The Rocking Chairs, Teatro Fabrizio De André Casalgrande (Re), 13 dicembre 2014

Quando qualche mese fa si diffuse l’indiscrezione su una possibile reunion della line-up storica dei Rocking Chairs, questa notizia raccolse subito il grande entusiasmo del pubblico, che da sempre aveva sperato in questo loro grande ritorno. L’attesa per l’annuncio della data zero del reunion tour è cresciuta man mano fino all’ufficialità. I Rocking Chairs sarebbero ripartiti laddove tutto era cominciato a Casalgrande (Re) il 13 dicembre, e nel giro di pochissimi giorni sono andati esauriti anche i biglietti del loro come back concert al Teatro Fabrizio De André. Come in un vero sogno rock and roll, è arrivato anche il grande giorno, e l’emozione è stata intensissima nel rivedere sul palco i Rocking Chairs al completo con il frontman Graziano Romani (voce e chitarra), Roberto “Robby” Pellati (batteria), Antonio “Rigo” Righetti (basso), Carmelo “Mel” Previte (chitarra), Franco Borghi (tastiere) e Max “Grizzly” Marmiroli (sax). La loro storia era cominciata all’inizio degli anni Ottanta quando Graziano Romani mise insieme il primissimo embrione del gruppo, e pian piano concerto dopo concerto, la formazione giunse alla storica line-up, e così nel 1987 arrivò anche il loro primo disco “New Egypt”, seguito dagli ottimi “Freedom Rain” nel 1989, “No Sad Goodbyes” nel 1990, e dal quarto ed ultimo album "Hate and Love Revisited" nel 1991. A ricordare quei giorni è Antonio “Rigo” Righetti: “I Rocking Chairs hanno rappresentato il mio primo vero impegno professionale in ambito musicale, abbiamo puntato subito in alto e abbiamo raggiunto grandi risultati solo con la forza della convinzione di avere qualcosa da dire in ambito rock e roots, ancor prima che il termine con il quale si definisce quel tipo di sound venisse inventato. Siamo stati un po’ i precursori in Italia di quel genere che ora viene definito “americana”, che spazia dai Creedence Clearwater Revival a Bruce Springsteen, da Elvis Presley al soul dell’Atlantic e della Stax, dal Paisley e il jingle jangle dei Byrds, senza dimenticare Bob Dylan, Tom Petty, Bo Diddley e Willy De Ville, i Del Fuegos e i Blasters. 
Negli anni della nostra nascita il musicista medio italiano si dibatteva tra stili che prevedevano l’utilizzo del midi, tastiere ovunque e chitarre elettriche con la maniglia, mentre noi si infilava dei Vox Ac 30 e Precision Bass ovunque. Non era roba da poco all’epoca. Ci infilarono nella nicchia degli Springsteeniani della Pianura Padana, ma abbiamo cominciato con fatica e dedizione a costruirci attorno un pubblico affezionato che ci ha sostenuto da sempre con grande calore apprezzando la qualità e potenza dei live shows, dove i nostri pezzi originali venivano alternati a covers che hanno contribuito a raffinare il nostro sound”. Nel ricordare quei giorni grandiosi però Rigo non cela una certa amarezza: “La politica discografica del nostro paese non ha mai espresso un reale interesse verso il nostro fare musica, che nasceva dalla necessità interiore di ribadire un orgoglio tutto italiano di giocarcela perlomeno come ogni musicista se la dovrebbe giocare, ad armi pari con chiunque a prescindere dal paese di nascita. Qui in Italia purtroppo si tende a favorire chi arriva dall’Inghilterra o dall’America come possessore di tutte le chiavi espressive per potersi esprimere musicalmente. Tuttavia la nostra più grande soddisfazione, è stata anche quella di autoprodurre la nostra musica andandola a realizzare a New York e Nashville, avvalendoci di alcuni miti della nostra adolescenza, e altri musicisti che hanno suonato nei nostri dischi ad armi pari”. Poi le strade si divisero, ed ognuno dei membri ha poi seguito il suo percorso, la propria ricerca: “Dopo quei quattro dischi, arrivò l’oblio per i Rocking Chairs” prosegue Rigo, “un virus che ci ha tenuto lontani, mentre le strade artistiche e umane si dividevano. Io, Robby e Mel abbiamo comunque continuato a fare musica con Ligabue per quattordici anni, mentre Graziano portava avanti la sua carriera solista con prolificità. Ognuno di noi percorreva sentieri sperimentali, che si sono rivelati importantissimi per ribadire un fare musica in libertà totalmente scevro dalle dinamiche di mercato. Finita l’esperienza con Ligabue, Io e Robby abbiamo registrato 4 dischi, e abbiamo continuato a suonare praticamente ogni settimana”. Il 2014 è però l’anno della svolta. I componenti della line-up storica si ritrovano: “Sarebbe bello poter dire che vi è stata una scintilla che ci ha riportato assieme, ma forse quella scintilla si potrebbe chiare semplicemente, perché no?”, afferma Rigo, “così ci siamo ritrovati dapprima davanti a gnocco e tigelle per una cena in campo neutro, ci siamo riabituati a guardarci negli occhi e poi, senza fretta, sono arrivare anche le prove che ci ha visto rispolverare le nostre canzoni. Un lavoro di riarrangiamento e attualizzazione del sound culminato con una data privata a Rimini al Rockisland, e poi con il concerto a Casalgrande, back where all started”
A venticinque anni dalla loro prima uscita ufficiale, i Rocking Chairs hanno riannodato i fili del tempo, e ritrovato il loro sogno. Ad aprire il concerto è stata una vibrante “Freedom Rain”, seguita in successione da “Chain Reaction”, “Right from Wrong” e “Valerie”. Graziano Romani è in grande forma alla voce, la chitarra di Mel ci riporta indietro nel tempo, ma quello che sorprende è la sezione ritmica con Rigo al basso che spinge al massimo e Robby che detta i tempi in modo magistrale, mentre linea melodica si inseriscono le tastiere di Franco Borghi e il sax di Max Marmiroli. Splendide sono le version di “Listern To Your Heart” e “Lights across the Border”, ma i vertici del concerto arrivano prima con “Hate and Love Revisited”, e poi con l’intensa “No Sad Goodyes”. Non mancano alcune sorprese come “Not Fade Away” di Buddy Holly ripresa in “Dance With You”, una torrida “Streetwise” e la struggente ballata “I Will Be There Tonight”, tuttavia a suggellare la serata è “Burnin'”che conclude due ore intensissime con il pubblico che applaude entusiasta. A caldo raccogliamo le impressioni di Rigo, il quale ci racconta: “Difficile dire cosa ha significato questo concerto per qualcuno così coinvolto in questa avventura come me, ma il calore delle persone è stato fortissimo. Le loro facce raccontavano una storia straordinaria di amore per la musica e la bellezza di stare insieme. Nessuna voglia di delegare ad altri la passione. Come direbbero gli americani è stato un concerto emotionally hard! More to come in 2015! Stay in touch!” 


Mauro Martelli
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