Tartaglia Aneuro – Per errore (FullHeads/Audioglobe, 2016)

Il progetto Tartaglia Aneuro nasce nel 2012 dall’urgenza creativa e dalla necessità espressiva del giovane e talentuoso chitarrista ed autore napoletano Andrea Tartaglia, il quale ha unito le forze con alcuni strumentisti incontrati sul suo cammino come Paolo “Cane” Controne (chitarra), Mattia “Seed” Cusano (baso e cori), Salvio “Skazzi” La Rocca (percussioni) e Federico Palomba (batteria). Dopo un lungo rodaggio dal vivo nei locali di Napoli con le lunghe jam session al Kest’è, hanno cominciato a prendere forma le canzoni firmate da Tartaglia, da cui è nato “Per Errore” il loro album di debutto, nel quale si mescolano rap, rock, elettronica e world music, il tutto condito da testi in napoletano. A fare il resto e a lanciarli verso la notorietà, è stato il successo di “Le Range Fellon” che li ha visti protagonisti in quella straordinaria istantanea della scena musicale partenopea che è “Capitan Capitone e i Fratelli della Costa” di Daniele Sepe. Abbiamo intervistato Andrea Tartaglia per ripercorrere il suo percorso artistico, e farci raccontare le sue ispirazioni e la genesi di “Per Errore”. 

Partiamo da lontano, com’è nata l’esperienza artistica con Tartaglia Aneuro?
E’ nata tempo fa, all’epoca giravo Napoli suonando sia in strada sia nei locali, accompagnandomi con la chitarra acustica. Proponevo qualcosa di molto intimo, ma poi ho sentito la necessità di farmi affiancare da altri musicisti che man mano ho incontrato per strada. Inizialmente con me suonava solo il percussionista, poi si sono aggiunti basso, chitarra e insieme abbiamo cominciato questo percorso.

Quali sono i tuoi riferimenti a livello musicale?
I riferimenti sono stanti musicalmente parlando, e la mia fortuna o sfortuna, questo devo ancora capirlo, è che ascolto e mi appassionano generi che non suono. A livello locale, in particolare, sono stato influenzato dai 99 Posse, Daniele Sepe, i 24 Grana che ascoltavo moltissimo quando ero ragazzino. Fondamentalmente però i gruppi che mi hanno aperto la mente a livello musicale, ma non di contenuti per i quali la scena napoletana mi ha dato molto di più, sono i Sistem Of Downe e i Tool a cui rimanda un po’ la nostra radice crossover. Chiaramente noi come gruppo ricerchiamo molto nella musica popolare, nella world music. Per esempio ci hanno ispirato molto i canti tuvani della Bassa Russia e i loro suoni gutturali.

Ci puoi parlare del tuo processo creativo?
Dipende, la maggior parte nascono per chitarra e voce. A volte, però, viene fuori una melodia alla chitarra su cui improvviso e quello che mi resta in testa il giorno dopo, cerco di fissarlo in un ritornello. L’improvvisazione mi porta a trovare tante soluzioni melodiche, ma alla fine quella che lascia il segno diventa poi una canzone. C’è una sorta di flusso di coscienza su cui poi ricamo il testo.

Dai vostri primi passi come band al vostro debutto discografico è trascorso un po’ di tempo nel quale avete rodato i brani dal vivo…
Abbiamo suonato moltissimo dal vivo prima di far uscire il disco, perchè quest’ultimo ha rappresentato un passaggio piuttosto travagliato, essendo la prima esperienza per tutti noi. La scelta di autoprodurci non è stata semplice ma ci hanno sostenuto molti amici, tuttavia abbiamo avuto una fase realizzativa piuttosto lunga in quanto dovevamo stare ai tempi di quanti ci hanno aiutato nelle registrazioni. Questa esperienza ci ha insegnato tantissimo perchè abbiamo seguito tutte le varie fasi direttamente dalle registrazioni, al mixaggio fino alla stampa. Ci siamo formati veramente sul campo e abbiamo sperimentato in prima persona come si ci muove per fare un disco. Dopo aver fatto dei passaggi in studio per basso, batteria e chitarre, cis siamo addirittura costruiti la saletta per registrare le voci, le percussioni e tutti gli altri strumenti che ci servivano.

E’ un lavoro, dunque, che parte dal basso…
Il disco è stato realizzato in nome di un vero e proprio artigianato musicale, qualcosa che ormai si sta anche perdendo. Noi siamo stati artigiani anche nel realizzare le copertine dei dischi che abbiamo assemblato noi. Questo ci ha portato dedicarci un po’ di tempo in più, ma le soddisfazioni sono state tante. Un esempio ne è certamente il primo video “Schizofrenia” nel quale si vede la scenografia di un tribunale e che è stata costruita da noi, per cui abbiamo vestito anche i panni degli scenografi. La regia è stata curata dal nostro amico Daniele Robin.

Venendo ai brani del disco. Ci racconti com’è nata la title-track?
Ero in una comune in Spagna, una sorta di ecovillaggio. Un giorno decisi di andar via, e poco dopo essere partito, pensai di aver sbagliato. Poco dopo incontrai sul pulman dei ragazzi che mi hanno fatto conoscere un altro ecovillaggio ancora più bello, dove mi sono divertito molto e ho fatto esperienze davvero straordinarie. In quel momento è nata l’ispirazione per il brano, ma il concerto alla base del brano è molto più ampio. In tutta la mia vita mi sono abituato ad imparare dagli errori. Per esempio passando da una nota all’altra della chitarra finchè non trovo la nota che mi piace sbaglio sempre. Per me l’errore è uno stimolo per la creatività.

Perchè un napoletano scrive un brano dal titolo “Nebbia”?
Sono nato e cresciuto nell’entroterra di Pozzuoli, vicino a Quarto che, dalle nostre parti, è rinomata proprio per la nebbia. Non è vero che c’è nebbia solo al nord, e un agente atmosferico come questo ti porta naturalmente a paragonarlo alla società attuale che non ha un punto di riferimento reale. Tutti noi siamo annebbiati da noi stessi, dalle nostre paure, dalla nostra ignoranza riguardo alle nostre potenzialità. Sono convinto che ognuno di noi in potenza possa fare moltissimo, molto di più di quello che crede, ma spesso non siamo a conoscenza di tutto questo.

Veniamo al brano che hai realizzato con Daniele Sepe. Quanto è stato importante l’incontro con lui?
E’ stato importantissimo tanto per questo disco, quanto per la mia carriera. Daniele, non solo con me, ma con tutti i Fratelli della Costa è stato una sorta di padre, accogliendoci sotto la sua ala protettiva. Ci sostiene e ci aiuta continuamente. Averlo incontrato, mi ha dato modo di conoscere umanamente una persona che, per quanto sembri burbera, è davvero straordinaria. A livello artistico è stato un esempio importante, perchè vederlo lavorare durante la registrazione del primo disco di Capitan Capitone mi ha permesso di capire tante cose. Essere poi affiancato al suo nome mi ha dato molta visibilità, e il resto lo ha fatto il grande successo di “Le Range Fellon” e del quale siamo tutti contentissimi. Daniele è stato un ottima guida e continua ad esserlo perchè non ci ha abbandonato. Ha partecipato al disco suonando tutti i fiati ed in particolare il sassofono e i flauti. Al di là del suo nome, si avverte chiaramente la qualità che ha impresso ai brani in cui ha suonato. 

Com’è nata “C’eccis”?
E’ un modo neanche troppo ironico per dire che tutti soffriamo delle sete di profitto e di potere che c’è nel mondo. O direttamente o indirettamente chi ha il potere cerca di sopraffare sempre tutti.

Cosa succede in “Abbasc a ddo me”?
Succede che purtroppo, per anni, abbiamo vissuto il dramma dell’emergenza rifiuti. Ora la situazione è un po’ migliorata, ma sono stati momenti difficili per chi come me vive vicino alla discarica di Pianura. Ho vissuto in prima persona le rivolte contro le discariche, una la stavano realizzando a pochi metri da casa mia. C’è stata una grande mobilitazione per sventare questo ulteriore sfregio ai Campi Flegrei. Io vivo tra la discariche di Giugliano e di Pianura e il depuratore di Cuma, ho vissuto le spiagge del litorale Domizio martoriate da decenni. Chiunque soffrirebbe a vedere fiumi neri che sgorgano in mare, mentre vedi un tramonto bellissimo e la puzza tremenda ti stordisce. Mia madre mi diceva sempre che la mia stanza era lo specchio della mia anima, perchè sono molto disordinato, e da questa frase è stato naturale giungere alla conclusione che l’inquinamento è dovuto essenzialmente al degrado morale della società.

Fondamentalmente questo spirito ecologista anima anche “Le Range Fellon” nel suo viaggio…
Il rancio fellone riprende tutto questo, ma dal punto di vista di un animaletto simpatico e un po’ francese.

In “O’ Fierr. Il rap delle casalinghe” che cosa canti?
Il rap, da fenomeno di nicchia è diventato mainstream, lo ascoltiamo tutti i giorni e tutti quanti prima o poi si lanciano in questo genere. Mi sono sempre chiesto: se “o’ zappatore a mamma nun sa scord ‘a mamma”, il rapper cosa farà? Questa canzone è un po’ la risposta che mi sono dato. E’ il punto di vista delle signore napoletane o campane che la mattina si svegliano per fare le polpette, e magari sono più gangster dei figli o dei mariti che fanno i camorristi perchè li prendono a paccheri.

“So’ vivo” è stato il brano che ti ha rappresentato in questi anni. E’ il tuo modo per dire io ci sono…
E’ un modo per affermare la propria creatività in un modo o nell’altro, attraverso l’esprimersi al di là delle convenzioni. Questo brano racchiude la maggior parte dei momenti emozionanti e pieni di vita che ho vissuto. E’ un disegno metaforico di quello che per me è lo stare bene, la serenità. C’è dentro tanto di me, ed è il brano che amo cantare di più del disco precedente. E’ la parte di un diario interiore, di cui quelle sono le pagine migliori.

Ti sei inconsapevolmente tradito parlando di disco precedente. Eppure è uscito solo pochi mesi fa…
Non c’è un disco nuovo in uscita, ma ci stiamo lavorando già. Per altro non è il solo disco a cui stiamo lavorando, ma non posso dire altro.

E’ il lavorazione anche un nuovo capitolo della saga di Capitan Capitone?
La notizia è pubblica, sui social stiamo documentando la prima settimana di registrazioni.

Come porterai in tour “Per Errore”?
Lo dice il titolo… per sbaglio. Noi non siamo seguiti da nessuno, non abbiamo un booking o un ufficio stampa. Siamo autoprodotti, autorganizzati e autogestiti, questo ha i suoi pro e i suoi contro. Il disco sta andando bene, tant’è che lo stiamo anche ristampando. Chi lo ha ascoltato rimane molto colpito, ma ha i suoi tempi per essere compreso a pieno. Anche fuori Campania è piaciuto molto, abbiamo fatto concerti in Puglia, in Emilia Romagna e in Lazio. Anche chi non capisce il dialetto dai nostri live, riesce a cogliere la potenza del suono, l’energia e l’emotività dei brani. Questo non può che essere una soddisfazione e lo stimolo a fare meglio per il futuro.



Tartaglia Aneuro – Per errore (FullHeads/Audioglobe, 2016)
Il 2016 sarà ricordato come uno degli anni più intensi dal punto di vista creativo per la scena musicale napoletana e a dimostrarlo è la messe di dischi che abbiamo avuto modo di apprezzare ed ascoltare. Tra questi non potevamo non soffermarci su “Per Errore”, debutto discografico del progetto Tartaglia Aneuro, scoperti nella ciurma dei Fratelli della Costa di Capitan Capitone di Daniele Sepe con il fenomenale successo di “Le Range Fellon”. Composto da undici brani per quarantaquattro minuti di musica, il disco ci conduce attraverso ritmi e sonorità differenti che spaziano dalla world music alla canzone d’autore, dal rap all’elettronica, fino a toccare il rock, a racchiudere in modo perfetto testi che raccontano, la Napoli di oggi con le sue contraddizioni, si soffermano su spaccati introspettivi ed indagano sullo spirito autodistruttivo dell’uomo, ormai lontano da sé stesso e dalla natura che lo circonda. Il songwriting di Andrea Tartaglia svela la sua originalità in un approccio ironico e pungente ma allo stesso tempo sempre attento a cogliere le sfumature dei sentimenti e dell’emotività. Aperto dalla riflessiva title-track in cui l’autore racconta il suo approccio all’esperienze di vita, il disco entra nel vivo con le trame acustiche di “Nebbia” che sfociano in un rap travolgente e la trascinante “Ceccis” in cui spicca il sax di Daniele Sepe per raccontare le sofferenze della gente succube di scelte politiche ed economiche errate. Se “Abbasc addu me” ci conduce nei vicoli di Napoli riportando al centro le tematiche sociali, l’ironica “O’fierr” con la complicità di Dj Uncino è il ritratto di una donna napoletana che non si arrende di fronte a niente. Si prosegue con “La mia protesta” e “Alieni” che fanno da preludio ai due vertici del disco: “Schizofrenia” in cui spicca la partecipazione di Marcello Coleman e per la quale è stato realizzato anche un videoclip, e la riflessiva “So’ Vivo” brano tra i più noti del repertorio di Tartaglia & Aneuro, ancor prima che uscisse il disco. “Notte” con Oscar Montalbano e “Primordio” suggellano una eccellente opera prima, un ottimo primo passo per un percorso artistico che si preannuncia certamente ricco di belle sorprese.


Salvatore Esposito

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