Di ritorno dal teatro, faccio in tempo ad ascoltare un brano della franco-giapponese Maiah Barouh, pentendomi di essermi allontanato, perché sembrava davvero interessante soprattutto sul piano musicale, visto che allinea sintetizzatore, batteria e percussioni di foggia nipponica, e una vocalità non banale. Si chiude con i colombiani Puerto Candelaria: anche qui cumbia style con pianista wurlitzer dal tiro funky, sezione fiati e tutti a ballare, anche se la proposta dei vicini peruviani Bareto mi sembra più raffinata e potente di questo sestetto, apprezzato però da un audience che sfoggia cartelli con hashtag #paz, dichiaratamente ispirati alla recente fine del conflitto ultraventennale tra governo colombiano e FARC. Il mio viaggio nella world Music 3.0 o forse 4.0, 5.0 e così via è appena iniziato ma confesso di avere le idee ancora più confuse di quando sono partito! Dopo la prima giornata di studio, il venerdì la fiera inizia a popolarsi maggiormente. Si intensifica l'offerta di aperitivi e alcolici anche in orari poco probabili. La Cidade da Cultura pullula ora di agenti booker, direttori di festival artisti alla ricerca di ingaggi venditori di strumenti ‘customizzati’ e via dicendo. Nel pomeriggio incontro un vero e proprio mito, Nikel Pallat di Indigo, principale distributore tedesco indipendente e famoso per essere stato parte di un gruppo politrock, i Ton Steine Scherben . Nel 1971 Nikel e i suoi erano ospiti alla Westdeustcher Rundfunk, dove nel pieno di un acceso dibattito in studio sulla musica il nostro allora poco più che ventenne tira fuori un'ascia nascosta sotto il tavolo e inizia a sfondare tutto...(Non ci credete?? Ecco qua).
Ci credereste a vederlo ritratto in una foto d’oggi? Senz'altro questo incontro non è casuale se vogliamo tornare al concetto di world music. Sono proprio curioso di vedere cosa succederà negli showcase serali. Si parte in ritardo per via degli ottimi bar di tapas galiziani, e riesco ad arrivare nella sala, dove si ripropone il celebre Bella Ciao da parte dei big della world music nostrana; Elena Ledda, Riccardo Tesi, Lucilla Galeazzi e Co. riportano in scena questo fortunato spettacolo ma riesco a vedere solo la fine, accolto all'ingresso da un clamoroso solo di body percussion da parte di Gigi Biolcati. Tempo di andare al Salòn teatro dove è il turno di Quique Escamilla, messicano naturalizzato canadese anch'egli ospite della rassegna Train de Vie a Lo riascolto sempre con piacere e soprattutto in formazione allargata, con trombone, basso e batteria. Nonostante delle incertezze sul suono e soprattutto una certa spigolosità nella sezione ritmica, il carisma di Quique rende la performance appassionante e arriva dritta al punto della sezione off Womex in cui è inserito, vale a dire uno spazio disponibile a chi vuole investire per proporre alle agenzie del globo presenti un proprio artista. In questo caso sono le istituzioni culturali canadesi a finanziare. Ripenso sempre alla nostra piccola Italia di schegge impazzite con valigetta che vagano nella fiera e che si incrociano puntualmente...
Alla fine faremo una foto di gruppo, ed il mio personale augurio per tutti è che sia una foto augurale di condivisione di scena nel futuro. Un salto di ritorno al main stage con i funambolici afro-brasiliani Bixiga 70, il cui dipartimento della cultura con tanto di stand si era già fatto notare nei pomeriggi precedenti con cachasa a fiumi – code anche di trenta persone – e splendide locandine stampate con tecnica raffinatissima anni Settanta del Novecento, ricordando a tutti che siamo in un world music market, cioè l'obbiettivo è vendere i concerti degli artisti. È tempo di fare visita ai DJ che portano avanti la notte del Womex fino alle 4:00 in una sala poco vicino al main stage. Mi godo un raffinato DJ set di DJ Rachel, ugandese di ottimo tiro, anche se con qualche malaugurata cedevolezza per arruffianarsi la sala (vedi alla voce: lambada. Dopo una selezione funkettona di buon pregio), ed eccessivo zelo dato che il livello alcoolico sale paurosamente. Ultimo giorno quindi, e già gli orari saltano con precisione svizzera. La notte precedente si è chiusa troppo tardi per consentire ai più di essere mattinieri sul posto di lavoro. Io stesso mi rendo conto che posso finalmente andare ad uno showcase diurno solo in tarda mattina, e ricordo una segnalazione dell'amico Thorsten Bednartz di DeutscheKultur Radio:”Vai a sentire i Ponk e chiedi la Slivovitza del padre del bassista!”. Siccome su queste cose Thorsten è una sicurezza, entro nella sala posta al quarto piano della struttura che ospita il Womex e mi siedo senza troppe aspettative, decisamente in attesa del ‘rinfresco’ che sarà offerto a fine showcase.
Ma bastano poche note per proiettarmi in un universo musicale fantastico, imprevedibile, classico e moderno, folk e sperimentale, con dei visuals impensabili eppure efficaci per semplicità. Il trio di Brno rivisita in musica storie di misteriosi assassinii nei boschi della Moravia, in una formazione da camera, con cymbalom, contrabasso e violino, ma con suggestive armonizzazioni vocali e una pulsazione ritmica incessante nonostante l'assenza di percussioni o simili. Sicuramente per mio gusto personale questa è la migliore world music che ho ascoltato qui, e alla fine sono così felice che ringrazio via sms Thorsten, prendo un paio di copie del disco (una per me e una per la redazione di questo giornale) e mi godo la tanto decantata (e a ragione) slivovitza. Tempo di rientrare però nel tradizionale...c'è Gisela Joao e dunque vinco la mia riluttanza ancestrale per il fado e mi seggo in teatro. Una magnifica performance della giovane cantante portoghese (che forse proprio per non sviare il pubblico dalla musica occulta la sua avvenenza indossando una specie di vestitino bianco con peli degno della moglie di Chewbacca), ma soprattuto l'interplay commovente del trio che la accompagna, chitarra portoghese, chitarra 'semplice' e basso acustico mi riconcilia con questa musica, ricordandomi che non c'è noia che tenga davanti ad un'interpretazione musicale di prim'ordine... esco felice e corroborato soprattutto dal fatto di aver ascoltato in teatro una grande artista di fado che canta il fado con musicisti di fado.
Ma siccome a ogni conquista di bellezza c'è un contrappasso da pagare, eccomi subito al main stage per la performance di un altro gruppo da selezione ufficiale e variegata formazione che la scheda definisce di “Electro-Trad”(!), i Bargou 08. Sarò ancora con la testa al fado, ma della loro performance ricordo soprattutto un tastierista in saio e molti strumenti etnici su cassa dritta....ci risiamo!! La serata promette bene, e spinto dalla curiosità, ritorno nel teatro, location a me più consona, per assistere alla performance dei Maltese Rock, sestetto giapponese con voce, tastiera, strumento ad arco mongolo elettrificato che risponde al nome di morin khuur, contrabbasso, batteria e chitarra elettrica. Da notare il chitarrista che fino alla vita sembra il direttore della mia banca, dalla vita in giù indossa pantaloncini corti color salmone, calzettoni sportivi grigi e all stars. Tralasciando il kimono del leader della band, la brochure parla di nuova musica da Okinawa, che innesta i canti dei pescatori della località nipponica con surf-rock.. Dopo venti minuti l'impulso è di andare via, ma a questo punto voglio proprio vedere dove vanno a parare.. Ascolto una specie di sigla di Heidi con chitarre tarantiniane ed improvvisi tentativi del cantante che chiama a gran voce il pubblico con una «Are you ready??» degna dei numi tutelari del rock. Peccato che di pubblico ce ne sia poco. Ma ho portato con me il CD, e sono davvero curioso di riascoltare la proposta in assouto più folle di tutte...
probabilmente a spese del contribuente di Okinawa. Gran finale alla Sala Capitol con il dj set del marocchino/statunitense H.A.T., set elettronico raffinatissimo e minimale di quelli che piacciono a me, grande cura del campionamento con cuts di video tratti dai canti delle tribù berbere che si susseguono sui 4 schermi posti alle spalle del DJ. Proprio per questo gusto splendente però non gli perdono la consueta caduta di stile per accattivarsi una pista che stentava a farsi trascinare dai drones, vale a dire un “get up, stand up!” nel bel mezzo della selezione che faticosamente si stava imponendo ai più. Mi faccio più avanti e noto che il pavimento è completamente ricoperto di rhum al punto da rischiare di perderci le scarpe per quanto si attaccano al suolo... Tutti ormai hanno smontato gli stand e sonno pronti per ripartire.. Salterò l'ultimo network meeting domenicale con tanto di premiazioni (i fantomatici quanto inutili Womex Awards assegnati alla cantante Calypso Rose da Trinidad & Tobago al colombiano Henry Ortega, MC del collettivo Crew Peligroos) e mi congedo da questa edizione. Cosa sia la world music ancora non l'ho capito, ma di certo ho acquisito preziose informazioni su dove si trova il mercato della world music e bisogna ammettere che tra tanto fumo in giro ci sono ancora delle ottime cose da ascoltare al netto delle operazioni di 'contaminazione' del tutto gratuite a cui ahimè ho assistito, basta cercare! La prossima edizione del Womex si terrà a Katowice, Polonia, dal 25 al 29 ottobre 2017.
Tags:
I Luoghi della Musica