In un certo senso, i marsigliesi Dupain rientrano in quella categoria trasversale transalpina di ‘musiques actuelles’ che navigano in un Mediterraneo plurale e immaginario, di ieri e di oggi, fatto di sonorità tradizionali popolari e di rock, di suoni acustici ed elettronica, di lirismo e di testi engagé in occitano. Ai tre album pubblicati “L’Usina” (2000), “Camina” (2002) e “Les Vivants” (2005) – senza dimenticare le confluenze con la ‘tradinnovazione’ dei salentini Mascarimirì – è seguito un lungo silenzio, ma non l’inattività dei due fondatori, Sam Karpienia (canto e mandola) e Pierre-Laurent Bertolino (ghironda), impegnati, tra le altre cose, nel musicare il docufilm “Zone Portuaire”. La coppia è ripartita con l’avventura Dupain, trovando sponda nel versatile flautista Gurvant Le Gac, nel contrabbassista dai trascorsi swing Emmanuel Reymond e nel batterista di formazione jazz e rock François Rossi. “Sòrga” è stato ispirato dalla scoperta casuale da parte di Sam, in una libreria del Quartiere Latino, dell’opera di Maxence Bernheim de Villers, autore parigino novecentesco, appassionato di cultura occitana, che fa tradurre e pubblicare (siamo nel 1958) in lingua d’oc la sua collezione di poesie “Source” (per l’appunto “Sòrga” in occitano). Quella dei nuovi Dupain è una poetica musicale che privilegia le sensazioni, e rinuncia all’occitanismo militante. Delle origini della band si conservano l’arrembante energia elettro-acustica, il magnetismo dei bordoni e la fisicità della ghironda. Diversamente, si mettono da parte campionamenti ed elettronica, aggiungendo un contrabbasso e una batteria, che danno sostanza e vitalità, e impennate e sottigliezze del flauto traverso in legno (Le Gac ha lavorato molto sulla tradizione popolare bretone con proiezione sperimentale, ma ha incontrato anche l’arte e la spiritualità di Hariprasad Chaurasia). Nell’insieme si avvertono una maggiore impronta melodica e un più articolato lavoro di armonizzazione. Su questo tessuto stratificato è appoggiata la voce ‘narrante’ Sam, velata e profonda, sintonizzata sulla spiritualità della poetica di Maxence. Avvolgente e potente, l’alchimia dei Dupain trova compimento nell’iniziale “Mille Papillons”, nella circolarità ipnotica della title-track “La Sorga”, nella potenti “Beveire d’Aucèus”, “Tot veire e “Non o falliá pas mai”. L’aggressività si stempera nella conclusiva “Glenwar”, ma non la radicalità, che commenta le disarmonie del vivere (il testo è di Karpienia): una bella conclusione, costruita sull’intreccio di cordofoni. Per chi li conosce, è un felice ritorno, per chi non li ha mai ascoltati, la curiosità sarà ricompensata.
Ciro De Rosa
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