“Pifferi muse e zampogne” ha festeggiato il suo diciottesimo compleanno con tre serate di alta qualità alla faccia dell’indifferenza culturale manifestata dalle istituzioni aretine e grazie all’ impegno prezioso del Circolo Culturale Arci Aurora e del suo carismatico direttore artistico Silvio Trotta.
La presenza di artisti di alto livello è stata garantita non certo da congrui cachet economici ma dal rispetto e dalla stima che il mondo del folk italiano deve a Silvio Trotta per la sua appassionata e pluriennale dedizione alla promozione e alla salvaguardia della musica popolare. I gruppi che si sono alternati sul palco hanno condiviso la sua “trasgressiva “ idea di musica intesa come mediatore privilegiato di cultura aperta e gratuita al pubblico.
Lo spazio libero del Circolo Aurora ha visto durante tutte e tre le serate la partecipazione attenta e curiosa di un pubblico di ogni età, che ha ascoltato in religioso silenzio, scandito da fragorosi applausi, proposte significative, non sempre facili, talvolta radicali e alternative come il concerto del “Duo Sonantiqua”.
Pietro Cernuto e Alessandro Mazziotti, insieme, hanno valorizzato la semplicità solenne dei lori strumenti antichi: le zampogne, i flauti a canna, la cornamusa, il friscaletto e in un dialogo suggestivo e intenso hanno evocato paesaggi e contesti, da loro direttamente vissuti, interiorizzati e intenzionalmente declinati con fedeltà.
Le loro ance sono di canna, le loro sacche di pelle, materiali naturali sfruttati nelle loro potenzialità sonore primitive. I loro strumenti non hanno subito manipolazioni, come oggi si è soliti fare. I due maestri zampognari suonano con sapienza, tecnica, passione, con l’umiltà di chi ha scelto di essere non solo testimone ma erede morale dei vecchi zampognari a cui dicono di dovere tutto, nonostante i loro studi classici. Nel concerto traspare la loro intesa tessuta sulla convinzione della bellezza, sull’idea che la musica di ieri può essere musica di oggi e lontani da qualsiasi riproposta hanno suonato e cantato intatte e vive melodie ataviche. Indimenticabile il brano tratto dal Laudario Cortonese “ O divina virgo flore “, che i Sonantiqua hanno elevato a raffinato esempio della più spontanea arte popolare religiosa.
Una miscela di novità e tradizione ha invece caratterizzato “Andrea Capezzuoli e Compagnia”. Concerto colmo di energia gioiosa, il loro, dove radicate matrici di musica etnica italiana si sposano con alchimie di musiche lontane, soprattutto canadesi.
Un connubio originale che fa emergere continuità musicali tra l’Europa e le Americhe e sottolinea le stratificazioni antropologiche conseguenze dei popoli che si incontrano.
Andrea Capezzuoli e il suo gruppo hanno valorizzato soprattutto la dimensione ludica della musica folk, la forza aggregativa delle danze e dei ritmi. Andrea, folletto vibrante, ha alternato, instancabile, le virtuosità del suo organetto diatonico a quelle primitive del melodéon, modello d’organetto arcaico, sopravvissuto solo in Québec e in Luisiana e…i piedi.. che batteva incessante imprimendo alla sua musica suggestioni irlandesi e un pizzico di atmosfera “latina”. La fisicità musicale del repertorio ha coinvolto e divertito e l’allegria giocosa del gruppo ha inondato il festival.
L’ultima serata di PMZ ha aperto una finestra sulla dimensione narrativa della musica popolare con la presentazione del libro di Giandomenico Curi da parte dello stesso autore .”Il Tempo Del Bambino e Della Stella come cantavano gli italiani il Natale”. ed Kurumuny. La riflessione sul libro ha confermato come i canti siano sintesi stratificata nel tempo di simboli sacri e profani, di come la musica popolare possa essere documento di memoria e di storia. La semplicità colta con cui G. Curi ha parlato del suo libro ha regalato al Festival un “valore culturale aggiunto”. “La Santa Allegrezza”, uno dei brani “icona” del repertorio natalizio tradizionale, cantata da Silvio Trotta, al termine della presentazione, con il solo accompagnamento di chitarra, ha commosso il pubblico.
E infine gli attesissimi Sonidumbra.
Il gruppo ha restituito con grande generosità voce alla tradizione orale dell’Umbria, un concerto fresco e frizzante, bello da ascoltare e da ballare.
I loro suoni, amalgamati da vent’anni di ricerca, dallo studio accurato degli stilemi regionali, dalla frequentazione assidua con i vecchi cantori, pervadono e colpiscono ma poi, via via, dopo i suoni si apprezzano le storie raccontate, i personaggi, i paesaggi e la voce, la voce bellissima di Barbara Bucci.
Barbara ha la capacità rara di esserci in ogni sua interpretazione, ora con tenerezza, ora con ironia, ora con gioia, la voce si fa racconto di emozioni e di sentimenti e trasporta chi ascolta, crea legami. Straordinaria nella polifonia a due voci con Gabriele Russo, tipica della sua regione, ma ancor più sorprendente all’unisono con la zampogna: ci ha regalato un brivido. Vatocchi, canti "alla mietitora", storie, ballate, stornelli, filastrocche , scantafavole ma anche saltarelli, manfrine, scotis sono stati presentati con cura ed eleganza soprattutto curati nell’uso e nel colore della voce. Accanto all’organetto e alla fisarmonica e al violino abbiamo apprezzato l’inserimento del contrabbasso, diretto discendente del violone a tre corde documentato nei riti di questua e nei balli umbri da sempre. Gli spettatori sono stati trascinati nella danza e il Circolo Aurora si è tramutato in festa.
Anche quest’anno PMZ non è stata la rassegna del “c’era una volta” ma del “c’è ancora una volta” . Vogliamo che festeggi altri compleanni, che cresca, che invecchi. Vogliamo che il festival, nutrito dall’energia dei suoi diciotto anni e dalla forza antica della sua musica continui a regalarci serate abitate dalla bellezza e dalla semplicità.
Gloria Sereni
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