Artisti Vari – Une Anthologie Du Khöömii Mongol (Buda Musique 2017)

In questa fondamentale pubblicazione dell’etichetta francese Buda sono documentate tre generazioni di esecutori dell’arte del canto khöömïï, entrato dal 2010 nell’elenco del patrimonio intangibile dell’UNESCO. I due CD presentano quarantatré tracce, di cui ventotto inedite, che coprendo un arco temporale che va dal 1954 al 2016 garantiscono una visione diacronica di questa magnifica pratica vocale mongola, diffusa anche in altre aree dell’Asia centrale. Nel canto difonico si distinguono due suoni di diversa altezza emessi e controllati contemporaneamente da un solo cantante. Accanto al suono fondamentale che si mantiene in sostanza costante, sono presenti quelli di derivazione armonica che disegnano il profilo melodico. Esistono diverse tecniche di khöömïï: nasale, faringeo, toracico, addominale, quella caratterizzata dal bordone grave, quella più rara di tipo flautato, Dunque, l’antologia propone un viaggio di 154 minuti nella sensibilità e negli stili rurali e urbani, nei documenti raccolti sul campo e nei CD pubblicati per il mercato; raccoglie la pratica di amatori e di professionisti, di cantori solitari e di solisti accompagnati da strumenti, di gruppi neo-tradizionali e di quelli entrati nell’alveo artistico della world music. Il progetto è stato concepito per il decimo anniversario dell’associazione Routes Nomades, il fine non è solo rappresentare un tributo a grandi esecutori, ma favorire la trasmissione generazionale del canto armonico dell’Asia centrale. Ne sono curatori Johanni Curtet e Nomindari Shagdarsuren: il primo è un etnomusicologo accademico specializzato nello studio del khöömïï, docente di lingua e cultura mongola, nonché direttore artistico di Routes Nomades, la seconda si occupa di beni culturali intangibili, ha lavorato in Francia, Mongolia e Corea del Sud sui temi dei patrimoni immateriali, contribuendo al dossier che ha portato al riconoscimento UNESCO. Il fatto è che nonostante l’alta considerazione da parte dell’agenzia delle Nazioni Unite e le opportunità di studio del canto che da anni sono offerte dal Conservatorio di Ulaanbaatar, si assiste al deficit di memoria degli stili e delle pratiche del passato. Ciò è causato dalla limitata circolazione dei dischi, dalla difficoltà di accesso agli archivi sonori e dai flebili legami tra cantori tradizionali e più nuove generazioni. Il primo disco antologico raccoglie registrazioni d’archivio custodite dalla Radio Nazionale Pubblica della Mongolia e documenti sul campo raccolti da Curtet tra il 2004 e il 2015, soprattutto nella parte occidentale del Paese. Il secondo album pesca tra I professionisti del khöömii, passando in rassegna maestri e giovani, cantatori e cantatrici, studenti e pastori nomadi, ensemble tradizionali e gruppi folk-rock. Un booklet di 46 pagine accompagna l’ascolto, fornendo informazioni su pratiche di canto, musicisti, contesti esecutivi e tipologie di canti; numerose anche le immagini d’archivio. Tra i più noti nel circuito world sono gli Egschliglen (“Talyn Salkhi”), di interesse anche i pionieri folk-rock Altan Urag (“Songsgood”), ma i vertici si raggiungono nel canto dell’immenso Dashdorj Tserendavaa (“Khokh salyn gol” e “Khöörkhön khaliun“), che è anche suonatore del cordofono ad archetto morin khoor: un maestro e innovatore, come Baatar Odsüren, tra i primi cantori a trasmettere alle donne il canto difonico. Poi c’è Badar Papizan (“Dag kargyraa, Tyva kojumak” e “Khamnyn khomuzu”), depositario mongolo dello stile di canto tuvano; un altro decano è Rentsen Davaajav (“Torooi bandi”), già membro del gruppo Jargalantyn Tsuurai (“Yesön erdeniin oron”), tra i primi gruppi di canto khöömii  in Mongolia. Davaajav conservato la sua vita di pastore nomade malgrado il suo professionismo artistico. Invece, è una delle più affermate cantanti è Pürevsüren Ösökhjargal (“Khökhöö Namjil” e “Jangar”), che è nata nel 1973, vive in Germania e ha fondato il gruppo femminile Khatan. Di talento e tecnica ne possiede senz’altro Khash-Erdene, figlio diciannovenne di Tserendavaa (“Bayankhairkhan, Gooj-Nana”). Ascolto indispensabile. 


Ciro De Rosa

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