso e la direzione che stiamo colpevolmente prendendo. Pubblicare un disco di Lolli non può in nessun momento essere affidato alla gioia degli ammiratori. No. Dovrebbe esserci la fila di editori e produttori e etichette discografiche. Ne va della dignità della nostra storia culturale. E lo sappiamo. Lo dobbiamo sapere. Per fortuna sappiamo anche di essere in grado di andare da soli a prenderci il bello, come zingari felici. Ed è questo poi, in grande sintesi, il senso che chi scrive ha trovato nel “grande freddo”.
Tags:
Storie di Cantautori