Da cinquant’anni Joe Boyd attraversa la musica mondiale in veste di produttore, manager, discografico, agitatore culturale, proprietario di locali, documentarista e saggista. Con parole diverse, senza di lui le musiche folk, pop e rock sarebbero state cose ben diverse. Volete qualche nome con cui ha avuto a che fare? Muddy Waters, Rev. Gary Davis, Eric Clapton, Pink Floyd, Fairport Convention, Nick Drake, Sandy Denny, John Martyn, The Incredible String Band, Richard Thompson, Nico, Vashti Bunyan, 10,000 Maniacs, R.E.M, Robyn Hitchcock, Songhai, Billy Bragg. Bastano? Qualche evento? Newport Folk Festival 1965 (quando la chitarra plugged di Bob Dylan rivoluzionò la popular music). Qualche luogo? UFO Club (di cui è stato co-fondatore). Qualche etichetta? Elektra, Witchseason, Warner Bros e Hannibal Records. Insomma, quando si parla questa personalità geniale e visionaria, definita da più parti come un’ ‘eminenza grigia’ del mondo musicale, attributi come leggendario o epocale, una volta tanto, non sono abusati o fuori luogo. Tra le altre cose, nella sua vita professionale Joe Boyd è uno che è sempre poco disponibile ai compromessi, che ha privilegiato sempre la qualità delle produzioni. Per chi avesse voglia di comprendere l’influenza immensa di questo bostoniano arrivato in Europa a metà anni Sessanta, rinviamo al memoir “White Bicycles” (uscito nel 2001, tr. it. “Le biciclette bianche”). A metà agosto, il settantatreenne Boyd ha lanciato il Joe Boyd A-Z, il podcast basato sulla sua immensa collezione musicale e sulla sua esperienza di mezzo secolo nel music business, grazie al quale abbiamo la possibilità di ascoltare preziose registrazioni. Lo abbiamo raggiunto per conoscere questa sua nuova avventura musicale.
Cosa l’ha spinta a creare il podcast Joe Boyd A-Z?
Come ho avuto modo di spiegare nel primo podcast, ho trascorso l’ultimo anno e mezzo ascoltando la mia enorme collezione di dischi in ordine alfabetico, a partire dal titolo delle canzoni: da qui l’idea per il podacst.
Come prepara l’emissione?
Dopo aver completato la prima lettera, passo alla successiva. Scorro l’elenco di iTunes, finché non trovo qualcosa su cui valga la pena di costruire una storia.
Con quale frequenza esce il podcast?
La cadenza è settimanale, la durata è di 10 minuti. Si inizia con un brano dalla mia collezione che funge da porta per parlare delle memorabili sessioni di registrazione in cui sono stato coinvolto. Oppure si parla dei miei album preferiti, o ancora di storie curiose su notevoli personalità della musica.
Quanti podcast intende realizzare?
Quanto è lungo un pezzo di corda?
Com’è possibile ascoltarli?
Andando sul sito www.joeboyd.co.uk e seguendo le istruzioni per il podcast.
Lei pubblica una newsletter, cosa ci si può trovare?
Tante cose. Non esce con regolarità, solo ogniqualvolta sono ispirato a scrivere qualcosa.
Dopo la pubblicazione di “White Bicycles”, ha detto che avrebbe scritto un libro che avrebbe parlato della sua esperienza con le “musiche del mondo”. Di cosa parlerà? Quando ne è prevista l’uscita?
Quando lo finirò! Parlerò delle mie esperienze nel campo della world music, ma sarà un libro sulla storia del fenomeno dell’appetito per la musica esotica da parte della borghesia occidentale.
Quali artisti l’hanno presa di recente?
Mi piacciono Olivia Chaney, The Trembling Bells, Trio Da Kali.
Nel suo peregrinare nel mondo delle musiche, cosa l’ha affascinato e cosa l’affascina ora?
L’Albania! Ho sempre amato la musica albanese: nella mia newsletter, in “My Albanian adventures” racconto la storia della ragione per la quale, fin dal 1988, volevo andare al festival di Gjirokastra.
Ciro De Rosa
Copyright foto John Spawalker
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Idee