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Passeggiando oggi attraverso le strade del Greenwich Village a New York, si può ancora oggi respirare quell’aria carica di creatività e di musica che l’ha caratterizzata negli anni Sessanta prima e alla fine degli anni Settanta poi. Proprio in quest’ultimo periodo la Grande Mela vide sbocciare, tra il Jersey Shore e i locali della Village, una schiera artisti passati alla storia con il nome di “nuovi Dylan”, e parlo di Willie Nile, Steve Forbert, Garland Jeffreys, che si proposero con successo al grande pubblico proprio mentre Bruce Springsteen si affermava come star mondiale. E’ in quel periodo che emerge sui palchi del Bottom Line, del Kenny's Castaways e del Cornelia Street Cafè, Carolyne Mas, che nel giro di un paio di anni firma almeno quattro dischi di grande pregio per la Mercury, tra cui vanno segnalati “Hold On” del 1980 e quel gioiello che è il live “Mas Hysteria” (che vendette ben 250.000 copie), che gli fruttarono il soprannome di “Springsteen in gonnella”. Da quei dischi non guadagnò una dollaro e ben presto, a causa di un manager imbroglione, si trovò senza lavoro e finì a fare la cameriera. La sua stella smise di brillare improvvisamente, come quella di tanti suoi colleghi di quel periodo, finì nel dimenticatoio, e nonostante un come back negli anni novanta grazie ad alcuni dischi pubblicati in Germania, preferì abbandonare le scene. Il nuovo millennio segnò però il suo ritorno a far musica, e forte di due dischi pubblicati tra il 2003 e il 2005, riprese anche a suonare dal vivo all’estero come in Italia. Fu in quel periodo che il sottoscritto, cogliendo al volo l’opportunità offertagli da Roots Music Club, organizzò miracolosamente un concerto di Carolyne Mas in un circolo Arci di Caserta.
Non ricordo, quanta gente ci fosse, ma ricordo un esibizione magnetica, emozionante, durante la quale, destreggiandosi tra pianoforte e chitarra, mise in fila il meglio della sua produzione, senza mancare qualche reinterpretazione di classici del rock. Difficile dimenticare anche la sua carica energetica, la sua esplosiva simpatia, e così oggi saluto con grande piacere “Across The River”, disco che segna il suo come back discografico dopo sette anni di silenzio. Grazie al pregevole lavoro di produzione di Ermanno Labianca e della sua etichetta Route 61, abbiamo modo di apprezzare il lavoro che meglio valorizza il suo immenso talento e la sua cifra stilistica. Oggi Carolyne Mas è una cantautrice alla soglia dei sessant’anni, dalla voce splendida, forse più vicina al blue, al soul e al jazz, che al rock, ma ancora con tanta voglia di fare musica, e che musica! Il disco raccoglie dieci brani di superba fattura, in cui la sua voce piena ed intensa, viene valorizzata da eleganti arrangiamenti acustici per pianoforte o chitarra, puntellati qua e là dalla partecipazione di altri strumenti come l’organo hammond o la chitarra. In questo senso è stato fondamentale l’apporto dei vari strumentisti, tutti italiani, che hanno preso parte alle registrazioni, ovvero Andrea “Lupo” Lupi (basso), Lucreazio De Seta (batteria, percussioni e basso), Piergiorgio Pj Faraglia (chitarra elettrica), Gianfranco Mauto (piano, tastiere, accordion), Giuliano Gargiulo (hammond), Marco Valeiro Cecilia (violoncello) e Joe Slomp (cori).
Ad aprire il disco è l’inedito “Dizzy From The I-Iv-V”, in cui protagonista è la sola voce della Mas, che ci introduce al soffuso swing di “That Swing Thing”, ma è con la sontuosa versione di quel gioiello che è “Sittin’ In The Dark” che si tocca il primo vertice del disco. Segue il classico dei Drifters, “Under The Boardwalk” cantata in modo trascinante della Mas, che apre la strada ad “Across The River” dal repertorio di Willie Nile e all’autografa “In A Box”, una ballata pianistica di grande intensità e dal testo autoconfessionale denso di poesia.

Salvatore Esposito
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