Sergio Cammariere - Mano Nella Mano (Sony Music, 2014)

La recente pubblicazione del nuovo album "Mano Nella Mano" è stata l'occasione per intervistare Sergio Cammariere, il quale ci ha condotto alla scoperta dei nuovi brani, firmati con Roberto Kunstler, da sempre sua metà cantautorale. Spaziando dal suo amore per la filosofia, a quello per la musica, fino a toccare i suoi viaggi, abbiamo avuto modo di toccare con mano le sue ispirazioni, e le sue passioni, soffermandoci sulla genesi di questo nuovo album, e sulle tante influenze musicali che lo caratterizzano, dando vita ad un panorama sonoro in cui si mescolano jazz, musica latina e cantautorato della migliore tradizione italiana. 

Ci puoi parlare del tuo processo creativo? 
Sicuramente nel mio corpo astrale, come diceva il maestro dell’Antroposofia Rudolph Stainer. Ogni uomo ha un corpo fisico che lo avvicina molto alla vita delle piante, e poi c’è il corpo astrale che è la parte nostra emana quando entriamo nel mondo dei sogni. Le mie canzoni più belle sono nate durante una fase di sogno in un mondo astrale. Spesso mi capita che di notte ho una melodia in testa, vado al pianoforte e la registro. Gran parte della mia produzione nasce in questo modo, anche se sono ispirate dalla visione della natura, da quello che mi circonda, dai miei viaggi. 

Com’è nata l’idea di realizzare “Mano Nella Mano”? 
“Mano Nella Mano” nasce da un viaggio fisico, reale verso un angolo di Europa. Mi trovavo in Spagna in Andalusia in un posto speciale che si chiama Tarifa, prima di Gibilterra, e ho visto l’Europa che allungava la mano per toccare l’Africa, e quindi i pensieri, la musica, le parole, l’assenza di confini, mi hanno dato lo spunto per provare a raccontare il potere salvifico dell’amore e della musica. Ho scelto questo titolo, “Mano Nella Mano” perché immaginavo di regalare momenti di tranquillità di riflessione, parlando di un presente condivisibile come l’immagine di Tarita, dove la visione della costa africana di Ceuta, di Tangeri, di queste città che erano dall’altra parte, rimanda all’idea di un mondo unito, di un abbraccio fraterno.

“Mano Nella Mano” è anche un viaggio musicale… 
Oltre alla poesia della natura che mi circonda, ci sono i suoni del mondo, con le influenze arabe, ritmi che ho trovato nei mie viaggi tra l’Andalusia e il Marocco, posti in cui mi reco spesso, ma anche sonorità che di cui sono innamorato come quelle brasiliane che sono molto presenti. In Brasile ho avuto modo di fare un esperienza molto importante, quando negli anni Ottanta suonavo in un locale di Rio De Janeiro, dividevo il palcoscenico con artisti, forse poco conosciuti in Italia, ma certamente di levatura internazionale come Carlos Lyra, e Leny Andrade. Nel disco c’è anche un omaggio alla musica cubana con “Siedimi Accanto” che ha fatto parte della colonna sonora di “Mal D’Amore”, e poi ovviamente non poteva mancare un tributo affettuoso al mio amico Bruno Lauzi, con il quale ho condiviso la passione per la musica brasiliana. 

“Mano Nella Mano” rinnova e rafforza la tua collaborazione con Roberto Kunstler... 
Sono ventidue anni che lavoriamo insieme, e ci sono una marea di aneddoti che ci riguardano e meriterebbero una pagina a parte. Con Roberto eravamo nella prima etichetta indipendente italiana, la IT Dischi di Vincenzo Micocci, dove sono sbocciati grandi cantautori come Francesco De Gregori e Antonello Venditti che all’epoca pubblicarono il loro debutto “Theorius Campus”, ma anche Rino Gaetano, Alberto Fortis, e Paola Turci. Quella era un officina creativa davvero attivissima, nella quale c’eravamo anche io e Roberto, ed insieme nel 1993 realizzammo il nostro primo album “I Ricordi E Le Persone”, un disco finito subito fuori catalogo ma pieno di belle canzoni. Il lavoro con lui è continuato negli anni con me che cercavo di imitare il suo lavoro poetico con la musica, e lui con i suoi versi cercava di avvicinarsi alla mia musica. Ci sono state canzoni che sono nate proprio leggendo le composizioni metriche che aveva precedentemente inventato Roberto, in altri casi nasceva prima la musica e si faceva un grande lavoro per riuscire a trovare i versi, l’assonanza, e il suo giusto alle parole. 

Al disco ha collaborato anche Giulio Casale... 
Per me è un grande piacere collaborare con lui, e già in passato abbiamo avuto modo di lavorare fianco a fianco. Trovo che lui sia un autore completo, con gli Estra suonava musica rock, ma mi ha colpito molto quando qualche anno fa ha portato in scena lo spettacolo su Fernanda Pivano. Ultimamente sta collaborando con Andrea Scanzi per un progetto di Fabrizio De Andrè con il quale ha girato tutta l’Italia riscuotendo grande successo. 

Quali sono le ispirazioni alla base dei brani di "Mano Nella Mano"... 
In questo nuovo disco ci sono diversi brani in cui la musica è nata prima, e il primo brano, la tracklist, è nata da un ispirazione rivedendo le immagini che avevo girato con la telecamera in Andalusia. La bellezza che mi circondava mi ha fatto pensare ad una crescita spirituale, ad una convivenza pacifica. Le emozioni che traspaiono dai suoni di questo album arrivano da questa visione reale che ho avuto guardando l’Africa così vicina, guardando i due mari il Mediterraneo e l’Oceano che si incontravano, il ritmo con questo incedere in tre quarti che a volte diventa sei ottavi è sia andaluso-gitano ma anche flamenco-arabo nell’inciso il battito delle mani entra in un controtempo simile a quello che si ascolta nelle piazze di Marrakesh dove spesso mi reco e con la telecamera mi perdo riprendendo i musicisti di strada. Nella mia carriera ho inciso otto dischi e moltissime colonne sonore, ma tra questi c’è “Carovane” del 2009 che è un lavoro di impronta etnica, nel quale avevo esplorato questo ambito coinvolgendo musicisti indiani con tabla e sitar, per cercare un suono che mi allontanasse dalle strutture tipiche della chanson francese. Quello è stato l’inizio di un percorso che mi ha portato a ricercare nelle musiche dell’Africa, penso al Sol Kols che è una musica tipica del Congo e del Senegal, poi ancora nei suoni e nei ritmi meravigliosi dell’Angola dove parlano portoghese. L’ascolto di questa musica mi ha portato a dare un identità a questo nuovo progetto nel quale ho cercato di evidenziare come la musica sia un linguaggio universale, che unisce i popoli.

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