La tredicesima edizione dell'Expo marsigliese dedicata alla world music (e da quest'anno anche al jazz) ha convogliato come al solito l' interesse di migliaia fra appassionati, addetti ai lavori, giornalisti, promoter, produttori discografici, direttori artistici e, naturalmente, musicisti. I numeri sono importanti: 130 stand, oltre mille delegati e centinaia di visitatori rendono Babel Med una delle manifestazioni del settore più importanti in Europa e seconda solo al Womex, fiera che quest'anno si svolgerà a Katowice, in Polonia, nell'ultima decade di ottobre. Oltre ad alcuni stand istituzionali ben gestiti e organizzati (Catalogna, i padroni di casa della Regione ospitante, Provenza-Alpi-Costa Azzurra, Belgio e Scozia) la fiera si è caratterizzata per la presenza di stand e delegati da ogni parte del mondo a rappresentare agenzie, festival e artisti praticamente da tutti gli angoli del pianeta, inclusi Corea, Costa d'Avorio, Capo Verde (che si prepara all'importante appuntamento dell'Atlantic Music Expo previsto per il mese prossimo) e l'interessante postazione della Sony-Africa. Assai frequentati i due maxi-stand Italiani, Puglia Sounds e la novità Italian World Beat, ambedue attivissimi durante tutte le tre giornate dell'Expo. Proprio Italian World Beat ha rappresentato la new-entry italiana a Marsiglia:
un hub che possa consentire agli operatori di accedere ai circuiti internazionali, ideato da Fabio Scopino e che ha coinvolto già un cospicuo numero di persone e instancabilmente condotto durante i tre giorni strategie di cooperazione con altre realtà europee anche per l'immediato futuro. La gittata a lunga scadenza prevede anche una label dedicata a proposte italiane di qualità sempre con un occhio verso l'esportazione. Ma il Babel Med è anche (e per certi versi, soprattutto) un festival musicale di altissimo livello con proposte varie e spesso interessantissime. Suddivisi su tre sale, due “standing” e una più piccola allestita come un piccolo teatro da 200 posti, si sono susseguiti una trentina di concerti, che hanno dato una buona rappresentazione di quello che è lo stato dell'arte nel circuito delle “musiche del mondo” (e da quest'anno anche di certo jazz). L'immagine più forte dell'intero Festival è la standing ovation riservata dal pubblico di una strapiena Salle Cabaret ai coreani Black String, già esibitisi allo scorso Womex, con il loro mix di strumenti della tradizione e un approccio iconoclasta che deve tanto all'improvvisazione radicale quanto a suoni addirittura post-rock. O il concerto di Lura, star capo-verdiana, l'alta affluenza al suo set ha costretto l'organizzazione a chiudere le porte a spettacolo appena iniziato. Insomma, a Marsiglia il pubblico frequenta con entusiasmo i concerti del Babel Med (o meglio, gli show-case, visto che la durata non supera i quaranta minuti) che sono la parte “pubblica” della manifestazione, giustapposta alla mostra-mercato per i soli addetti ai lavori . Fra le cose più belle viste e ascoltate nelle tre sale de “Les Docks des Suds” sicuramente il concerto della violinista e cantante estone Maarja Nuut: eccezionale strumentista e performer, accompagnata ai campionatori e live electronics da Hendrik Kaljujarv, ha offerto una rarefatta esibizione basata sulla rielaborazione in chiave elettroacustica di danze e ballate delle tradizione con brani in buona parte tratti del bellissimo disco “Une Meeles” dello scorso anno (cfr. ).
Detto del bellissimo concerto dei Black String, da segnalare anche lo storico coro corso A Filetta, sempre emozionanti ancorché disturbati dal sound-system della sala Mirabeau e da qualche squillo di cellulare di troppo. Poi, quel vecchio leone di Rachid Taha che, da grande istrione quale è, ha fatto ballare, divertire, ma anche riflettere su istanze importanti, un migliaio di persone; il bel connubio flamenco-arabo fra la chitarra andalusa di Juan Carmona e il mandoluth algerino di P'tit Moh in un tripudio di cante hondo, canto chaabi e con la danza del bravissimo Sergio Aranda a catalizzare l'attenzione del pubblico. Parentesi non richiesta ma dovuta: possibile che nel 2017, anche grandi strumentisti come i leader di questo progetto, all'inseguimento della chimera di un suono acustico e puro, consentano ai propri preziosi strumenti di essere amplificati, anche in posti che hanno un'acustica mediocre, soltanto con un microfono davanti alla buca con l'effetto di un suono che sembra proveniente da un acquario (Carmona) o che addirittura risulta quasi inaudibile (P'tit moh)? Sacrificare la bellezza di un suono “vero” in cambio di una maggiore presenza, non mi sembrerebbe un peccato grave, specie alla luce delle enormi possibilità, tutt'altro che costose, offerte oggi dalla tecnologia.
Belli anche i concerti delle dive africane, soprattutto la sudanese Alsarah, che filtra la cultura araba e quella nera con un groove tipicamente americano (la cantante vive a New York). Gradevolissima anche Awa Boussim, dal Burkina Faso, grande presenza scenica e ottima band, e anche la diva pop marocchina Fatima Tactchout, con un suono retro e tecnologico al tempo stesso che, se su disco risulta poco interessante, ha una riuscita “live” decisamente migliore. Da segnalare anche il concerto delle galiziane Ialma, acccompagnate dal mago belga dell'organetto Didier Lalois. Graditissima dal pubblico la performance dei veterani Speed Caravan di Mehdi Haddab, con quaranta minuti giocati a velocità (e volumi) altissimi. Deludenti, a dir poco, i greci Imam Baildi, con uno show che è risultato un display di luoghi comuni e un mix poco riuscito di stili quali il rebetiko, i generi “oriental” e l'hip-hop. Da rivedere Betty Bonifassi, cantante di Nizza trapiantata in Canada, con il suo repertorio di “slave songs” attualizzate: grande carica ma progetto da maturare. Poco interessanti i cubani Vocal Sampling, bravi, ma autori di una proposta piuttosto scontata e la band catalana Txarango con il suo banale mix di reggae e ritmi caraibici.
Infine, la splendida performance dei pugliesi Bandadriatica, già protagonisti della scorsa edizione, frizzante ensemble con il gusto del gioco e della citazione, che hanno presentato uno show trascinante e solido, cantato e suonato benissimo e assai apprezzato dal pubblico della Sala Mirabeau. Bandadriatica è uno dei migliori live-act italiani al momento e il suo leader Claudio Prima ha mostrato di essere non solo un ottimo organettista e cantante ma un capace intrattenitore. Bravi davvero. Fra le iniziative collaterali, da segnalare la presentazione del bellissimo cd “Il Sole non si Muove” della Compagnia Rassegna (di cui parleremo nei prossimi numeri), disco insignito del premio dell'Accademia Charles Cros, e la premiazione di Rachid Taha con il premio Babel Med Music consegnatogli durante il concerto.
Gianluca Dessì
Foto di Valerio Corzani
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