Bija – Bija (Slam, 2014)

In sanscrito il termine “bija” che letteralmente significa seme, rappresenta la vibrazione primigenia di tutte le cose, il suono primordiale che ha dato inizio al mondo. Rifacendosi al valore altamente simbolico di questa parola, nel 2011 tre eccellenti strumentisti salentini, ovvero Gabriele Di Franco (chitarra e loops), Francesco Pellizzari (batteria e percussioni) e Marco Puzzello (tromba e filicorno), hanno deciso di incrociare i rispettivi background artistici per dar vita ad un trio jazz atipico con l’obiettivo primario di stravolgere il concetto di orchestrazione ed arrangiamento, mirando ad una ricerca musicale a tutto campo che spaziasse dal rock alla musica classica per toccare la world music e il jazz. A distanza di quasi quattro anni dal loro incontro, il trio salentino giunge al debutto con il disco omonimo, nel quale hanno raccolto nove brani incisi nel 2013 presso i Sudeststudio di Guagnano (Le) da Valerio Daniele. Sin dalle prime note si percepisce chiaramente tutta la maturità compositiva ed espressiva di questi tre eccellenti strumentisti che, attraverso sonorità calde e tempi dispari, propongono una visione musicale libera da ogni vincolo e predeterminazione, superando steccati di generi e sonorità. Ad aprire il disco è la sinuosa “Cipolla” sulla cui linea melodica cantabile spicca il suggestivo interplay tra la tromba di Puzzello e la chitarra di Di Franco, su cui si inserisce a metà brano l’eclettico drumming di Pellizzari. Se nell’introspettiva “AR” spicca la voce di Stefano Luigi Mangia, la successiva “Ampolla” ci regala sette minuti di sperimentazione sonora in cui si ha modo di apprezzare l’approccio chitarristico non convenzionale di Di Franco tra spaccati lirici e ruvide distorsioni, e l’eleganza timbrica della tromba di Puzzello. La poetica “Donna Oriente” con le sue suggestioni world ci schiude poi la porta prima a quel gioiello che è Gonna in cui brilla il sax di Emanuele Coluccia, e poi alla gustosa “Calendula” nella quale si susseguono variazioni continue di ritmo e melodia, la cui particolarità è quella di costruire nel complesso una narrazione musicale unitaria. Verso il finale “Apnea” ci regala il bel dialogo tra la tromba di Puzzello e il sax di Coluccia, ma è con le conclusive “Dubby” e “Interferenze” che si tocca il vero vertice del disco, in entrambi i brani spicca infatti una scrittura ironica e brillante che mette in luce tutto il potenziale di questo trio, in grado nel prossimo futuro di regalarci altre belle soprese come questa. 


Salvatore Esposito
Nuova Vecchia