Sono trascorsi quattro anni da quel gioiello che era “Black Tarantella” ed Enzo Avitabile, dopo averci regalato la splendida colonna sonora del docu-film “Music Life” che Jonathan Demme ha realizzato sulla sua vita, torna con “Lotto Infito”, disco che segue la stessa forma dialogica con artisti italiani e stranieri. Si tratta di una sorta di concept album che, nell’arco dei suoi quattordici brani, ci svela un affresco sonoro accorato e sofferto sulle periferie, quelle situate a Nord di Napoli come quelle di tutto il mondo, ma anche sulle terre promesse di cui Lampedusa è il simbolo per i migranti, in una lotta quotidiana tra il degrado che ci circonda e il degrado che si impossessa dell’anima, ma senza perdere mai la speranza. Di tutto questo abbiamo parlato a lungo con il musicista napoletano il quale, come sempre accade nelle interviste, ci ha condotto per mano attraverso le suggestioni e le ispirazioni alla base di ogni brano, senza tralasciare riflessioni profonde sulla sua Napoli e il suo rapporto con il palco.
Come nasce “Lotto Infinito”? Come mai hai scelto proprio questo titolo?
Il titolo nasce da uno striscione che ho visto a Ponticelli, un quartiere di Napoli, ed era appeso ad una ringhiera delle case popolari. Mi è piaciuto subito perché il lotto indica una parte di qualcosa e la parola infinito dà il senso di qualcosa che parte da zero per arrivare a qualcosa di immensamente grande. Da un quartiere popolare al mondo intero, da una goccia d’acqua all’Oceano.
La copertina del disco di Piero Pizzi Cannella rende molto bene tutto questo.
Questo nuovo album come il precedente “Black Tarantella” e la colonna sonora di “Music Life” è un disco di dialoghi…
E’ la mia musica ad essere così, io non posso prescindere da questa cosa. Negli anni ho avuto modo di confrontarmi con artisti differenti da James Brown a Afrika Bambaataa, da Tina Turne a Khaled, da Manu Dibango a David Crosby, fino ai tanti artisti italiani. A volte nascono queste cose che sento di fare. Sicuramente il prossimo disco non sarà così. Nella mia carriera ho realizzato dischi da solo come nel caso di “Napoletana”, “Sacro Sud” e “Addò”. Dipende dall’opera dove ti porta e se c’è l’esigenza di avere un orientamento diverso dal mio.
Quali sono le identità e le differenze con “Black Tarantella”?
“Lotto Infinito” inizia laddove “Black Tarantella” finiva, ma è un disco completamente diverso perché tocca altri temi, e ha un’altra volontà. Avevo voglia di raccontare queste storie, e di realizzare un album come fosse un libro da sfogliare. E’ nu disc o’ ver.
Come si è evoluto il tuo suono in questi anni?
Il suono di “Lotto Infinito” nasce autonomamente perché parte da scelte ben precise. Ci sono i Bottari quando serve che ci siano, ma essenzialmente c’è basso, batteria, corde, fiati. Ci sono ritmi mediterranei, contaminati dai suoni jazz. Insomma viaggiano verso un nuovo codice…
Ad aprire il disco è “Napoli Nord”, un affresco in musica delle periferie napoletane…
Sono voluto partire dalla mia terra. Sono nato a Marianella, le cui campagne dove sorge attualmente Scampia erano possedimenti di Sant’ Alfonso Maria De’ Liguori, colui che ha dato vita alla musica sacra, il precursore di tutto. Io sono proprio figlio di Napoli Nord, di Capodichino, di Secondigliano. Era naturale che il disco cominciasse da quello che vivo tutti i giorni.
Racconti la periferia di Napoli Nord, ma potrebbe essere quella di qualsiasi altra città del mondo…
Ho scelto di cantare una Napoli diversa da quella turistica del lungomare, delle vie del centro. La Napoli di “Lotto Infinito” è quella della campagna da dove vengo io, terra non povera ma di svantaggio. Volevo cantare anche la vita di quelle periferie che si trovano in ogni città. Periferie intese non solo in senso territoriale ma anche esistenziale. Sono città nelle città, zone dimenticate, fuori dal mondo, fuori dalla vita. In queste canzoni c’è la vita di tutti i giorni, quella realtà che accomuna tante persone. E’ necessario riscoprire la dimensione vera delle periferie, non solo quella violenta che poi diventa cinema. A volte il degrado del territorio, provoca anche il degrado spirituale.
“De Profundis” è un canto di dolore ed allo stesso tempo di speranza in cui duetti con Giorgia…
L’immagine che volevo evocare è questa. Giorgia, con la sua straordinaria espressività vocale, è come se cantasse da Scampia, dal Fondo delle Vele, fino all’Universo. “Dal profondo sto gridando a te”: è uno scatto di orgoglio di un uomo. La sua voce grida: “sono vivo, potete vedermi, ho un cuore, un’anima, un cuore che pulsa!”. Quest’uomo è Scampia che grida: “io non sono solo Gomorra!”
“Attraverso l’acqua” che canti con Francesco De Gregori racconta il dramma dei migranti di Lampedusa…
Ho scritto questa canzone a Lampedusa in occasione della presentazione del film di Johnathan Demme “Music Life” sulla mia vita. Il brano è cresciuto man mano, si è allargato fino a diventare un brano che racconta non solo il dramma di chi approda su quell’isola, ma anche la nostra migrazione, la migrazione della nostra anima. Siamo tutti immigrati perché cerchiamo questa sponda d’oro, questa terra di nessuno. Lampedusa è così la terra della speranza, il simbolo della salvezza, mentre il mare è sia fonte di vita ma anche un ostacolo da superare. Insieme a Francesco De Gregori cantiamo questo canto di accoglienza che è una riflessione sulla realtà che ci circonda per poi andare in una dimensione più ampia, più spirituale.
… Ma a te è piaciuto ‘o disc?
Il disco mi è piaciuto molto.
In particolare mi ha colpito anche “San Ghetto Martire” dove racconti una storia vera…
Questo brano racconta una storia precisa, una storia vera. E’ quella di Felice Pignataro che è stato un pioniere a Scampia. Lui ha cominciato a fare laboratori, e attività per coinvolgere la gente e poi ha avuto questa intuizione del carnevale con questa maschera di cartapesta che è San Ghetto Martire. Questo santo porta addosso come ex voto i cartelli con slogan politici. E’ un santo inventato, un santo laico di lotta non di governo.
C’è una dimensione devozionale diversa, ma mi piaceva evidenziare questa cosa perché la fede ha una dimensione molto confidenziale sia esso un santo vero, la Madonna, San Gennaro o ancora un santo inventato. La devozione in questo caso è un atto di fede nella vita.
“Bianca” invece è dedicata alla giovane cantautrice, peramaturamente scomparsa, Bianca d’Aponte…
E’ un brano nato da una mia visione. Decisi di scriverlo per un’edizione del Premio Bianca d’Aponte in cui fui ospite e lo cantai per la prima volta in quella occasione. Avevo già anticipato a Gaetano, il padre di Bianca, che avrei cantato questo brano con Renato Zero. Bianca è la morte prematura, la tragedia che si consuma nell’impossibilità di poterla prevedere. Bianca è il simbolo della verità nella vita di tutti i giorni. Nelle terre a svantaggio si consumano delle tragedie in questo rapporto tra vita e la morte che si rincorrono e giocano a rimpiattino. C’è il tabù della morte che qualcuno non vuole toccare, ma c’è anche il ricordo che vive sempre nel nostro cuore. Ho voluto rendere omaggio a Bianca che era una cantautrice, e ha vissuto questa tragedia, così come i suoi genitori. Sono i sogni spezzati, le ali spezzate. In un disco autentico fatto di verità non potevo non parlarne di questa cosa. Renato Zero poi ha aggiunto un’emozione, e canta in maniera diversa da come lo abbiamo imparato a sentire e ciò significa che si è calato veramente e profondamente in questo disco.
Nel disco affronti anche il tema del cambiamento in “Amm’ a Amm” che canti con Caparezza…
In “Lotto Infinito” ho cercato di creare degli stimoli che portassero l’ascoltatore a riflettere su temi come l’uguaglianza, la giustizia sociale, la solidarietà, ma affinché non diventi semplice retorica è necessario che si agisca, che si faccia qualcosa per il cambiamento, un atto rivoluzionario, una presa di coscienza.
“Abbi Pietà di Noi” ci conduce attraverso la “Terra dei Fuochi”…
Il viaggio attraverso la Terra dei Fuochi è l’atto di dolore di tutti noi, colpevoli di aver distrutto una terra meravigliosa mettendo in atto un crimine, un genocidio ecologico. Ho scelto di rielaborare in una versione laica le litanie lauritane e l’uso della lingua napoletana per raccontare le bellezze di questa terra rappresentano l’elemento di contrasto.
“Jastemma d’ammore” è un documento che arriva dal lungo tour che hai fatto con Pippo Del Bono…
Con Pippo abbiamo fatto tante cose insieme, ho composto le musiche dei suoi spettacoli. Volevo raccontare del rapporto tra amore umano e amore universale. L’amore umano ci lega, ma nel legarci non ci libera, ci vincola. Spesso sdoganiamo per amore legami diversi, forse anche dannosi per noi. E’ una bestemmia la parola amore? L’amore è qualcosa che è gioia, è vita o piuttosto un inferno in cui siamo rinchiusi?
Cos’è per te l’amore?
E’ qualcosa di indefinito. Ho un’altra concezione, ed è legata ad un grande ricordo…
In “Nisciuno Sape” duetti con Elena Ledda, mentre la tromba di Paolo Fresu offre una splendida cornice melodica…
In questo brano c’è il ricordo di un lavoro storico come “Sonos ‘e memoria”. Volevo riflettere sulla capacità di rinascita dell’umanità perché la vita nasce sempre e comunque, anche nel degrado. Più vivi in uno stato di incoscienza, più la vita rinasce. Elena con la sua ninna nanna evoca il rapporto tra la notte e il nuovo giorno che nasce.
Tra gli ospiti internazionali del disco ci sono Daby Touré e Hindi Zahra…
Daby Touré è una delle voci più belle della world music, mentre Hindi Zara è un vero e proprio talento. Sono due voci uniche. Nel dialogo con loro c’è il simbolo dell’accoglienza. Napoli che accoglie. Noi artisti italiani che accogliamo i suoni del mondo e viceversa loro accolgono noi. Non poteva non esserci nel “Lotto Zero” la presenza di tutto questo.
Nella title-track spicca la voe di Giovanna Marini…
Ho una vera e propria devozione per Giovanna perché è la testimonianza della voce popolare italiana, dei canti di lavori, dei canti partigiani. E’ il simbolo della nostra storia e della nostra cultura e non poteva mancare in un brano come questo, dove si racconta la storia di un ragazzo che sogna una vita diversa in questo lotto zero. Vive i suoi sogni, i suoi desideri, e ogni giorno questo ragazzo porta la sua croce e non si ferma, cerca la sua terra, la sua speranza.
Quindi c’è una speranza per questa terra?
Ho voluto chiudere il disco con dei versi scritti da me e declamati da Lello Arena. C’è la certezza di un cambiamento.
Recentemente hai scritto le musiche per il film “Indivisibili” di Edoardo De Angelis…
E’ un film straordinario, una storia molto bella e sono contento che stia ricevendo i consensi che merita.
Come porterai in tour un disco così articolato?
Non esistono i concerti di “Lotto Infinito”, esistono i concerti di Enzo Avitabile che sono sempre diversi. E’ possibile che ci saranno concerti con vari ospiti, o altri in cui ci sarà uno solo degli artisti che hanno collaborato al disco. Non si può limitare la portata di un lavoro, vincolando le canzoni a come sono fatte su disco. L’errore che si è fatto spesso nella discografia italiana è quello di fare un album e suonarlo pari pari dal vivo. Fare un disco come questo per suonarlo dal vivo sempre con gli ospiti, sarebbe impossibile. Non si farebbero più dischi in questo modo, e non ci sarebbero mai opere nuove. Recentemente ho fatto un concerto sul cratere del Vesuvio, ma non è diventato un disco, o ancora dal progetto con Pippo Del Bono non è stato pubblicato un disco. Ci può stare che si faccia un progetto e non ci sia una traccia discografica e viceversa. Ho suonato con James Brown ma non è mai uscito un disco. Che possiamo fare? L’importante è che la gente viva i dischi come un film, come un libro. Mica smettiamo di leggere? Mica non ascoltiamo più Fabrizio De André perché non c’è più. Io canto ancora “E’ ancora tiempo” anche se Pino Daniele non c’è più. La musica va liberata da queste gabbie, deve camminare da sola. Diversamente è un casino.
Concludendo, come giudichi il fermento creativo che attraversa in questi anni la scena musicale napoletana..
Napoli ha sempre avuto una scena musica importante, io la vedo come una cosa normale. Non c’è nulla di speciale in questo. Magari è cambiata l’attenzione verso la musica di questa città, forse la si è riscoperta.
Enzo Avitabile – Lotto Infinito (Sony Music, 2016)
#CONSIGLIATOBLOGFOOLK
Un percorso artistico lungo trentacinque anni, costellato da sedici dischi e una lunga serie di prestigiose collaborazioni, basterebbe questo per definire Enzo Avitabile come uno degli artisti di punta della scena musicale napoletana, ma ancor di più osservando con attenzione in retrospettiva la sua carriera apparirà chiaro come, sin dagli esordi, la sua ispirazione sia stata animata da una costante tensione verso la ricerca, il confronto con altre esperienze artistiche e la sperimentazione. Dai primi passi mossi tra blues e soul, passando per la world music fino a toccare il ritorno verso casa e la tradizione partenopea, Enzo Avitabile ha man mano dato vita e corpo ad una cifra stilistica unica, nella quale la sua Napoli incontra il jazz, la fusion, i suoni del mondo e la canzone d’autore. Se a cristallizzare in modo definitivo questo approccio era stato prima “Black Tarantella” e poi la colonna sonora di “Music Life”, in “Lotto Infinito”, disco fresco di stampa che giunge a tre anni da quest’ultimo, trova il suo vertice massimo. Pur seguendo la stessa struttura dialogica che vede Avitabile confrontarsi con alcuni tra le voci più importanti della canzone d’autore italiana e della world music, questo disco prende le mosse da ispirazioni, suggestioni e riflessioni differenti. “Lotto Infinito” è un affresco corale sulla vita di tutti i giorni, sul mondo che ci circonda, sulle esistenze sofferte degli ultimi, siano essi immigrati, diseredati, emarginati, spaziando tra temi sociali forti come la disoccupazione, l’immigrazione e il degrado non solo delle periferie, ma anche morale e spirituale. A fare da contraltare a queste tematiche, in ogni brano emerge ora l’empatia e la comprensione dell’autore, ora una vibrazione positiva che diventa seme di speranza per un futuro migliore. Il songwriting di Avitabile tocca, così, il suo vertice con una poetica che procede per immagini forti, intense, frammenti di vita che si susseguono tra evocazioni liturgiche, litanie laiche, e bestemmie d’amore. Al suo fianco nel canto e spesso anche nella scrittura non semplici ospiti ma artisti che dialogando con il musicista napoletano hanno contribuito con la loro ispirazione, la loro visione della musica e del mondo alla realizzazione di questo disco. Fondamentale, invece, nella costruzione dell’architettura sonora del disco è il gruppo multietnico di strumentisti che accompagna Avitabile (voce, saxello, sax tenore, al ghaita, arpina, pianoforte e tastiere) composto da Linley Marthe (basso), Roger Biwandu (batteria), Bassekou Kouyaté (ngoni), Gianluca Di Fenza (chitarra acustica), Massimo Fuschetto (oboe), Marco Pescosolido (violoncello), Emidio Ausiello (tammorra), a cui si aggiungono i Bottari di Portico, Scorribanda, Tartit (voce), Mario Rapa (batteria), Gianpaolo Palmieri (basso), Diego Carboni (tastiere), Antonio Bocchino (sax alto), e Carmine Pascarella (tromba). L’ascolto prende le mosse da “Napoli Nord”, brano che racconta le periferie che circondano tra mille contraddizioni la metropoli campana, per condurci a Scampia con la voce di Giorgia in “De Profundis”, un grido dal profondo dell’anima del mondo, un canto di speranza ma anche di dolore che parte dalle Vele e raggiunge l’universo. Nelle Vele di Scampia è racchiusa anche l’ispirazione di “Quando la felicità non la vedi, cercala dentro”, frase scritta su una colonna, che ispirazione per ripercorrere le sette opere di misericordia in chiave laica. Come un moderno Caravaggio, Avitabile racconta gli ultimi utilizzano colori poetici vividi, senza compromessi che si intrecciano a melodie ipnotiche che da Napoli sembrano sciogliersi nell’abbraccio con il mondo intero. Il primo vertice del disco arriva con “Attraverso l’acqua”, nata a Lampedusa e dedicata a tutti coloro che approdano sulle nostre coste, e poi diventata con la voce e il contributo di Francesco De Gregori un toccante invito alla solidarietà ed all’accoglienza. Il dialogo tra napoletano ed italiano del testo, e il sax dolente che si stende sull’arpeggio della chitarra, fanno il resto creando un ambientazione sonora densa di suggestione. Se nella trascinante “San Ghetto Martire” cantata con Mannarino è racchiusa la storia di Felice Pignataro e della sua associazione Gridas nata a Scampia, la successiva “Bianca” è un ricordo toccante, con la complicità di Renato Zero, della cantautrice aversana Bianca d’Aponte prematuramente scomparsa in giovane età. Non manca uno sguardo verso il rap di Caparezza con l’invito a non fermarsi di “Amm’’A Amm’’A”, mentre “Abbi Pietà di Noi” è una toccante rielaborazione laica delle “Litanie Lauretane” cantata con Angela e Marianna Fontana nella quale Avitabile ci accompagna tra le ferite vive della Terra dei Fuochi. Il canto di speranza sulla vita e l’amore “Comm’ ’A ‘Na” vede il musicista napoletano dialogare con Daby Tourè ma un’altra bella sorpresa arriva da “Jastemma D’Ammore”, un brano struggente sul vero significato dell’amore oltre ogni definizione. Questa volta al fianco di Avitabile c’è l’attore Pippo Del Bono, a cogliere una traccia del lungo lavoro insieme sul palco. “Lotto infinito” arriva anche a commuoverci quando il musicista napoletano in “Nisciuno Sape”, incontra la straordinaria voce di Elena Ledda e la tromba di Paolo Fresu, per un canto sulla mistero della vita in grado di rigenerarsi continuamente. La title-track con la sua storia di quotidiana resistenza e la voce di Giovanna Marini ci conduce verso il finale con il canto di speranza “Verità Sarà” in cui brilla la partecipazione di Hindi Zahra per concludersi con una citazione della melodia di “Bella Ciao”. Il breve frammento recitato “Addò no’ nato io” dall’attore napoletano Lello Arena suggella un disco di rara intensità e bellezza, che resterà a lungo tra i nostri ascolti.
Salvatore Esposito
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