Tra le manifestazioni sonore devozionali cristiane del ciclo pasquale, i repertori eseguiti a Sessa Aurunca occupano un ruolo di primo piano, per procedure vocali e per molteplice e sorprendente varietà di azioni rituali liturgiche e paraliturgiche (si veda l'articolo "I Riti della Settimana Santa a Sessa Aurunca"). “Anime in transizione”, la lunga rassegna teatrale e musicale che ha riempito di suggestioni sonore la chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco, nella storica Via Tribunali di Napoli, ha accolto il 29 marzo il Coro dell’Arciconfraternita del Ss. Crocefisso e Monte dei Morti della cittadina del casertano: gelosi depositari del canto dei Riti della Settimana Santa. Un’occasione davvero unica quella di vedere “in scena” i confratelli sessani nella dimora delle “anime pezzentelle”. È sempre un’operazione complessa quella in cui la cultura dello spettacolo incontra quella della musica funzionale al rito. Cosa significhi sul piano culturale dislocare una pratica simbolica, un ufficio liturgico dal significato così profondo e collettivo come quello dei rituali della Settimana Santa, per riprodurlo come esibizione i padri dell’etnomusicologia italiana, e non solo, si sono interrogati, svelandone forzature, trasformazioni, rischi di riduzione a scolorito specchio di sé stessi, ma anche persistenze nella densità emozionale da parte degli officianti.
In tempi di “world music”, poi, abbiamo visto défilé culturali in cui sui palchi si sono susseguiti rituali di confraternite sufi, cerimonie gnaoua, forme cantoriali e polifonie della devozione cattolica. Immancabile il senso di straniamento, il rischio di riproduzione di un esotico spesso incomprensibile ma fascinoso (che spesso si sprigiona anche osservando l’alterità sociale che c’è dietro casa in certi culti religiosi cattolici). Diversamente, la cornice di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco, scenario intriso della profonda umanità del culto popolare delle “anime pezzentelle”, ha restituito in un certo senso l’intensa sacralità di un repertorio ascrivibile alla dialettica tra ambiti culturali e musicali differenti. I cantori di Sessa Aurunca hanno presentato l’Ufficio delle Tenebre, che oggi ha valenza extraliturgica, e si svolge il mercoledì santo. Con indosso il sacco nero i confratelli, tra recitato e cantato con accompagnamento dell’armonium, hanno eseguito salmi che poggiano fondamentalmente su una melodia ritmico-sillabica. I singoli confratelli hanno cantato le lamentazioni del profeta Geremia, stralci dei Trattati di S. Agostino e delle Epistole di S. Paolo, sequenze dalla struttura compositiva più articolata, ma in un certo senso moderna rispetto all’arcaicità del loro “cavallo di battaglia”: il ben noto “Miserere”.
Intanto sulla saetta, il grande candeliere triangolare, ardevano quindici candele, spente una dopo l’altra al termine di ogni salmo. I punti di vertice canoro si sono raggiunti con il “Benedictus”, per coro e la voce solista di Pasquale Ago, e il “Te Deum”. Con la partecipazione del pubblico, analogamente a quanto fanno i fedeli nel rito sessano, mentre l’ultima candela è raccolta dal grande candeliere (nel rituale viene nascosta dietro l’altare), i confratelli hanno battuto le mani e suonato il crepitacolo, generando quel fragore che intende evocare il terremoto che, secondo le Scritture, seguì la morte di Gesù. Dopodiché il pubblico, abbandonati le panche della chiesa, è sceso nell’ipogeo, dove sono convenuti anche tutti i cantori. Qui il trio (Pasquale Ago, Rosario Ago, Vincenzo Calenzo) ha eseguito il “Miserere” del Venerdì Santo: il canto per eccellenza della Confraternita. Siamo di fronte ad un canto polifonico sul testo del Salmo 50, attribuito a Davide. I tre cantori si stringono l’uno all’altro, le loro teste si avvicinano alla ricerca della corretta intonazione. La suggestione è forte, ancor di più nell’antica chiesa napoletana per quella carica di ritualità di scambio tra vivi e morti, che metteva insieme sofferenza, aspirazione, riscatto, perfino creatività collettiva.
Non siamo di fronte agli storici cantori che abbiamo ascoltato in preziose registrazioni sul campo, ma a nuovi interpreti che hanno appreso i codici in quel passaggio di consegne famigliare e confraternale. Sono voci aspre e struggenti, con i loro ritardi armonici, gli intervalli di quarti di tono, i passaggi lamentosi e l’inintelligibilità del testo che producono una enorme tensione emotiva nell’ascoltatore. Si diceva poc’anzi dell’unicità del sito, che sorprende molti dei convenuti. Diverso, tuttavia, lo stato d’animo di chi ha avuto accesso all’ipogeo e alle zone del culto delle anime prima della musealizzazione estetizzante che ha “ripulito” il luogo, contribuendo a portare a compimento il definitivo attacco all’alterità rituale che la chiesa ufficiale ha condotto, prima con decreti, poi chiudendo a lungo i luoghi di quel culto popolare, dopo il terremoto del 1980.
Sempre all’interno della rassegna “Anime in Transizione”, dalla sacralità dei rituali pasquali si è poi passati alla rielaborazione in chiave world del patrimonio magico-terapeutico pugliese, presentato dal quartetto pugliese Faraualla (Gabriella Schiavone, Terry Vallarella, Maristella Schiavone, Serena Fortebraccio), con lo spettacolo “Ogni Male Fore” dell’11 aprile.
Un concept recital, che riprende il disco del 2013 dedicato alle pratiche della medicina popolare pugliese, messe in musica alla maniera delle quattro vocalist (qui senza l’apporto dei percussionisti del CD, ma loro stesse alle prese con tamburi a cornice e crepitacoli), che ben si è adattato al luogo liminale, qual è questa chiesa monumentale. A segnare il filo di continuità anche il nome del gruppo vocale, che richiama una cavità carsica murgiana, anch’essa luogo di transizione. Di bianco vestite, se da un lato le quattro cantanti evocano immagini di antiche vestali, dall’altro fanno meno conto che in passato di quella ieraticità, talvolta eccesiva, accentuando la loro carica live e l’abilità narrativa. Cosicché, non è solo la malia di voci notevoli a catturare gli ascoltatori convenuti. Da “Scongiuro” a “Ogni Male Fore”, da “Ci lu faticisti” a “Spina Spinella”, da “Quingui” a “Ninngé”, dal loro cavallo di battaglia “Tammurriata Mascìa” (suonato con quattro tamburi) a “Tentazione”, da “Sind’” ad “Arecuriè”, le Faraualla si propongono in linee vocali che a riprendono moduli di polifonia medievale e rinascimentale, si aprono alla polivocalità balcanica, al pop al folk e al jazz. Gli unisoni, i rimandi tra le voci, i solismi, i giochi ritmici restituiscono una musicalità dall’appeal contemporaneo, seppure esito di scavi nelle radici della musica.
Le Faraualla intersecano il colto e popolare (come avviene da secoli nei repertori della Settimana Santa, di cui si è detto), mischiano tradizioni vicine e lontane. Ciò che piace è la mancanza di forzature nella loro coralità, una naturalezza che nasce da profondo studio. Bello anche il loro recitativo della “Dedica Segreta” desimoniana alla Madonna, che ricordiamo come incipit di una delle sue formidabili opere di musicologo napoletano, sempre attuale. Finale festaiolo nel bis, con l’incursione del sax di Daniel Sepe, vecchio compare dell’ensemble tra i primi a riconoscerne la valenza artistica. Con le Faraualla la rassegna “Anime in Transizione” ha chiuso i battenti (anche se a metà giugno vi sarà ancora una prima teatrale di Mimmo Borrelli, fuori cartellone). Da oltre un anno il complesso del Purgatorio ad Arco è luogo di laboratori musicali, teatrali, di canto corale e musicoterapia, rivolti ad oltre cento ragazzi del quartiere, nel rispetto della chiesa e del suo eccezionale significato storico-artistico. Nel progetto “Purgatorio ad Arco: un Arco sul Territorio” c’è la volontà è di fare di questa chiesa un luogo di “trasformazione”, hanno sempre sottolineato gli organizzatori: “Come succede alle anime dei morti che giungono al paradiso in virtù delle preghiere dei vivi, anche in terra il paradiso si raggiunge per mezzo di relazioni”. Un ulteriore tassello nella valorizzazione è stata per l’appunto la lunga rassegna teatrale e musicale, concepita anche con l’intento di raccogliere fondi per realizzare gli stessi laboratori. Notevole l’affluenza di pubblico per tutto il ciclo di eventi, iniziati a novembre, che hanno visto gli artisti cercare anche di interagire con l’unicità del sito. Il nostro auspicio è raccontarvi il prossimo anno la prossima edizione di “Anime in Transizione”.
Ciro De Rosa
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