La formazione dei Taricata si occupa dalla fine degli anni settanta di ricerca e riproposta di musiche popolari salentine, con uno spirito che conosciamo bene e che possiamo sintetizzare nel modello del revival dello scenario articolato della pizzica. E di tutto ciò che si impernia - direttamente e indirettamente, implicitamente, consapevolmente, volontariamente o nel riverbero di riflessi spesso interessanti perché inaspettati - nel raggio di azione di un movimento ormai all’apice del suo (nuovo) sviluppo. O, come dicono alcuni, in evidente flessione, sopratutto in relazione alle derive populistiche che che ne hanno caratterizzato alcune espressioni. In entrambi i casi è comunque assicurato un certo dinamismo, che spinge molte persone a raccogliersi intorno a quella musica (è inutile rimarcarlo, specie in questo periodo) e anche a estrapolarne gli elementi più rappresentativi di un sentimento diffuso innanzitutto in un ambito sì regionale, ma i cui confini, sia sul piano storico che contemporaneo, sono evidentemente labili (fluidi si potrebbe dire aderendo a una terminologia più tecnica). San Vito dei Normanni - il paese e il fulcro storico-espressivo dei Taricata - ce lo dimostra con le sue tradizioni musicali, che si insinuano nel fascio delle espressioni salentine più meridionali con alcune variabili significative, ma che sopratutto si ricollocano nello spazio del revival dentro un progetto che guarda verso un orizzonte molto ampio. L’album, composto di quattordici tracce, ha un significato importante: non solo sul piano simbolico, ma anche storico. Perché raccoglie - nelle intenzioni dei numerosi protagonisti dell’ensemble, che comprende un organico di fisarmonica, organetto, chitarra battente, mandolino, mandola, basso, contrabbasso, tamburelli, percussioni e voci - sia un lavoro di ricerca, che finalmente si addensa in una scaletta, in una selezione di brani e in una pubblicazione, sia un lavoro di interpretazione di materiali tradizionali e originali. La struttura di “Tarantaqua” - nel cui titolo la trasfigurazione più rappresentativa legata alla tradizione espressiva della pizzica si lega all’acqua, richiamando alcune delle articolazioni meno note della ritualità del tarantismo non solo salentino - ci riconduce così ai due poli più significativi del processo di rappresentazione delle musiche popolari. Da un lato la storia, i significati e le forme che questa assume in un contesto riconoscibile in termini socio-politici e culturali. Dall’altro la contemporaneità, le sue connotazioni e gli elementi che ne determinano il profilo, richiamando di nuovo l’ordine politico, culturale e sociale. Sulla scorta di questi “movimenti” comprendiamo allora “La pizzica ti Santu Vitu”, registrata dal vivo con Lino Sabatelli (“l’ultimo musico terapeuta esistente”, ci ricorda Lorenzo Caiolo, coordinatore culturale del progetto) e “Ferma zitella”, “Li pinsieri ti Tamborrino”, i tre brani tradizionali dell’album, e gli altri pezzi riformulati nel riflesso di questi (“Pizzica d’acqua”), attraverso il rimando a temi quali il lavoro, la guerra, l’amore (“Pi te vogghiu cantari”, “La strata”, “World pizzica”, ma anche a una prospettiva forse più romantica e allo stesso tempo estesa, affrontata in “Tammurriata mediterranea”, “Nasci lu sole”. Questo progetto inclusivo si interseca anche con la “World Music Accademy” e “Coreutica. Residenza artistica sulle tarantelle del Mediterraneo”. In occasione dell’edizione 2016 della manifestazione dedicata alle danze popolari, che si svolge nei locali dell’Ex-Fadda a San Vito dei Normanni, è stato infatti organizzato un incontro incentrato sul tema delle musiche popolari e delle relazioni che queste hanno con alcune categorie (e metafore), come il “confine”, l’“identità”. Lo scopo principale è stato quello di riflettere sui modi in cui studiosi, giornalisti e artisti possano contribuire ad analizzarne i significati in una dimensione extra-locale, e le relazioni con i processi di rappresentazione delle musiche popolari. L’incontro, dal titolo “Oltre il muro. Identità locali e sconfinamenti musicali”, è stato presieduto da Lorenzo Caiolo e coordinato da Andrea Carlino (docente all’Università di Ginevra e membro del nostro comitato scientifico), con la partecipazione di Flavia Gervasi (etnomusicologa e docente all’Università di Montreal, membro del nostro comitato scientifico), Elton Kazanxhi (Tempio delle Arti) e del sottoscritto. Si è configurato come un momento di approfondimento molto partecipato, dal quale sono emerse riflessioni importanti sugli esiti non solo della convergenza di punti di vista provenienti da diversi ambiti, ma anche sui modi in cui un confronto tra soggetti con formazioni differenti ma accomunati dall’oggetto di studio possa contribuire a considerare, in una prospettiva diversa e più diaologica, un fenomeno ampiamente studiato e criticato come quello della pizzica salentina.
Daniele Cestellini
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