Se il Womex è l’expo monstre riservato ai professionals della world music, incentrato com’è sul business tra promoter, agenzie e venditori di concerti, e forte, inoltre, dell’elevato numero di showcase a vocazione export, se Babel Med Music rappresenta l’idea di meticciato sonoro e culturale inscritto nella storia della città di Marsiglia, la catalana Fira Mediterrània de Manresa è una manifestazione aperta e diffusa, rivolta non solo agli addetti ai lavori e ai cultori delle musiche del mondo, ma anche ad un pubblico intergenerazionale (con una forte attenzione verso i bambini). Da un lato è vetrina delle espressioni della cultura popolare (con l’accento posto sul patrimonio culturale intangibile) e delle musiche catalane, dall’altro si configura come incontro della regione iberica con le musiche world. Per di più, per questa diciottesima edizione c’è stato il focus sulle espressioni di cultura popolare che si ammirano nella Festa Major Vilafranca, altro evento centrale nella cultura popolare di Catalogna. Per quel che riguarda la sezione degli addetti ai lavori, il Museu de la Tècnica ha ospitato i tanti operatori convenuti nella città del Bages per partecipare con stand espositivi, incontrarsi negli speed-meeting e nelle conferenze, animare otto tavoli di lavoro che hanno riunito oltre cinquanta delegati di festival folk, trad e world di svariata provenienza nella discussione delle consuete e condivise questioni che affliggono le musiche di nicchia (budget, sponsor e relazioni con le istituzioni pubbliche).
Naturalmente, spazio anche agli showcase, dove abbiamo apprezzato il suonatori di tamburi a cornice e cantante galiziano Davide Salvado, che ha appena dato alle stampe “Lobos”, uno che ha attinto direttamente dalle voci e dai suonatori della tradizione orale piuttosto che passare per l’estetica del folk revival storico del nord-ovest iberico. Di interesse anche il quartetto oriental jazz del pianista di Istanbul Gökhan Sürer e le polifonie pirenaiche, tra tradizione e creazione contemporanea (l’ensemble si nutre di riferimenti canori di Catalogna, Corsica, Sardegna ), di Vox Bigerri (il loro nuovo lavoro si chiama “Ligams”). Difficile dar conto di tutte le manifestazioni e iniziative collaterali che hanno animato il centro della città con spettacoli in strada e che hanno riempito le tante sale cittadine, dove il pubblico locale si è mischiato agli operatori di settore. È stata una quattro giorni di festa musicale, contrassegnata da un cartellone molto fitto. Tra le manifestazioni collaterali, segnaliamo il concorso Sons, nel quale abbiamo apprezzato il trio folk barceloneta Xaluq, e la rassegna Humus Mediterrani, dove una parola va spesa per il trio Malva de Runa e per il quartetto femminile Capcadira. Le due sezioni artistiche che secondo la declinazione locale sono cultura popolare e musiche folk & world, hanno proposto centinaia di compagnie e gruppi di musica, teatro e danza e tante prime, tra le quali “In Somni”, una fusione tra cobla catalana e hip hop proposta da Kulbik dance e Cobla San Jordi e “La viola d’or”, celebrazione dei centocinquant’anni dalla nascita del compositore Enric Morera.
Nell’ambito world, hanno fatto tappa a Manresa Ester Rada, cantante Beta Israel (conosciuti anche come falascia), che combina, con levigata risolutezza, ethio-jazz (reclamandone, in un certo senso, anche diritti di primogenitura viste le origini dei falascia), soul e pop. Non ha scosso in profondità la neo-cumbia elettrica degli argentini La Yegros, mentre BandAdriatica ha imposto la sua propulsione balcanico-salentina, venata di jazz e di forma canzone, in un set che ha sposato forza scenica ed ironia. Da parte sua il senegalese Cheik Lô ha offerto un fisico mbalax-reggae sound nella cornice della Stroika, la discoteca che ha accolto i DJ set del festival (tra cui Asian Dub Foundation Sound System). La raccolta venue di El Sielu ci ha regalato i concerti più emozionanti, a cominciare dall’espressione intensamente valenciana del cant d’estil, proposto da quel raffinato cultore che è il chitarrista e cantante Carles Dénia , accompagnato dal quartetto di plettri La Nova Rimaire (“L’home insomne” è il suo disco nuovo di zecca). L’oudista e cantante palestinese Kamilya Jubran con il suo progetto Wasl (che allinea la contrabbassista Sarah Murcia e la tromba e live electronics di Werner Hasler) si è mossa tra stilemi classici arabi, elettronica e improvvisazione, tratti che incorniciano le liriche di poeti contemporanei (il marocchino Hasan Najmi e il palestinese Salman Masalha). Successo per il quartetto ucraino DakhaBrakha (tre voci femminili principali e una maschile, percussioni, fisarmonica, violoncello, tastiera, scacciapensieri), uno dei gruppi più in voga dell’ultimo anno (visti già al Medimex 2014). Quello che propongono è un potente incrocio di polifonie tradizionali e mantra vocali, esotismi strumentali, ritmi afro, minimalismo e ambient. Parimenti originale è il progetto di Germán Diaz, duo di ghironda e clarinetti. Il musicista di Valladolid, residente in Galizia, da un lato guarda agli innovatori transalpini dell’antico strumento medievale – in primis Valentin Clastrier – per l’uso del pizzicato, del tapping e dell’archetto, dall’altro propone un suggestivo percorso sonoro che prende forma attraverso l’uso di loop, di incisioni vintage di battiti cardiaci (il titolo del suo disco è “Método Cardiofónico”, riferimento al lavoro del medico basco Iriarte, che negli anni Quaranta sviluppò un metodo di studio per i suoi allievi “tracciando” su dischi le pulsazioni cardiache dei suoi pazienti), di manipolazione di strumenti meccanici come una scatola musicale programmata, un organetto di Barberia e un’armonica a bocca dotata di rullo perforato.
Pareri contrastanti tra i giornalisti sul recital della cantante aragonese Carmen Parìs e della vocalist marocchina Nabyla Maan (non avendo visto il concerto, non ci esprimiamo in merito). Sul versante meno sperimentale delle musiche tradizionali, il tendone della Taverna Damm, intorno alla quale si poteva gustare street food internazionale, ha accolto il nu folk dei NewCat_étnic, la proposta dei portoghesi Contracorrente, impegnati in un lavoro sulla canzone di protesta dalla penisola iberica all’America latina, ma soprattutto la notte di Bal Folk, in cui si sono esibiti, tra gli altri, lo storico gruppo maiorchino Mùsica Nostra, Niu i La Clavellinera con le loro jotas e, soprattutto, il duo occitano Cyrille Brotto (organetto) e Guillaume Lopez (voce e aerofoni popolari). La cultura d’autore catalana ha trovato massima espressione al Teatre Conservatori con “Ovidi Popular”, la rivisitazione in chiave folk del repertorio di Ovidi Montllor (1942 -1995), attore ed esponente della cosiddetta nova canció valencià, realizzata da nomi storici di punta del folk revival di Catalogna: Toni Torregrossa, Jordi Fàbregas, Miquel Gil, Pep Jimeno “El Botifarra” e Celdoni Fonoll. Era senz’altro uno degli appuntamenti più attesi, che ha pienamente ripagato il pubblico della sala grande del teatro Kursaal, l’esibizione del chitarrista José Fernández Torres, conosciuto come Tomatito, oggi una delle massime figure della chitarra andalusa, mattatore che si è preso la scena per quasi due ore, in compagnia di musicisti della sua famiglia (“mi gente”, dice il musicista di Almerìa) nel concerto intitolato, per l’appunto, “Constelación familiar” .
Ciro De Rosa
Foto di Ciro De Rosa
Tags:
I Luoghi della Musica