“L'inverno necessario” è la nuova produzione solista del cantautore, poeta e filologo modenese. Inciso per l’etichetta Tutl (www.tutl.com), che ha sede nelle isole Far Oer, il CD è stato però registrato in Italia, al Bombanella Soundscape Studio di Maranello, con Davide Cristiani (registrazione, mixaggio e mastering). Benozzo è dicitore profondo, sensibile al paesaggio, capace di descrivere ed evocare una molteplicità di luoghi, di cui disvela la sacralità, attingendo al suo taccuino di incrollabile viaggiatore. Volendo rintracciare affinità con i lavori del passato sia solisti che in partenariato con Fabio Bonvicini , diciamo che siamo di fronte a un album intimo, suonato da un one-man-band, animato da una voce calda e sobria, e che si accompagna all’arpa celtica e bardica, a cui questa volta si aggiungono tastiere e sintetizzatore. Diversamente dal passato (pensiamo agli acclamati “In’tla piola”, “Terraqueo” o “Ponte del Diavolo”) mancano brani in dialetto, che hanno rappresentato una delle punte compositive di Benozzo. Il nuovo disco comprende undici brani, di cui sei composizioni originali di Benozzo in italiano, la title-track “L’inverno necessario”, “Luna epiglaciale”, “Danza autobiografica”, “Eco del mare”, “Cerco ancora un’isola” e “Canto d’esilio”, quest’ultima cantata sulla melodia di una ninna-nanna canadese. Il tratto autorale lambisce i territori pop e folk psichedelici, ma soprattutto raccoglie la poetica profonda del musicista modenese. Quanto ai tre tradizionali, si avvertono altre novità del disco, visto che Benozzo rilegge la canzone catalana “La presó de Lleida”, ballata libertaria ripresa già dagli interpreti della Nova Cançó negli anni ‘60 e ‘70, tra cui naturalmente Joan Manuel Serra, canta in portoghese “Saudàdes ao meu bem”, originaria dell’Isola di Madeira, e si cimenta nel blues “Betty and Dupree” della Lousiana, trasposto in maniera inattesa e di grande effetto sull’arpa bardica. Infine, due strumentali, il gallese “Ffarwell i Aberystwyth” e l’altrettanto celebre melodia delle Highlands scozzesi “The mist covered mountains of home”, dedicata alla memoria del grande chitarrista John Renbourn e suonato con l’arrangiamento ideato dallo stesso John. Ancora una volta un disco di enorme espressività, da un autore ostinatamente al di fuori del coro, lo scorso anno perfino candidato da un comitato locale al Nobel per la letteratura.
Ciro De Rosa
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