Di tanto in tanto, al fianco delle tante novità discografiche in ambito folk e world ci piace recuperare qualche piccola perla, che colpevolmente ci siamo persi per strada. E’ il caso di “Canti A Dispetto”, disco di debutto di Antonio Marotta, cantante, musicista e costruttore di tamburi a cornice di Nola (Na), con alle spalle un solido percorso di formazione, speso tra gli studi di chitarra con Antonello Paliotti e quelli di composizione con Antima Pepe presso il Conservatorio di San Pietro a Maiella, e caratterizzato da tante prestigiose collaborazioni, come quella con il Maestro Roberto De Simone. In un intervista di qualche tempo fa, sulla sua attività di costruttore di tamburi a cornice, Antonio Marotta ci ha raccontato come sin da piccolissimo abbia respirato le tradizioni musicali della sua terra, partecipando alle feste in onore della Madonna Dell’Arco, ai carnevali di Palma Campania e a quelle dei Gigli Di Nola, esperienze che hanno contribuito a far crescere in lui la passione per lo studio dell’etnomusicologia e dell’antropologia culturale. Pian piano, parallelamente agli studi accademici, Antonio Marotta, è entrato in contatto non solo con i principali interpreti della musica popolare campana, ma si è dedicato anche a personali ricerche sul campo, nell’area vesuviana, ponendo particolare attenzione verso i canti a dispetto, canti di amori spesso combattuti tra gelosie, rifiuti e rivalità. Accompagnato da Peter De Girolamo (batteria, percussioni, tastiere, basso, archi ed effetti vari) e Michela Latorre (voce e castanette), Antonio Marotta (voce, chitarra classica, chitarra battente e tammorre), mettendo a frutto l’esperienza maturata sul campo, ha inciso tredici tra questi canti raccolti alle falde del Vesuvio, dando vita ad un disco di grande intensità e fascino. Quel fascino che ancora oggi è possibile cogliere quasi intatto in certe zone della Campania, come scrive lo stesso musicista nolano nelle note di copertina del disco: “Mi resi conto attraverso un’indagine assidua ed accurata, che la cultura popolare era costituita da veri e propri messaggi oracolari che si tramandano di bocca in bocca all’interno di comunità chiuse”. Durante l’ascolto ciò che colpisce è tanto la cura e l’originalità risposta negli arrangiamenti, quanto la voce del musicista nolano, il quale sfoggia tutta la sua verve teatrale nell’interpretare con personalità e gusto i vari canti, e nel dialogare con la voce femminile di Michela Latorre. Ad aprire il disco è il canto d’invidia “Viola”, proposta in un crescendo trascinante tra chitarre arpeggiate e percussioni, e che introduce al canto a dispetto “Jette All’Infierno” cantata da Marotta con il solo accompagnamento della tammorra. Se “Fuoco” canta la passione della festa e dell’amore nell’intreccio tra le voci di Marotta e della Latorre, la successiva “Pupazzi” è un brano originale che incrocia una villanella e il pop, ma è con il canto a dispetto “Tammurriata Sola” che si tocca il primo vertice del disco, con la voce di Michela Latorre ancora protagonista. Dall’area di San Gennarello di Ottaviano arriva poi lo struggente canto a distesa “Ammore Mje” che ci conduce alla superba “Tarantella Castellana” in cui le due voci dialogano sull’intreccio tra chitarra classica e chitarra battente. L’introspettivo canto di solitudine “None” e il canto a distesa “Pe Ghjre A Roma”, ci accompagnano verso il finale in cui spiccano “Cavalle De Razza” l’invito alla danza de “Il Canto Sul Tamburo” e il racconto “Sotto O Focolare”. L’invocazione “Consigli”, chiude un disco ben suonato, ed arrangiato con originalità, che ha il pregio di aprire uno spaccato senza dubbio interessante su uno dei corpus di canti meno noti della tradizione campana.
Salvatore Esposito
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