Nato da un progetto artistico dell’indimenticato Sergio Torsello, studioso e profondo conoscitore del mondo etnomusicale pugliese, ed ideato in collaborazione con il gruppo “Storia e memoria del tarantismo”, associazione Patr’Act. Patrimoine actif, innovation, culture immatérielle e l’associazione di promozione sociale Tarantula, la prima edizione del Tarantula Folk Fest” si terrà il prossimo 18 luglio a Parabita (Le) presso l’Agriturismo “Paradiso”. Si tratta di un evento che si propone come luogo inedito e necessario di confronto tra innovazione e tradizione nel mondo delle espressioni musicali e coreutiche, emerse e emergenti, del panorama artistico del Salento e del Sud Italia. Ne abbiamo parlato con Andrea Carlino, presidente dell’Associazione Patr’Act e promotore di questo importante evento.
Com’è nata l’idea del Tarantula Folk Festival?
Il Tarantula Folk Festival nasce da un’idea del compianto Sergio Torsello, già direttore artistico de La Notte della Taranta, che ci ha lasciato qualche mese fa. L’obiettivo è quello di cercare di lavorare e riflettere al di fuori di contesti istituzionali più impegnativi sul rapporto tra tradizione ed innovazione nella cultura musicale e coreutica salentina.
La dimensione coreutica nella tradizione musicale salentina è stata spesso lasciata in secondo piano. Quali sono le forme di intervento che avete messo in piedi con questo festival?
Innanzitutto la cosa che mi ha molto colpito in questi giorni è che nel programma della nuova edizione del Festival La Notte della Taranta, non vi siano iniziative dedicate in particolare alla danza, ma lo stesso Sergio Torsello già da tempo aveva riscontrato la difficoltà ad inserire nel cartellone attività volte in qualche modo a valorizzare le forme coreutiche della tradizione in modo specifico. Abbiamo individuato, quindi, nel gruppo Tarantarte di Maristella Martella un interlocutore importante per il Tarantula Folk Festival, e infatti, il programma prevede non solo un atelier dedicato alla danza ma anche uno spettacolo, e ovviamente la presenza del corpo di ballo nel corso dei tre concerti della sera. In questo senso, altra peculiarità di questo festival è l’esigenza di rivolgerci ad un pubblico quanto più vasto possibile, e da qui è nata la scelta di far convivere realtà professionali ed artistiche differenti, dai musicisti ai danzatori fino a toccare gli storici e gli antropologi, cercando di analizzare e lavorare su tutti gli aspetti della cultura di tradizione orale. Insomma, non volevamo fare una semplice serie di concerti, ma piuttosto toccare tutti gli elementi culturalmente rilevanti.
La multidisciplinarietà è una delle parole chiave di questo festival. Sarà insomma una giornata ricchissima…
L’idea di fondo del programma è quella appunto della multidisciplinarietà, perché siamo convinti che solo lavorando tutti insieme possiamo dar vita ad un progetto efficace non solo dal punto di vista spettacolare, ma anche da quello prettamente culturale. E’ necessario essere coscienti che lavorare sulle tradizioni popolari richiede necessariamente un approccio di questo tipo. Il festival si terrà il 18 luglio a Parabita presso l’Agriturismo “Paradiso” e si aprirà con il dibattito “Music-azione. Il patrimonio musicale tradizionale tra ricerca, riproposta e sperimentazione”, coordinato da me e dalla giornalista Alessandra Lupo e nel quale interverranno l’etnomusicologa Flavia Gervasi, l’antropologo Gianni Pizza, ed in rappresentanza della Fondazione Notte della Taranta, il presidente Massimo Manera, Sergio Blasi in veste di consigliere di amministrazione, e l’antropologo Eugenio Imbriani come membro del consiglio scientifico. Ci saranno, inoltre, gli interventi di alcuni musicisti come Antonio Nicola Bruno, Antonio Castrignanò e Tony Esposito, nonché la danzatrice Maristella Martella di Tarantarte. Alla discussione prenderanno parte anche esponenti del gruppo di studio “Storia e Memoria del Tarantismo”, operatori culturali e figure legate alla scena musicale salentina. Insomma, l’idea è quella di discutere tutti insieme e di cercare di capire quali sono le buone pratiche per mantenere vivo un rapporto tra tradizione ed innovazione, che sia comunque cosciente ed efficace. Nel pomeriggio si terranno due laboratori, quello di danza curato dal gruppo Tarantarte, e un evento, secondo me, eccezionale ovvero lo stage in cui verranno messe a confronto le percussioni dell’area mediterranea con Federico Laganà che si occuperà del tamburo a cornice salentino, Tony Esposito esaminerà le percussioni dell’area partenopea e le aperture verso la world music, e Alfio Antico che è il maestro indiscusso del tamburo siciliano. La serata, invece, si aprirà con uno spettacolo di danza di Tarantarte, a cui seguiranno i concerti di Antonio Castrignanò, di Tarantula Orchestra che vede protagonisti Pietrameridie e Tony Esposito, e il duo chitarre e percussioni con Attilio Turrisi e Alfio Antico. Alla fine probabilmente ci sarà una jam session finale che chiuderà il festival e vedrà protagonisti tutti i musicisti coinvolti, oltre ovviamente al corpo di ballo di Tarantarte.
Il Tarantula Folk Festival traccia, dunque, un cammino differente da percorrere rispetto a La Notte della Taranta…
Non c’è alcuna contrapposizione tra i due eventi. Tarantula Folk Festival è una piccola realtà appena nata, mentre la Notte della Taranta è un evento straordinario che coinvolge un numero di spettatori enorme, quindi un pubblico differente. Tuttavia la nostra impressione è quella che negli ultimi anni proprio il grande successo di pubblico ha fatto perdere un po’ quelli che erano gli obiettivi iniziali della Fondazione, e che non erano certamente quelli di utilizzare come merce la musica e la danza tradizionale salentina. Posto che lo stimolo alla crescita economica e turistica del Salento rappresenta comunque un obiettivo da perseguire, intendiamo essere un po’ una spina nel fianco per la Fondazione per ricordare che si può ottenere ugualmente consenso e far girare l’economia locale, anche dando vita a manifestazioni di alta qualità culturale, anche alla luce dell’esigenza di rispettare un patrimonio immateriale importantissimo.
E’ insomma un modo per indicare una strada nuova…
Assolutamente. In effetti è un invito a tornare ad una strada già battuta, già nota, ma forse dimenticata. Direi che il Tarantula Festival si rifà proprio all’intento originario della Fondazione Notte della Taranta, che dall’esame di un po’ di elementi, sembra aver perso un po’ la bussola negli ultimi anni. Tanto personalmente quanto come parte del gruppo di studio “Storia e Memoria del Tarantismo” che ha collaborato a stretto contatto con la Fondazione fino a qualche tempo fa, ho la sensazione di una deriva neoliberista, nel senso deteriore del termine, che ha snaturato il senso del rispetto culturale, sociale e politico del patrimonio ricchissimo della tradizione salentina.
Com’è finanziato il Tarantula Folk Festival?
Il principale finanziamento è la buona volontà degli organizzatori. C’è anche uno sforzo economico di piccoli imprenditori locali che ci hanno offerto il loro sostegno. Non abbiamo avuto il tempo e la forza per poter acquisire risorse finanziare, fare domande, richiedere fondi. L’unica cosa che abbiamo potuto fare è chiedere l’aiuto all’impreditoria locale per sosterci. L’associazione Patr’Act contribuisce con alcune spese di viaggio, l’associazione Tarantula di Pietrameridie ha provveduto ad altre forme di finanziamento. Insomma abbiamo cercato tutti di investire in un’idea.
Con questa manifestazione debutta in Italia anche l’associazione Patr’Act. Quali sono i progetti futuri?
L’associazione è nata in Svizzera dove vivono alcuni dei soci, e la motivazione essenziale che ha portato ad unirci è stato proprio il senso di insoddisfazione verso un certo funzionamento del mercato che si muove intorno al patrimonio della cultura immateriale. Patr’Act che significa patrimonio attivo, nasce con l’idea di lavorare su progetti che riguardano proprio la cultura immateriale con una particolare attenzione alla storia e memoria del Tarantismo. L’associazione riproduce il funzionamento e le dinamiche del gruppo “Storia e Memoria del Tarantismo”, i cui componenti sono tra i soci fondatori. Questo festival non è, però, la prima operazione culturale che facciamo, in quanto abbiamo realizzato alcuni dibattiti sui recenti libri della collana “Storia e Memoria del Tarantismo” edita da Carrocci. Per esempio a Sternatia e a Roma, con quest’ultima particolarmente significativa avendo visto la partecipazione di Gianni Pizza, Amalia Signorelli e Dino Palumbo.
Nel corso di questo evento è stato riconosciuto l’importante valore che ha il patrimonio culturale del tarantismo, ed in particolare i rilievi politici emersi proprio nel libro di Pizza che ha ricostruito i rapporti tra Antonio Gramsci, Ernesto de Martino e il modo il cui oggi si può riflettere sulla tradizione. Abbiamo poi realizzato un evento durato due giorni presso il Museo di Etnografia di Ginevra all’interno della Festa della Musica del 2015. A settembre uscirà per il pubblico francofono un volume di introduzione al Tarantismo e ai vari aspetti storico, politico, sociale ed economico che lo caratterizzano. Per il futuro auspichiamo di essere tra i patrocinatori di uno spettacolo per la Biennale della Danza di Lione del 2016, e abbiamo l’ambizione progetto di riprendere un’altra idea di Sergio Torsello, già sperimentata con i progetti speciali de La Notte della Taranta con un gruppo della tradizione salentina che invitava un gruppo o artista di area geografica differente per dare vita ad un evento unico di incontro tra culture differenti. Non sempre la Fondazione è riuscita ad erogare il denaro necessario per realizzare a pieno queste iniziative musicali, qualcuna è andata a buon fine, altre sono apparse spesso dei momenti effimeri di incontro. Con Sergio ipotizzavamo di promuovere ed organizzare sul lungo periodo questi progetti speciali, intercettando anche finanziamenti più importanti. Stiamo già lavorando a tre piccoli eventi ma di grande ambizione che vedranno confrontarsi l’Italia e la Grecia, il Meridione e il Nord Africa, la Spagna e il Salento. Tutto questo vorremo non farlo girare localmente in Puglia, ma cercare di veicolarli all’estero. L’idea è quella di produrre spettacoli che abbiano un importanza musicale ma anche culturale, in cui vi sia uno scambio ed un interconnessione tra tradizione ed innovazione.
Salvatore Esposito
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