Incuriosito soprattutto dalla “sezione dedicata agli strumenti tradizionali, etnici, folkloristici e medioevali” pubblicizzata dagli organizzatori, sabato 22 marzo, mi reco nello spazio espositivo della Fiera di Novegro per vedere le Mostre-mercato di primavera dedicate alla chitarra e alla liuteria: “Milano Guitars & Beyond e Milano Maestro Luthery”. Sin dalla prima impressione, la Fiera appare un po’ fool, un pochino folk, ma ricca di umanità e creatività. Non essendoci indicazioni di orientamento, di fronte a decine di stand (uso volutamente il singolare), durante la visita il primo problema da risolvere è la direzione da seguire. Le forme, i colori, i suoni che circondano il visitatore a 360 gradi depistano, soprattutto tenendo conto di un ambiente così ampio, che ricorda da vicino quello dei capannoni industriali. Decido di farmi guidare dall’istinto, imbattendomi subito in un esperto chitarrista (il turnista Marco Colombo) intento a provare chitarre, amplificatori ed effetti elettronici. Da qui, in avanti, un turbinio di emozioni, la prima delle quali riferita alla liuteria milanese delle rare e raffinate chitarre in alluminio Noah (particolarmente gradite da Lou Reed), progettate con gusto per il design dall’architetto Renato Ruatti (coadiuvato tecnicamente da Gianni Melis e Mauro Moia). Di strumenti elettrici negli stand se ne trovano per tutti i gusti, ma la parte del leone è riservata ai marchi storici (soprattutto Gibson e Fender), che hanno segnato la storia della chitarra jazz e pop-rock. Girando, colpiscono le teche di vetro che contengono sotto chiave (della serie “guardare e non toccare”) chitarre rare, per acquistare le quali, ovviamente, vengono richiesti investimenti consistenti. Il top: un banchetto ben illuminato che espone una sola e rarissima chitarra da collezione. Tra le chitarre più bizzarre (ma decisamente eleganti) quelle realizzate da un artigiano marmista (Massimo Bassan) di Monselice. Particolarmente visitato lo stand delle Godin, chitarre canadesi costruite nel rispetto di principi ecologici e della valorizzazione del territorio (Québec), ma avendo un occhio di riguardo per la più moderna tecnologia (modelli con sistema midi).
L’improvvisazione caratterizza anche i palchi della Fiera, nei quali, mi sembra di aver capito, è possibile prenotarsi ed esibirsi liberamente in pubblico. Durante il mio passaggio vicino a un palco, ad esempio, vedo suonare tre ragazzi scalmanati, specializzati nel genere “metal”. Un po’ ovunque è possibile acquistare a buon prezzo gli oggetti complementari per la sei corde. Plettri, corde, chiavette, cavi elettrici, tracolle… ed anche gadgets di vario tipo, quali spillette, portachiavi, monili vari. Stefhanie Ghizzoni, una ragazza diplomata a Brera, originaria di Verona, propone al pubblico i suoi quadri dedicati ai più noti chitarristi della musica rock che rifinisce graficamente dal vivo. Dopo un paio d’ore di visite “fool” tra un banchetto e l’altro, mi domando:- Il “folk” in questa Fiera dove lo hanno sistemato? La domanda è (forse) lecita per chi, come lo scrivente, si occupa di etnomusicologia in senso tradizionale, ma nel contesto Fiera, piuttosto free, il folk deve essere valutato secondo un’accezione piuttosto ampia. In fondo, tutta la musica è a suo modo folk e in particolare lo è quella per chitarra, utilizzata dagli esecutori secondo stile, compresi quelli tipici della musica popolare. Peraltro, numerosi espositori propongono, a fianco delle chitarre, la vendita degli strumenti tipici partenopei: i mandolini, realizzati da liutai oppure di fabbrica, nuovi o usati, recenti o pezzi ottocenteschi d’antiquariato. Belli da vedere e da suonare e, come ho sentito dire da un collezionista, “poco ingombranti … ma molto chic per gli arredamenti d’interni”.
Lo strumento principe rimane la chitarra in tutte le sue varianti, ma diversi banchetti espongono anche strumenti a percussione. In particolare rimango impressionato da Federico, un intraprendente ragazzo di Cortona, che è solito ricavare, intagliando e saldando i metalli da riciclo, particolari steel drums melodici che, a seconda delle richieste, rifinisce artisticamente e intona facendo riferimento a precise scale melodiche. Tali strumenti possono essere suonati sia con le mani sia con le bacchette. Un altro dinamico ragazzo lombardo, invece, espone la collezione “Controtempo” composta da tamorre, tamburi e tamburelli da lui realizzati, prendendo spunto da quelli usati nelle musiche popolari campana e salentina. Passare dall’ambiente delle chitarre elettriche ed elettroacustiche alla sezione dedicata agli strumenti da liuteria è uno shock, poiché il salto sonoro è notevole anche se a dividere le due aree vi è solo una robusta porta a vetri. Purtroppo, il tempo rimasto a mia disposizione per la visita è poco, di conseguenza in quest’area potrò trattenermi solo un’ora e mezza. Negli stand, messa al servizio della musica con grande professionalità, è possibile osservare eccellenza organologica, che permette di capire e di dare valore al genio artigianale e artistico italiano, che tanti ci invidiano nel mondo. Tra i liutai, sono presenti diversi giovani di talento. Mi riferisco, ad esempio, a quei ragazzi allievi della Scuola Civica di Liuteria, organizzata a Milano sin dal 1978 e che, dal 1987, in Via Noto, ha trovato ampia sede con spazi espositivi. Sono ragazzi preparati, pieni di entusiasmo, molti dei quali dopo la scuola riescono a soddisfare le proprie esigenze lavorative in ambito professionale. In quest’area dedicata alla liuteria, effettivamente, oltre a magnifiche chitarre sono esposti numerosi altri strumenti a corde, soprattutto strumenti ad arco, ma anche diverse arpe del tipo “celtico” o medioevale.
Un liutaio mi ha colpito perché espone due sole chitarre. Mi avvicino e leggo il nome sul bigliettino da visita: Rinaldo Vacca, Cabras (Oristano). Di lui ho già sentito parlare con toni entusiastici da amici chitarristi e, soprattutto, da Giovanni Casu che è il più autorevole maestro di launeddas del Sinis (nell’oristanese). In poche battute Vacca mi sintetizza la sua storia di liutaio (meriterebbe un libro), che dalla calce (da giovane lavorava come muratore) lo ha visto progressivamente passare allo studio del legno, con i prestigiosi risultati che tutti gli riconoscono. Prima di provare il suo strumento, Vacca mi chiede gentilmente di togliermi il giubbotto, per evitare di graffiare la vernice. Suonare quella chitarra è per me un’esperienza tanto profonda da disorientarmi. Con certi strumenti le parole risultano pleonastiche e i chitarristi più esperti comprenderanno bene il significato di questo mio pensiero. Gli altri liutai della Mostra provengono da ogni parte d’Italia. In rapida successione desidero almeno nominare quelli che ricordo (e chiedo venia se ne dimentico qualcuno): Gaspar e Sibylle Borchard (Cremona), Valerio Gorla (Garbagnate), Paolo Coriani (Modena), Mario Vorraro (Scisciano), Giuseppe Manna (Napoli), Roberto Reani (Moltrasio), Marco Caroti (Crespina), Bachmann (Antholz), Carlo Mazzacara (Modena), Marco Grassi (Lainate), Maxmonte (Abano Terme), Mirko Borghino (Desenzano sul Garda), i Maestri della Liuteria d’Insieme (Milano), Giovanni Lucchi (meter, Cremona). Inoltre, gli archettai Pietro Cavallazzi (Milano) e Marco Pasquino (Trino Vercellese). Tutti artigiani di squisita gentilezza, ben disposti a parlare con umiltà e serietà del proprio mestiere. Veri artisti, dotati di grande inventiva per quanto attiene il design. Alcuni di loro diversificano la produzione degli strumenti a corde: liuti, mandolini, mandole, bouzouki e chitarre di ogni dimensione. Un po’ tutti strumenti emanano un’energia speciale. Un paio di stand sono riservati proprio ai legni da liuteria (Giorgione Michele e Stanzani liuteria), selezionati gioielli naturali che grazie alle mani dei maestri, dopo settimane e settimane (o mesi) di lavoro, potranno diventare strumenti musicali pronti per essere suonati dai concertisti.
Paolo Mercurio
Copyright foto di Paolo Mercurio
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Cantieri Sonori