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Sul significato del loro nome mantengono un alone di mistero, di certo Sväng non è una parola finlandese e nulla a che fare – dicono – con il vocabolo che esiste in lingua svedese. In meno di dieci anni, si sono costruiti un’invidiabile reputazione di band ama l’azzardo nel circuito world, armati di sole armoniche a bocca. Sono cinque i dischi al loro attivo, dall’eponimo “Sväng” (2005) si passa attraverso “Jarruta” (2008), “Sväng plays Chopi” (2010) (rilettura di pagine di Chopin, commissionata dal festival La Folle Journée) e “Schladtzshe !” (2010), per arrivare al recentissimo, “Karja-La” (2014, Galileo Music), magnifico disco dalle partiture trasversali, che celebra la Karelia, dimora dell’epos finnico, per gli Sväng più utopia musicale che cuore della nazione. Se è vero che il quartetto è parte della scena neo-tradizionale fiorita in Finlandia negli ultimi trent’anni, grazie agli studi formativi presso il Dipartimento Folk dell’Accademia Sibelius di Helsinki, va detto che i quattro musicisti presentano un forte tratto di originalità sia per il sound dei loro strumenti sia per la loro teatralità in scena. Li ricordo ai loro inizi, quando il live set subiva molto l’influenza delle bande rom di moda anche all’estremo nord; poi nel tempo la band ha costruito una propria immagine artistica, non lasciando del tutto da parte il debito nei confronti dell’estetica bizzarra, retrò e ironica del conterraneo cineasta Aki Käurismäki. «Anche se la nostra arte è seria, non ci prendiamo molto sul serio.
Sul significato del loro nome mantengono un alone di mistero, di certo Sväng non è una parola finlandese e nulla a che fare – dicono – con il vocabolo che esiste in lingua svedese. In meno di dieci anni, si sono costruiti un’invidiabile reputazione di band ama l’azzardo nel circuito world, armati di sole armoniche a bocca. Sono cinque i dischi al loro attivo, dall’eponimo “Sväng” (2005) si passa attraverso “Jarruta” (2008), “Sväng plays Chopi” (2010) (rilettura di pagine di Chopin, commissionata dal festival La Folle Journée) e “Schladtzshe !” (2010), per arrivare al recentissimo, “Karja-La” (2014, Galileo Music), magnifico disco dalle partiture trasversali, che celebra la Karelia, dimora dell’epos finnico, per gli Sväng più utopia musicale che cuore della nazione. Se è vero che il quartetto è parte della scena neo-tradizionale fiorita in Finlandia negli ultimi trent’anni, grazie agli studi formativi presso il Dipartimento Folk dell’Accademia Sibelius di Helsinki, va detto che i quattro musicisti presentano un forte tratto di originalità sia per il sound dei loro strumenti sia per la loro teatralità in scena. Li ricordo ai loro inizi, quando il live set subiva molto l’influenza delle bande rom di moda anche all’estremo nord; poi nel tempo la band ha costruito una propria immagine artistica, non lasciando del tutto da parte il debito nei confronti dell’estetica bizzarra, retrò e ironica del conterraneo cineasta Aki Käurismäki. «Anche se la nostra arte è seria, non ci prendiamo molto sul serio.
Vogliamo che la nostra musica rappresenti una sfida, ma desideriamo anche che il nostro pubblico si diverta. Così, stiamo esplorando tutte le facce dell’arte e della performance. Vogliamo essere diversi, non soltanto uno spettacolo con qualche novità…», mi spiega Jouko Kyhälä, portavoce del quartetto, raggiunto online tra un concerto e l’altro dell’attivissimo organico di armoniche a bocca. Sul finire del XIX secolo l’armonica giunge in Finlandia; da strumento agevole e a buon mercato, si diffonde nella pratica popolare con una tecnica che in un certo senso ha ripreso quella di strumenti ad ancia libera come l’organetto e la fisarmonica. Continua il musicista: «Quella di Sväng non è realmente musica tradizionale finlandese. Suoniamo musica contemporanea, ma di certo abbiamo ancora le nostre radici nella tradizione popolare finnica. Penso che come musicisti rappresentiamo la nuova generazione di musicisti folk della Finlandia. Il nostro stile è fortemente collegato alla musica tradizionale. Siamo un’istanza dell’enormemente variegata scena revivalistica finlandese. E ne siamo felici!». Jouko ha studiato l’armonica al Conservatorio Sibelius. Lui è stato il primo laureato in armonica, poi ha proseguito gli studi con un dottorato; è un virtuoso di harmonetta, ma anche suonatore di armonica diatonica e cromatica. L’harmonetta (prodotta dalla Hohner tra gli anni ‘50 e il 1969, precisa Jouko) è uno strumento ibrido con tastiera. Specialista di musica tradizionale e di musica improvvisata, Jouko fa coppia anche con l’arpista jazz svedese Filip Jers.
Suona anche in solo con armoniche e live electronics. Ma chi sono gli altri Sväng? Eccoli qui: Eero Turkka, il primo solista, che suona armoniche diatoniche e cromatiche, ma anche altri strumenti ad ancia libera. Eero, cultore di blues, specialista di canto armonico tuvano, suona nel duo Turkka and Paalanen. Il secondo solista è quell’altro eclettico musicista che è Eero Grundström, anche lui all’armonica diatonica e cromatica, collaboratore della fisarmonicista Maria Kalaniemi e componente del duo Juuri & Juuri. Infine, c’è Pasi Leino all’armonica basso. Jouko precisa: «Col passato di bassista in altre formazioni, Pasi dice di non saper suonare l’armonica a bocca, ma solo l’armonica basso…» Che dire ancora degli attrezzi del mestiere degli Sväng? Ci sono le armoniche diatoniche (blues, tremolo, accordata ad ottava, ma anche armoniche accordate secondo innovazioni apportate dagli stessi musicisti) e cromatiche (queste ultime sono in Do, Mi e Sol), con le quali si ottengono ornamentazioni simili e quelle del violino e fraseggi di estrazione folk. Da parte sua l’armonica basso suona le parti di basso o del violoncello di un quartetto d’archi. Infine, l’armonica vintage (l’harmonetta) ha funzione ritmica e di armonizzazione. Cosa apporta di nuovo un album come ”Karja-La”? “L’album è incentrato sui tre differenti compositori che abbiamo nel gruppo: Eero Turkka, Eero Grundström ed io.
Ci sono composizioni di tutti noi nel disco e lo stile è molto variegato: dai groove in stile balcanico alla musica tradizionale finlandese, ci sono elementi classici e influenze blues. La musica ha un sapore contemporaneo sebbene lo stile esecutivo finlandese sia ancora presente. La musica di “Karja-La” è forse più personale di quella degli album precedenti: sono dieci anni che suoniamo e viaggiamo insieme. Le nostre composizioni e gli arrangiamenti sono più elaborati di prima e siamo anche migliorati tecnicamente come strumentisti. Tutti i brani si sono sviluppati dalle nostre esperienze di vita. Vogliamo condividere il retroterra della nostra musica con l’ascoltatore, così il disco è accompagnato da un booklet esaustivo». Il disco dello strepitoso quartetto è aperto da “Schengen”, composto da Eero Grundström, brano di ambientazione balcanica, che raccoglie le suggestioni e la melodia di un duo rumeno di busker incrociato nella capitale finnica in un gelido dicembre. Poi è subito tango (“Eksyneen Tango” di Eero Turkka). «In ogni disco degli Sväng ci deve essere un tango, che è parte della tradizione finlandese, anche se un sacco di gente non lo sa», sottolinea Jouko, «il tango va forte in Finlandia. È una delle danze più popolari nelle sale da ballo. C’è perfino un contest annuale per il re e la regina del tango nella città di Seinäjok.
È un festival enorme che riunisce migliaia di persone che ascoltano tango classico finlandese e nuovo tango». Il trittico successivo narra la saga matrimoniale di Eero Turkka, sposato con Neda, una ragazza bulgara. Si parte con la marcia nuziale “Eeron Ja Nedan Häämarssi”, come da antico costume finnico si prosegue con una polska matrimoniale, composta da Jouko Kyhälä, e si finisce con una celebrazione delle libagioni nuziali bulgare (“Naskon Rakija”, di Eero Turkka) che sconfina nei territori musicali blues, ispirati dallo stile di Howlin’ Wolf. Tempo di pagare pegno alla tradizione violinistica del villaggio finno-svedese di Jepua con una marcia e un minuetto (“Jeppo!”). Si volta pagina con la memorabile “Kyytiläinen” che si avventura nelle vicende della polarizzazione della Finlandia post-indipendenza, con la guerra civile tra i “punaiset” (“rossi”) e i “valkoisaet” (“bianchi”). L’altrettanto splendida “Impivaara”, firmata Eero Grundström, è l’emblema dell’eclettismo sonoro del quartetto di armonicisti. L’energia e i cambiamenti di umore che si sprigionano dalla conclusiva quadriglia (“Karja-La”) fa saltare i confini tra Finlandia e Russia, paesi tra cui è divisa la regione kareliana.
Ciro De Rosa
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Europa